I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

martedì 28 febbraio 2023

51a Sezione di Sanità Attraverso il PO

ATTRAVERSO IL PO

 

E non fu indarno, o Patria, ne il

sangue né il morir.

(Cavalotti – Marcia di Leonida)

 

Osteria di Longara. Un gruppetto di case sparse ai margini di una delle infinite strade che fanno della Pianura Padana un’immensa scacchiera. Per arrivarvi e per uscirne bisogna guadare il Reno. Ogni tanto qualche macchina si pianta al centro della tranquilla corrente insensibile al fuoco di fila di moccoli dei conducenti.

Sole e pioggia si alternano sulle file dei gelsi e sulle mareggiate di frumento. I portaferiti, accampati sulle sponde del fiume, si sottopongono con rassegnata compiacenza a quelle irrorazioni. Da tanto tempo non pioveva più ... E appena il sole vince di nuovo la greve nuvolaglia, si gettano a capofitto a bagnarsi nel fiume malgrado le acque ancora molto fredde.

La radio porta notizie altisonanti che non possono lasciarci indifferenti; si seguono con attenzione e con ansia gli avvenimenti del Nord. Milano, Torino, Genova e tutte le altre città in attesa dell’arrivo delle truppe Alleate, hanno proclamato l’insurrezione. C’è lo sfaldamento generale di tutta l’Armata tedesca d’Italia, a cui la irresistibile puntata offensiva delle truppe motocorazzate britanniche ed americane da Bologna verso il cuore della Valle Padana, ha dato il colpo di grazia.

Abbiamo scelto bene il 25 aprile come giorno della riunione oramai tradizionale dei Reparti della Sezione, e lo abbiamo dichiarato, per decreto collettivo, giorno festivo, ringraziando Dio colla immancabile Messa al campo.

Poi è la volta di uno di quei ranci coi fiocchi che alla Sezione hanno fatto epoca: il sacrificio del vitello; le tagliatelle a cui lavorano con lena tutte le buone massaie di Longara, impareggiabili nella loro bravura bolognese; i fiaschi originali di vino di Meleto, ricordo di antichi tempi: infine i balli più o meno clandestini (con buona pace del Cappellano, che non vede o non vuol vedere) fino a tarda ora.

 

***

 

Il giorno dopo però il senso di ebbrezza che ci danno l’ampio respiro della pianura, l’odore dei campi, il riposo, le giterelle nei cascinali circostanti, ha una subitanea sospensione. Che si fa qui? Perché non si continua?

I “si dice” cominciano a correre con insistenza. Sembra che gli Alleati intendano lasciarci a presidiare Bologna. Si va a spiare al Comando di Gruppo, ma, ahimè! morale in ribasso. Il Generale è impenetrabile. Si sa che sta dandosi da fare per dare le ali ai suoi ed ai nostri desideri, ma non compare nulla di nuovo.

Pare che gli Alleati considerino insufficienti i nostri mezzi ad una rapida corsa di inseguimento del nemico… Si dice…si dice…

Tutta la bella gioia di qualche giorno prima resta mortificata e compressa. Ricominciano le perplessità, le incertezze, e l’animo vorrebbe quasi ribellarsi.

Nel cortile di Longara, fra l’andirivieni dei carri di buoi e le oche e le anatre starnazzanti, una   visitina del Generale Comandante che non tradisce mai la sua fiducia, messa a dura prova in occasioni ben   più tristi, ai soldati muti ed ansiosi infonde un po’ di speranza.

E non si tratta solo del sacrosanto egoismo dei settentrionali che vogliono giungere a casa ad ogni costo; ci sono anche moltissimi meridionali, ed è una vera passione la loro, che ardono di continuare la marcia e di andare in su.

Il Generale Utili non si fa sorprendere dagli avvenimenti ha ottenuto di dare il via alla nuova corsa non appena è riuscito a riunire le membra sparse della Divisione, non appena ha sufficientemente serrato sotto con tutti i mezzi ed i servizi indispensabili.

Il 28 aprile, improvviso come un fulmine, arriva l’ordine di partenza per il giorno successivo.

È vero? Dove si va? A Mantova, per poi puntare su Isola della Scala. No, si prende la direzione di Brescia. Non si sta a perder tempo a vedere chi ha ragione (e c’ è stato un momento in cui avevano ragione gli uni e gli altri); ciò che importa è muoversi purché si passi il Po; poi da cosa nasce cosa. Per tutta la notte ognuno si affanna a preparare fagotti, a smontare 1e tende; ognuno suda e lavora a caricare senza brontolii dì sorta… Al mattino non c’è bisogno di sveglia. Si parte sotto un cielo imbronciato, ma non ci si bada perché nel cuore dilaga la luce delle più belle speranze.

 

 Brescia la bella    

 

La colonna si apre faticosamente la via tra le macerie e le distruzioni della periferia di Bologna; ma appena giunta sulla via Emilia, accelera la sua andatura. Anche il cielo ha spianato il suo broncio e ci ritorna il bel sole di aprile fra le campagne fiorite. Non ci par vero rivedere le vaste coltivazioni senza i crateri delle bombe, senza i tronconi informi degli alberi mutilati.

