I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

domenica 22 dicembre 2013

mercoledì 27 novembre 2013

Ancona In Guerra

PROSEGUE LA MOSTRA “ANCONA IN GUERRA” MA A PALAZZO CAMERATA
   
Per accontentare le tante richieste pervenute, anche da parte delle scuole, da sabato la mostra “Ancona in guerra 1940-‘44” viene prolungata ma in altra sede: al secondo piano di Palazzo Camerata, in via Fanti 9. Contiene alcune novità rispetto all'allestimento precedente dell'Atelier dell'Arco Amoroso: immagini nuove, e alcune divise storiche che integrano quelle già ammirate.
Inaugurata il 2 novembre scorso in occasione della visita guidata all’ex rifugio delle carceri, la mostra è ora aperta da sabato prossimo (30 novembre), fino a lunedì 6 gennaio 2014 nei seguenti orari: dal martedì al venerdì, la mattina dalle 10 alle 12; il martedì e il giovedì pomeriggio dalle 15,30 alle 17,30, e il sabato dalle 16 alle 20. Sono escluse le domeniche e le festività (22-26 e 29-1° gennaio), eccetto lunedì 6 gennaio, data in cui la mostra sarà visitabile.
Fino al 28 dicembre è inoltre possibile visitare, a cura della Soprintendenza ai beni archeologici, anche il rifugio delle carceri di santa Palazia (il venerdì e sabato dalle 9 alle 12). Nel tunnel sono stati posizionati anche meravigliosi mosaici di età romana.
Da ricordare, inoltre, che una raccolta di documenti e immagini relative a quegli anni terribili è in corso e sta già dando buoni frutti (i cittadini che vogliono prestare, dietro garanzia, album di famiglia, cimeli, e ricordi personali possono scrivere a turismo@comune.ancona.it, oppure chiamare i numeri 071.2223125-5067). Alcune di queste ultime immagini raccolte sono esposte alla mostra.

dott. Sergio Sparapani Settore Beni e Attività Culturali, Biblioteche,Turismo tel. 071-222.3125 fax 071-222.5015 mob: 338.7019177 e_mail sergio.sparapani@comune.ancona.it

lunedì 28 ottobre 2013

Filottrano: la relazione del generale Utili

Relazione sommaria sull’operazione di Filottrano
(8-9 luglio 1944)
I. Situazione Nemica
Secondo informazioni raccolte nel corso e dopo l’azione da prigionieri e da civili l’abitato di Filottrano era difeso dal I e dal II btg. Del 994° rgt. Della forza l’uno intorno ai trecento uomini, l’altro 250, da tre carri armati o semoventi, da quattro o cinque autoblinde e da un numero imprecisato di pezzi controcarro da 75/40.
Uno dei  due btg. Era stato affrettatamente portato in linea nelle 24 ore precedenti.
La posizione di Filottrano, dominante ogni possibile via d’attacco ed appoggiata ad un abitato così robusto che malgrado che i potenti concentramenti di artiglieria la popolazione civile rimasta quasi tutta in paese ha subito, per effetto di essi, perdite insignificanti, costituiva per il difensore un eccellente appiglio tattico a cui le posizioni avanzate sullo sperone di Tornavano e su quello delle Grazie assicuravano una conveniente profondità. Malgrado queste difficoltà per l’attaccante, l’operazione costituiva una necessità fondamentale nel quadro generale delle operazioni per disarticolare un vero e proprio sistema di resistenze appoggiate nella linea di grossi abitati dominanti al di là del Musone.
Occorre mettere in evidenza che, malgrado i btg. Fossero di forza ridotta, il loro armamento in armi automatiche e mortai risultava al completo, e che la guarnigione ha avuto l’appoggio vivace di una massa di artiglieria molto superiore al previsto.

