I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

lunedì 4 maggio 2015

La Liberazione di Osimo. II Non vi è più lo Stato

La fuga delle autorità della Repubblica Sociale Italiana.

Osimo 10 Giugno 1944.
 Sono esattamente quattro anni che siamo in guerra! Chi di noi avrebbe immaginato che fosse così lunga?

La caduta del fronte di Cassino e la conquista di Roma, il 4 giugno 1944, mettono in movimento tutto il fronte italiano. Gli Alleati, che la popolazione comune chiama “I Liberatori”, risalgono, seppure molto lentamente, la penisola. Il 6 giugno, con lo sbarco in Normandia, si apre il tanto atteso secondo fronte in Francia[1]: per la Germania le prospettive di vincere la guerra incominciavano palesemente a divenire sempre più oscure. In Osimo la situazione generale comincia a farsi preoccupante: prima la guerra la si era seguita solo sui giornali ed alla radio, ora ci sono concrete possibilità che possa arrivare direttamente in casa. Le varie ristrettezze della vita quotidiana vengono viste, oramai, come cose sopportabili: quello che preoccupa è l’incerto futuro.

Il primo dato allarmante è la fuga di tutte le autorità della Repubblica Sociale Italiana, il “nuovo fascio” repubblichino si mette in salvo, abbandonando la provincia in mani tedesche.[2] L’autorità massima italiana nei vari paesi e città diviene il parroco o l’ecclesiastico. Ad Osimo è Don Iginio Ciavattini, un sacerdote, che ha dalla sua solo l’autorità morale, come altri sacerdoti che via via si nomineranno quanto si tratterà degli eventi del loro paese. Tale è stato il degrado morale della Repubblica Sociale Italiana che, all’avvicinarsi del pericolo, i suoi esponenti non hanno pensato ad altro che a mettersi in salvo, abbandonando la popolazione alla mercé dell’occupatore tedesco, loro alleato. Altro che difensori della Italianità, morale e materiale, come da alcuni si vuole oggi far passare la Repubblica Sociale Italiana ed i loro esponenti nei confronti dell’occupatore tedesco.
E proprio il comportamento tedesco è uno dei tratti salienti del fatto che la guerra ormai è arrivata: ad Osimo prima vengono fatti saltare in aria i Mulini, poi si inizia con le filande, mentre tutto quello che ha un valore militare, viene minato, per distruggerlo, al momento della ritirata. Le perquisizioni delle case alla ricerca di elementi ostili ed armi, non sono altro che il pretesto per delle razzie sistematiche, a cui si aggiungono le prime esecuzioni di inermi cittadini, uccisi per futili motivi, a corredo di rappresaglie che già dal 1939 Europa sotto dominio tedesco, conosce.

Non vi sono reparti delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana ne formazioni armate del Partito Fascista Repubblicano presenti nella difesa di Ancona accanto ai Tedeschi, mentre nella pare degli Alleati vi è, a livello di divisione, il Corpo Italiano di Liberazione.[3]
Il Corpo di Liberazione Italiano era attestato, nella prima decade di giugno, al di qua del fiume Pescara, in Abruzzo. Venivano raccolte le notizie sul nemico tedesco che si sarebbe incontrato nel settore Adriatico. Si trattava della 278a Divisione di fanteria composta dal 992°, 993° e 994° reggimento di fanteria, dal 278° battaglione da ricognizione e di artiglierie in numero che il Comando del Corpo Italiano di Liberazione non sapeva quantificare, più i servizi divisionali. Disertori e prigionieri concordavano tutti che i Tedeschi erano in ripiegamento generale verso nord. Iniziano a giungere le prime notizie  di “una nuova linea lontana”, organizzata tra Pisa e Rimini, che sembra di chiami “Linea dei Goti”. Tutta la situazione era in movimento nell’Italia centrale.

In questo contesto Francesca Bonci inizia a scrivere il suo Diario, sotto la data, estremamente significativa, anniversaria della entrata in guerra dell’Italia.