Ai margini delle vie accorrono le popolazioni a farci festa. Giriamo alla periferia di Modena, lasciandoci indietro a guardarci dall’alto la Ghirlandina. Ecco S. Benedetto Po. Mao mano che ci avviciniamo al fiume notiamo che aumentano le rovine; vi si sono messi a gara gli alleati per impedire la ritirata dei tedeschi, i tedeschi per ritardare l’inseguimento degli Alleati.

Gli argini sono letteralmente sconvolti, tutti i ponti, per tutta la loro lunghezza, sono stati fatti saltare.

Passiamo sul ponte a chiatte gettato con destrezza e rapidità dagli Americani, attraversiamo Mantova anch’essa gravemente ferita nei suoi tesori storici ed artistici, mentre i laghetti formati dal Mincio sembrano aggiungere alla loro abituale aria tranquilla, una nota di tristezza.

Ecco Goito. Intorno un panorama   stupendo in   cui si inquadrano i luoghi famosi ove i patrioti   del Risorgimento santificarono col sangue l’ideale dell’Unità Italiana. Da lontano fa cenno la torre coronata di S. Martino della Battaglia, a cui fa riscontro   quella quadrata dell’ossario di Solferino.

 Incomincia a farsi sentire un po' di stanchezza e col desiderio siamo già a Brescia. Lunghe colonne di prigionieri a piedi e su autocarri dicono che la massa delle formazioni tedesche ha già ceduto le armi; ci sono però molti nuclei randagi: prima di entrare a Montichiari una sparatoria parte dalle finestre di una villa che domina la strada. La colonna si ferma. Un gruppo di Arditi non pone tempo in mezzo ad eliminare quel focolaio di resistenza.

Sul fare della sera si entra in Brescia. Impossibile trovare da accantonarsi; anzi la prudenza consiglia di stare riuniti intorno alle macchine poiché la persistente sparatoria denuncia che la situazione non è ancora molto chiara.

Il sonno non si fa pregare a sorprenderci, mentre alla mente ritorna ancora nel verso Carducciano, l’invocazione ad una Vittoria d’altri tempi, l’alata Vittoria di Brescia:

“Vorrei vederti sull’Alpi, splendida

   fra le tempeste, bandir nei secoli:

   O popoli, Italia qui giunse

   vendicando il suo nome e il diritto”.

 

 

Gli ultimi Eroi

 

Qualcuno è già giunto a tiro di casa propria; ed in verità disciplina integrale da parte di tutti ed attenzione e premura da parte del Comando hanno fatto sì che, senza mettere in crisi il Reparto, tutti potessero fare un volo di ricognizione a casa. Gli altri si danno a gironzolare, a fare acquisti; le macchine sono sottoposte ad una pressione inusitata per trasportare con ripetuti viaggi le nostre impedimenta lasciate a Longara.

Mentre il movimento è in corso arrivano dei contrordini: autocarri in arrivo a pieno carico non vengono fermati: si fanno proseguire fino a Bergamo. Si raccoglie tutto il resto e si continua. Sarà l’ultima nostra tappa, quella definitiva.

Non già però per i veloci battaglioni che hanno fatto puntate a Milano, a Como, a Torino, ed il loro ingresso nelle città è salutato con entusiasmo. È stato un sogno da lungo vagheggiato, è stato un riconoscimento che doveva toccare proprio a quelli del “Legnano”, perché (perdonino gli altri Gruppi le parole presuntuose e concedano le comprensibili ataviche parzialità al primogenito) il “Legnano” è il più bel Gruppo di Combattimento.

E tutti i soldati ne sono tronfi e vanno pettoruti per le strade e raccontano, raccontano…

Ma un fragore di armi si ode ancora sulla strada che abbiamo già percorsa.

È un manipolo di arditi che, in marcia di trasferimento accorre a dare man forte contro una compagnia tedesca che si difende asserragliata in località Monte Casale.

Con lotta feroce si lanciano all’attacco annientano la resistenza nemica.

Sulla strada asfaltata che dalle rive del Garda porta a Brescia, fila veloce un autocarro su cui, tra uomini   ancora affannati dalla foga del combattimento, sono deposti i cinque morti Arditi.

Sono gli ultimi Caduti del “Legnano”, Caduti ai piedi d elle Alpi, epilogo del valore della marcia iniziata in Puglia. Sono gli ultimi cavalieri dell’ideale che restano sulla breccia e non potranno domani lasciare il grido di una Vittoria di cui sono partecipi, non ne udranno il suono che si diffonderà da invisibili trombe d' argento.

MINISTERO DELLA GUERRA

GABINETTO

 

 

ORDINE DEL GIORNO

 

 

 

 

 

SOLDATI ITALIANI!

La Patria vi affidò il suo onore: con onore voi avete conclusa la guerra di liberazione.