 II. Situazione Nostra
Da parte nostra partecipato all’attacco cinque battaglioni della divisione “Nembo” di cui quattro della forza presente 4-500 uomini ed uno  d circa 300 uomini, quindici batterie italiane con uno scrso munizionamento e artiglieria della 6° brigata polacca rinforzata da due gruppi di medio calibro e da cinque carri “Sherman”, di cui due intervenuti solo nell’ultima fase della lotta.
 Dei cinque btg. Impegnati due avevano subito perdite abbastanza sensibili nelle operazioni preliminari precedenti e due erano giunti affrettatamente a portata solo nelle ultime ore del giorno precedente.
Data l’urgenza, l’operazione ha dovuto essere imbastita con precipitazione e non era convenientemente preparata soprattutto per quanto riflette l’orientamento generale dei reparti e la loro piena disponibilità di uomini e di mezzi.
Essendosi già preliminarmente accertata la difficoltà di attaccare Filottrano da sud per lo sperone dell’Imbrecciata, il concetto operativo è stato il seguente:
investire Filottrano da est con un reggimento su due btg. Partenti dalle posizioni polacche di Villanova, impegnare il pese da sud con un btg., gravitare con la riserva verso destra (attacco principale).

 III. Sviluppo delle operazioni
Dalle 06.00 alle 07.00 del giorno 8 luglio sono stati effettuati tiri di artiglieria di preparazione dell’attacco. L’attacco si è iniziato alle 07.30 circa, con un lieve ritardo rispetto al previsto. Nel corso di circa tre ore esso ha progredito attraverso due lotte fino al margine dell’abitato.  Si è trasformato  successivamente in una lotta casa per casa per snidare nuclei nemici asserragliati. Verso le 15.00 un contrattacco tedesco appoggiato da carri e da semoventi ha costretto il battaglione avanzato a fluttuare lievemente  all’indietro, lasciando la 45° cp. A caposaldo nel fabbricato dell’ospedale. Verso le ore 19.00 un impetuoso contrattacco, effettuato da due compagnie con l’appoggio degli “Sherman” polacchi, ha permesso di riprendere il contatto con la 45° cp. Che si è così potuta sganciare. Una nuova azione degli elementi blindati nemici e la sopraggiungente oscurità hanno vietato di mantenere gli obiettivi raggiunti. Durante la notte il nemico ha evacuato il paese dirigendosi, a quanto pare, verso Staffalo, sotto la protezione di tiri intensi e prolungati della propria artiglieria. Alle ore 06.00 del giorno 9 luglio le pattuglie della “Nembo”, spinte innanzi per saggiare la situazione, incontravano debole resistenza da parte di qualche arma automatica ritardatrice. Un’ora dopo il tricolore veniva issato sul paese.

IV: Perdite Nostre
Sono stati segnale 41 caduti, 209 feriti e 81 dispersi. La maggior parte di questi ultimi è costituita da feriti sgombrati su formazioni sanit5arie polacche e di cui le nostre non hanno ancora notizia. Il resto o la maggior parte del resto è certamente rappresentata da caduti non ancora ritrovati (io stesso personalmente ho ritrovato nei campi due salme non ancora identificate e dunque non computate).
In elevata percentuale queste perdite sono dovute ai tiri di artiglieria e dei mortai, micidiali perchè effettuati intensamente da più direzioni su contrafforti ove qualunque movimento era visibile. Della rimanente percentuale di perdite una parte è dovuta ai tiri d’arma automatica ed una parte a bombe a mano nei combattimenti ravvicinati.
Due carri “Shermn” sono stati messi fuori combattimento, l’uno per tiro d’arma controcarro, l’altro per esser saltato su una mina.
V. Perdite del Nemico
Trentatrè prigionieri sono stati consegnati il giorno 8 agli organi informativi del II Corpo polacco, un’altra decina di prigionieri si trovano ancora nelle mani della divisione “Nembo”…
Sono state ricevute una cinquantina di salme tedesche.
Da dichiarazione dei civili, a prescindere dallo sgombero dei feriti, avvenuto durante la giornata, i tedeschi avrebbero sgomberato nella notte tre autocarri di salme recuperate.
Nel complesso ritengo ragionevole l’ipotesi che il nemico abbia subito all’ingrosso il 50% di perdite; mi riservo tuttavia di comunicare appena possibile il risultato di ulteriori accertamenti.