 “Osimo 10 Giugno 1944.
 Sono esattamente quattro anni che siamo in guerra! Chi di noi avrebbe immaginato che fosse così lunga? E quale speranza abbiamo che presto finisca con tutti gli avvenimenti accaduti, naturalmente sempre a scapito di noi poveri Italiani, malmenati, vilipesi, traditi?
Io non sono all’altezza di giudicare profondamente politicamente i responsabili di questa immane e non voluta guerra[4], però nella mia piccola intelligenza, accuso quei capi che, per smisurata ambizione e prepotenza, che per non lasciarsi sfuggirsi “un seggio” hanno mandato alla deriva questa nostra tanto amata e bella Italia! Come tutte le nostre migliori città sono continuamente bombardate ferocemente, anche la nostra Ancona subisce continui mitragliamenti e bombardamenti in centro della città ed alla periferia (Falconara, Aspio, Varano, Stazione Loreto ecc.) La parte meridionale che da Piazza delle Muse va al Porto e continua per via XXIX settembre, sino alla Stazione, e la parte del Duomo, è tutta una maceria!
Naturalmente la popolazione più povera fugge all’ultimo momento, quando uscita dai rifugi, non trova che un ammasso di macerie della loro casa, o in tali condizioni da essere inabitabile!. E’ una visuale straziante vedere  questa gente venire chi a piedi, chi con cavalli, affamati e sporchi, con poche masserizie salvate a chiedere ospitalità!
Noi qui in Osimo abbiamo quindicimila sfollati, sparsi in campagna ed in città, non solo di Ancona, Roma e Milano, precedentemente venuti, ma anche quelli di Foggia e Palermo da più di un anno e mezzo! I locali delle scuole elementari, dell’Istituto tecnico, del Ginnasio e del Liceo, sono gremiti da famiglie e così come sopra detto in case di campagna dei contadini e qui in città. Naturalmente con tutta questa affluenza di popolo, i viveri incominciano a scarseggiare ed è da prevedersi giorni peggiori! La tensione nervosa è un po’ in tutti. A parte la scarsità di viveri, le snevanti file per poter comprare un po’ di roba, ci si sente anormali! Ad ogni bombardamento di Ancona o sulla costa marittima sotto Loreto, qui ad Osimo tremano le case e si sente il boato delle bombe! Il nostro timore è che potrebbero venire da noi, dato il continuo passaggio di colonne tedesche che si dirigono verso Iesi e la permanenza di camion Tedeschi proprio entro la città. In più i maggiori uffici di Ancona, come la Prefettura, la Questura e tanti altri, sono sfollati qui e quindi potrebbero essere questi presi di mira come obiettivo. Man mano che il tempo passa, i Tedeschi diventano sempre più cattivi! Vogliono illudersi, ma sanno che purtroppo la guerra l’hanno perduta e nella ritirata diventano feroci!
Si sa da fonte sicura che nel fuggire dai luoghi occupati dagli Alleati, fanno razzia di ogni cosa che a loro può far comodo. Naturalmente questi atti vandalici indignano e spaventano le popolazioni che, indifese, debbono subire ogni sorta di vessazioni materiali e qualche volta più o meno morali!
Che ironia l’alleanza Italo-Tedesca!
E quando mai noi Italiani siamo stati amici di questo popolo? Ma non ricordiamo la guerra del 1914-18 che ancora dopo 25 anni abbiamo le ferite aperte? E la Storia non parla di questo teutonico popolo nemico millenario dell’Italia nostra? Solo un pazzo poteva gridare ai quattro venti e formare un’alleanza non sentita nell’animo degli Italiani. Verrà il giorno che la Germania sarà schiacciata! E’ il suo destino da che è mondo. Con le sue barbarie arriva a una grande potenza, non fatalità! Poco importa! E’ caduta nel passato e cadrà![5]

Ad Osimo la situazione era difficile come in tutto il resto dell’Italia[6]. I mesi precedenti non erano stati semplici e spiegano in gran parte il sentimento antitedesco. 
Mons. Grillantini[7] riguardo la situazione a metà del giugno 1944, quando Francesca Bonci inizia a scrivere il suo diario, sottolinea l’abbandono al suo destino della popolazione.

12 giugno. Scappano gerarchi (tra i primi il Prefetto, il Questore, il Preside della Provincia), militi, questurini, borghesi iscritti o simpatizzanti del Fascio repubblicano. Ne approfittano i Patrioti che invadono la Questura e ne riportano armi e carte. Un magazzino vestiario militare, in Via Oppia, è stato preso d’assalto, e si fa a chi piglia piglia. A mantenere l’ordine, dopo questo episodio, si danno da fare gli iscritti al Partito d’Azione (il primo Partito che si fa pubblicamente vivo). Come primo atto hanno disarmano il Segretario politico. I Tedeschi continuano a far man bassa di tutto, prendono cavalli, carrozzini, roba da mangiare, biancheria ecc. e se ne vanno con ogni mezzo. E’ passato un carro a quattro ruote, trainato da cavalli e da un bovino, guidato dai Tedeschi”[8]

Si avverte in molti che le cose stanno andando verso il peggio, e si vuole lasciare memoria di questi giorni che già sembrano difficili, poco o nulla rispetto a quelli che verranno. Francesca Bonci decide, avvertita anch’essa l’importanza degli avvenimenti, insieme alla sorella, di lasciare traccia di questa situazione.