In venti mesi di prove durissime, voi soldati dei Gruppi di Combattimento, dei reparti ausiliari e di tutte le unità dell’Esercito, voi Volontari della Libertà, a prezzo di sangue, di oscuri sacrifici e di sublimi eroismi, avete riscattato la Patria.

In questo giorno di esultanza il nostro pensiero si volge commosso a Coloro che caddero tingendo di vermiglio la terra nostra e segnando di purissima luce di gloria la nostra ascesa.

Ad Essi, a tutti voi, che accanto ai valorosi Eserciti Alleati avete concorso alla Vittoria, la Patria è grata.

VIVA L’ITALIA!

 

                                                                                                                               IL MINISTRO

Casati

Roma, 2 maggio 1945 

lunedì 20 febbraio 2023

Rivista QUADERNI, Anno LXXXIII, Supplemento XXVII, 2022, n. 4 Ottobre - Dicembre 2022, 27° della Rivista


LA RIVISTA PUò ESSERE CHIESTA a. SEGRETERIAGENERALE@ISTITUTONASTROAZZURRO.ORG


 

51a Sezione di Sanità La battaglia decisiva. Lo Sfondamento

 Sfondamento

 

La visita del Luogotenente   avvenne il 17 aprile.  Si era già nel corso dell’azione a largo raggio della 5ª Armata che, iniziatasi sulla sinistra dello schieramento appenninico il giorno D, doveva il giorno D+3 svilupparsi anche nel nostro settore.

E’ la sera del giorno 18 aprile. Si attacca per raggiungere la nuova linea di attestamento: Quota 459 - Roccioni di Pizzano - Quota 363. Superati gli obbiettivi, il 68 Fanteria punta su Monte Armato e le truppe del Reggimento Speciale su Poggio Scanno e più oltre.

Le autoambulanze si fermano davanti ai guadi impraticabili ed ai ponti rotti di Cà di Bazzone: le jeeps vanno oltre ma non più in là della mulattiera di Casa Collina e di Casa Carrara.

Tralci secchi sulle viti in nuovo germoglio dicono come la guerra abbia qui ristagnato da parecchi mesi. Non ha potuto fare il raccolto quel povero contadino che giace là fin dall’autunno, in un solco del colle arato dai mortai, le ossa stecchite al sole ed alla pioggia, ed i resti dei buoi squarciati a fianco!

I portaferiti seguono le truppe di buona lena. Quanto hanno dovuto tirare il collo per riportare tutti quei feriti e quei morti del battaglione Goito da Quota 363!

E fanti ed alpini e bersaglieri continuano ad andare oltre ... ma la Val d’Idice conduce al mare e noi invece dobbiamo puntare verso il nord.

Gli arditi hanno già scavalcato la cresta e sono scesi in Valle Zena; li seguono gli alpini; le nostre ambulanze tengono dietro. Quindi tutte le truppe si mettono in movimento, chi arrancando per mulattiere, sentieri, colli e crinali, chi rifacendo le strade a ritroso per portarsi sulla via di Pianoro, la grande via ….

Nella notte del 20 il II° Reparto lascia i calanchi di Monterenzio, risale Valle Idice, entra per Lojano in Valle di Savena, è a Pianoro ed ancora più avanti.

E’ il 21 mattina. Là sotto Pianoro, vi sono estesi movimenti di artiglierie, ma c’è silenzio intorno. C’è silenzio di morte fra le macerie delle postazioni e delle ridotte abbandonate, nella campagna picchiettata di una infinità di crateri di bombe.

Nessun cannone tuona mentre le colonne avanzano. Sono giunte….

Prima che scocchi il mezzodì, bersaglieri ed arditi entrano in Bologna.

Oh, bella fra le belle città d’Italia, con quale commovente tripudio hai visto entrare per le tue porte e per le tue vie, fra le truppe straniere, i figli della tua terra! Con quale gioia hai riconosciuto quei volti pieni di passione, hai sentito riprendere i canti guerrieri, hai suonato le campane della liberazione! E con quale ressa di indicibili sentimenti abbiamo rivisto le tue torri, noi, che da un osservatorio avanzato sulla linea del fuoco abbiamo cercato più volte di scorgerle fra i seni delle colline, nel mare di nebbia!

Ora riguardiamo con occhio triste alle ferite recate alle tue industrie, ai tuoi tesori artistici e culturali... E le stesse opime dovizie dei colli hanno ceduto il posto a rovine e distruzioni, che di ogni villa che ti circonda i tedeschi hanno fatto bivacco, ridotta, rifugio.

 

* * *

 

Ci si ritrova tutti a S. Lazzaro di Savena e poi rapidamente in una frazione di Longara, a nord della città, sugli alti argini del placido Reno, su quelle stesse sponde da cui la vecchia “Legnano” partiva nei tragici giorni del settembre 1943, incontro ad un destino oscuro, ma fin da allora  ben  definito nei supremi  disegni di Dio e della  Patria: quello di portare nell’estremo lembo della Penisola, scevra dall’ invasione, il valore  mai piegato di una  Divisione, le bandiere  mai  ammainate dei Reggimenti da cui doveva  trarsi il germe del nuovo Esercito d