Conclusioni
L’obiettivo è stato raggiunto.
Il nemico è dovuto ripiegare contro la sua volontà e le forze di fanteria impiegate hanno certamente subito un ulteriore grave logoramento. Tutto ciò è stato realizzato con sacrificio sensibile. Le truppe si sono battute ed un particolare riconoscimento lo debbo all’artiglieria polacca per un concorso non certamente inferiore al 50% delle munizioni impegnate nel totale ed ai carri armati polacchi che hanno subito proporzionalmente perdite considerevoli.

Il generale comandante
Umberto Utili

lunedì 15 luglio 2013

Liberazione di Jesi 20 luglio 1944

Chi avesse notizie sul Battaglione Piemonte è pregato di mettersi in contatto con ricerca23@libero.it per approfondimenti

Corpo Italiano di Liberazione. Il Settore adriatico

Il Corpo Italiano di Liberazione (CIL) nasce nell’aprile 1944 in seguito al cambiamento di denominazione del I Raggruppamento motorizzato.
Con il promemoria del 1 ottobre 1943 della missione militare alleata di controllo, fu autorizzata la costituzione di un raggruppamento motorizzato ed eventualmente la divisione da montagna Legnano, come truppe combattenti. Si trattava della prima formazione dell’esercito regolare dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, posta alle dipendenze prima del Gen. Vincenzo Dapino (fino al 23 gennaio 1944) e poi del Gen. Umberto Utili.
Il 20 dicembre, dopo che il raggruppamento motorizzato aveva offerto ottima prova di sé nei combattimenti di monte Lungo, venne tenuta una riunione in S. Spirito (Bari), presso la sede del XV gruppo armate anglo – americane, al fine di ribadire come punto di base italiano “una più ampia partecipazione  … alle operazioni avvenire”.
Al Raggruppamento si unirono ben presto altri reparti: 
-         l’11 febbraio 1944, proveniente dalla Sardegna, giunse il battaglione arditi su 3 compagnie (1 da sbarco e 2 sabotatori);
-         a metà febbraio arrivarono il 68° reggimento fanteria e il XXXIII battaglione bersaglieri e rientrò la compagnia artieri già aggregata al II corpo d’armata statunitense per i lavori stradali;
-         il V battaglione controcarri cessò di essere autonomo e si trasformò in III battaglione armi di accompagnamento del 68° reggimento fanteria;
-         alla fine di febbraio giunsero anche parecchi elementi per i sevizi (due scaglioni del 250° reparto salmerie e l’866° ospedale da campo);
-         il 1° marzo venne costituito il CCL autogruppo misto (comando, 1 autoreparto comando, 1 autoreparto leggero, 1 autoreparto misto);
-         il 14 marzo arrivò il battaglione alpini Piemonte;
-         il 24 marzo giunsero il 470° ospedale da campo e la 2° ambulanza radiologica.
Ai primi di aprile il raggruppamento constava di una consistenza organica di ben 7 battaglioni (I e II/68, XIX e XXXIII bersaglieri, battaglione paracadutisti, battaglione arditi, battaglione alpini Piemonte), tuttavia, sebbene avesse un livello di forze quasi pari a quella di una divisione e la fisionomia di una vera e propria grande unità elementare pluriarma, gli alleati non gli vollero riconoscere tale ruolo.
Il 18 aprile 1944 il raggruppamento – divenuto ormai una vera e propria grande unità – mutò la sua denominazione in Corpo italiano di liberazione: un riconoscimento ed un premio per tutto quello che in una situazione morale, psicologica e materiale quasi senza speranze e con scarsezza di uomini e di mezzi, il I raggruppamento motorizzato era riuscito a fare fino al termine del suo ciclo operativo, con il sacrificio di 93 morti e 315 feriti.
Il mutamento di denominazione non fu un atto formale. Il raggruppamento, che inizialmente aveva avuto una forza di soli 5.000 uomini, nell’aprile del 1944 contava 9-10.000 uomini, ed era riuscito a pressoché raddoppiare la sua forza.
Il CIL mantenne i compiti, lo schieramento e le dipendenze del I raggruppamento motorizzato.
Il ee26 maggio i comandi anglo – americani autorizzarono l’assegnazione della divisione paracadutisti Nembo per l’impiego in zona operativa alle dipendenze del comando del CIL.
Nel mese di giugno il CIL assume la sua definitiva articolazione costituita da:
-         un comando di corpo (comandante generale Umberto Utili, già comandante del I raggruppamento);
-         comandi artiglieria e genio;
-         divisione Nembo, costituita da: su due reggimenti di fanteria (183° e 184°) a formazione binaria, 1 reggimento artiglieria su 2 gruppi (1 da 75/27 e 1 da 100/22) ed 1 batteria da 20, 1 battaglione guastatori, 1 compagnia motociclisti, 1 compagnia mortai da 81, 1 compagnia minatori, 1 compagnia collegamenti, servizi;
-        
- I -
 