18 giugno 1944. Abbiamo deciso con Lina di scrivere memorie riguardanti la situazione politica che stiamo attraversando, mettendo su questi fogli i fatti salienti che accadono e che accadranno, perché per quanto finora tutto sembra calmo nella nostra cittadina, pure lo stato d’animo di noi Osimani non è naturale. Troppe chiacchiere circolano…. E quindi ci promettiamo di segnare ogni cosa che accadrà” [9]

Come in molti Osimani, anche in Francesca Bonci colpisce la fuga delle Autorità statuali repubblichine che fino ad allora, dall’23 settembre 1943, si erano autonominate Stato:

“20 giugno 1944. Questa notte, sono fuggiti alla chetichella, con la loro famiglia, i maggiori esponenti del fascio repubblicano. Infatti l’aria politica si è molto offuscata in questi ultimi giorni! Le truppe alleate combattono nell’Ascolano e questi nostri…coraggiosi concittadini per amor patrio…scappano!! Famiglia, M…..Alberto con la famiglia, le signorine ……. con la mamma, il famigerato ….. (nel diario viene indicato il nome. Ma l’autrice ha espressamente chiesto che non venisse indicato n.d.a) con moglie, figlio e tre sorelle, I….con la moglie ed altri a cui sfugge il nome.
Intanto noi Osimani siano “come color che son sospesi”.
E’ un mese e più che si parla e si dice che gli Alleati sono arrivati qui vicino, che fra pochi giorni, anzi fra poche ore per gli ottimisti, occuperanno Ancona con uno sbarco, e noi come cittadina a sud di quest’ultima città, con Loreto, Castelfidardo, Recanati e dintorni, saremo occupati senza il passaggio della truppa. Certo si prevede che la conquista di Ancona non sia tanto facile, perché molte forze tedesche occupano quella zona sino a Jesi e sicuramente gli Alleati troveranno resistenza. Auguriamoci e preghiamo Dio che dalle nostre parti non passi il furore del combattimento”

Occorre riflettere su queste testimonianze, sia orali che documentali riportate, per metterle in relazione all’azione del Corpo Italiano di Liberazione. La Repubblica Sociale Italiana, nata da una riunione alla Rocca delle Caminate tenuta da Mussolini con esponenti del vecchio regime che aveva potuto radunare, il 23 settembre 1943, è stata in gran parte accreditata dal fatto che rappresentò un freno e una diga alle esigenze e razzie tedesche. L’Italia non divenne la Polonia o la Cecoslovacchia, e gli Italiani dovrebbero essere memori di questo agli uomini che aderirono, ai fedeli della vecchia alleanza nazifascista. Una giustificazione di perdenti.
In realtà i Tedeschi a tutti i livelli, dall’8 settembre alla fine della guerra si comportarono in Italia come si sono comportati in Polonia in Cecoslovacchia e nel resto dell’Europa: da feroci invasori. Nessuno li ostacolò: prevalse sempre il loro interesse a scapito dell’Italia e degli Italiani; in più trattarono i “repubblichini” come dei “servi infidi”, da cui guardarsi bene. Ne è riprova, se tutto questo non fosse abbastanza evidente dall’atteggiamento delle gerarchie della Repubblica di Salò, crollato il fronte di Cassino, caduta Roma il 4 giugno 1944, ormai era chiaro che gli Alleati sarebbero arrivati prima o poi alla cosiddetta linea gotica: tutto quello che era a meridione di questa linea non era più o non sarebbe stato più sotto controllo tedesco. La decisione fu subitanea: occorreva mettersi in salvo, andare al riparo della linea Gotica. Ed infatti tutti scapparono alla più gran carriera, incuranti di lasciare la popolazione e l’Italia in balia degli eventi, senza alcuna protezione.
La domanda che ci si pone è questa: dove era l’Esercito della Repubblica Sociale Italia del Maresciallo Graziani? Perché non presidiava le posizioni minacciate e difendeva dagli invasori Angloamericani le città ed il territorio italiano accanto ai Tedeschi? Perché non erano lì a disapprovare il comportamento ed impedire violenze e razzie della truppa tedesca, a difendere la popolazione inerme?
Il dibattito su una memoria condivisa, memoria che non sia una maschera per riportare in auge i temi cari alla propaganda repubblichina, come spesso capita di osservare, passano da risposte oneste a queste domande.

 Osimo, in pratica era abbandonata a se stessa. La deligittimazione della Repubblica Sociale Italiana e dei fascisti in generale nasce da qui e da qui parte il potere ed il valore e la legittimazione della Resistenza.
Nelle sue note, Francesca Bonci, riporta che le truppe alleate combattono nell’ascolano e la notizia era esatta, ma  per Alleate si devono intendere le truppe del Corpo d’Armata Polacco, che, con uniformi inglesi, avevano assunto il compito di avanzare nelle Marche, insieme alle unità del Corpo Italiano di Liberazione.




[1] Per primo fronte si intenda il fronte Russo-tedesco ad Oriente. Per tutto il 1943-1944 Stalin chiese con insistenza l’apertura del “Secondo Fronte”, per evidenti ragioni.
[2] Il fenomeno non è solo nella provincia di Ancona, ma anche in quella di Pesaro. Vale la pena di vedere come questa fuga si sia attuata attraverso i documenti di fonte fascista, dai rapporti del colonnello della G.N.R. Marino Fattori, il quale scrive: “purtroppo si sono lamentate numerose defezioni di legionari: gli ex carabinieri, ufficiali, sottufficiali e truppa, hanno, tranne singole eccezioni, defezionato in massa. Pertanto si deve ritenere per certo che essi siano rimasti sino ad ora in servizio unicamente per ragioni di contingente opportunismo economico..” Per un più ampio approfondimento cfr. Bertolo G., L’ora della Liberazione, in Pesaro contro il fascismo, Urbino, Argalia, 1972, pagg. 171 e segg.
[3] Questo dato avrà pure un significato. Perche i Tedeschi non consentirono ad unità repubblichine di partecipare ai combattimenti contro coloro che chiamavano “invasori”? La risposta si può facilmente cogliere anche leggendo le grosse e perduranti difficoltà che il Comando Supremo Italiano aveva con gli Alleati per aumentare il contingente di unità combattenti: non si voleva pegni per il dopoguerra a vittoria ottenuta. I Tedeschi, convinti della vittoria, nei loro piani del dopoguerra avevano relegato la Repubblica Sociale Italiana a poca cosa; altri loro piani prevedevano l’incorporazione del Reich del nord Italia, riedizione del vecchio impero austro-ungarico. Avvisaglia di questi piani era l’attuata annessione al Reich del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia già all’indomani della proclamazione dell’Armistizio italiano con gli Alleati, proclamate queste annessioni il 12 settembre 1943.
[4] Nel sentimento popolare coevo emergeva molto forte il desiderio di chiamare a rispondere delle loro decisioni i vertici politico-militari del Regno d’Italia per le decisioni prese e per la responsabilità della situazione creata da una guerra che si era dimostrata non solo lunga, ma cruenta e terribile. E’ il nodo centrale della mancanza di una “Norimberga in Italia”. I vertici politico-militari della Germania e del Giappone, che insieme all’Italia ebbero la responsabilità dello scatenarsi del conflitto mondiale, furono chiamati a rispondere delle loro azioni. In Italia questo non avvenne e per il nostro Paese fu un ulteriore errore, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze (n.d.a).
[5] Cfr. Bonci F., Diario 1944. Il passaggio del Fronte ad Osimo, in, “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, cit.
[6] Una felice sintesi, a cui si rimanda, degli avvenimenti è stata riporta da Mons. Carlo Grillantini nella sua Storia di Osimo. Cfr. Grillantini C., Storia di Osimo, Osimo. Fondazione “Don Carlo”, 2006, Vol. I, II,  pag. 389 e segg.
[7] Ad Osimo e nelle Marche è ben conosciuta questa figura di sacerdote e studioso. Mons. Grillantini è stato un protagonista del passaggio del fronte al pari di tutto il clero marchigiano per la sua attività di assistenza in tutte le versioni alla popolazione. Una figura di riferimento morale e scientifico, a cui L’Autore è legato anche per l’attività di ricerca storica e confronto svolta in comune.
[8] Ibidem, pag. 403.
[9] Cfr. Bonci F., Diario 1944. Il passaggio del Fronte ad Osimo, in, “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, cit. Il Diario consta di 89 pagine. Il testo originale a matita è stato riportato successivamente (1984) in fogli dattiloscritti e rilegato. E’ organizzato per data e va dal 10 giugno al 18 luglio 1944. Non riporteremo, d’ora in avanti,  in nota i riferimenti per ogni singolo giorno del diario, ritenendoli lapalissiani ed anche per non appesantire il volume, dando per scontato il riferimento stesso e rinviandolo alla bibliografia ed alle note precedenti. 

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