I° brigata, costituita da: 4° reggimento bersaglieri (2 battaglioni: XXIX e XXXIII), 4° reggimento alpini (2 battaglioni: Piemonte e Monte Granero), 1 battaglione paracadutisti (CLXXXV Nembo), 1 gruppo artiglieria someggiata da 75/13;
-         II° brigata costituita da: 68° reggimento fanteria (2 battaglioni), battaglione marina Bafile,  IX reparto d’assalto, 1 gruppo d’artiglieria someggiata da 75/13, 11° reggimento artiglieria su 5 gruppi e 1 batteria da 20 (I gruppo da 105/28, II da 100/22, III e IV da 75/18, V da 57/50); 1 gruppo da 149/19; 1 battaglione misto del genio (LI); servizi (1 sezione di sanità, 4 ospedali da campo, 1 nucleo chirurgico, i ambulanza radiologica, 1 sezione sussistenza, 1 sezione panettieri, posto di munizioni, posto materiali genio, 1 autogruppo misto, i reparto salmeria).
Le gravi lacune del CIL erano dovute alla scarsezza dell’artiglieria, la deficienza dei mezzi motorizzati, l’assenza assoluta di unità corazzate e la dotazione di armamento e di equipaggiamento in buona parte superati.  Da qui la preoccupazione che l’unità fosse impiegata in montagna.
In un periodo di poco più di 4 mesi, dall’ultima decade di aprile alla fine di agosto, il CIL, sempre al comando del generale Utili, partecipò all’offensiva alleata della primavera estate 1944, risalendo la penisola del Sangro - Metauro, ed affrontò una serie di duri combattimenti che possono essere ripartiti in tre cicli operativi riferiti alle zone di impiego:
-         il primo, dal 18 al 31 maggio, nella zona delle Mainarde;
-         il secondo, dal 1° giugno al 16 agosto, nel settore adriatico;
-         il terzo, dal 17 al 31 agosto, dalla zona di Sassoferrato a quella di Urbino.
In concomitanza con il ciclo operativo nel settore adriatico al CIL vennero assegnate unità britanniche di rinforzo costituite da:
-         2° reggimento thanks della VII° brigata corazzata britannica;
-         166° reggimento artiglieria campale inglese;
-         battaglione mitraglieri Rajputana Rifles;
-         mortai da 4,2 del 9° Manch  e del 149° reggimento artiglieria;
-         DXXXIII gruppo artiglieria controcarri;
-         CL ed il CLI gruppi controcarri del 93° reggimento
-         651° squadriglia da osservazione aerea.
Inoltre, per l’azione di Filottrano, il comando del corpo polacco passò alle dipendenze del CIL:  2 gruppi pesanti di medio calibro;  2 reggimenti leggeri da campagna ed un certo numero di carri armati Sherman della 5° divisione Kresowa.
Sicuramente, la sottoposizione di forze alleate al Comando Italiano costituì un atto di apprezzamento e fiducia per la capacità combattiva e l’abilità tattica di cui il I Raggruppamento e il CIL avevano dato prova di conquistando successi in operazioni di graduale più ampio respiro.
Al termine del ciclo operativo il Comando Supremo alleato nel Meditteraneo scrisse:
La nostra recente esperienza aveva reso ben chiaro che il CIL aveva combattuto bene  e che si poteva contare sulla possibilità che le truppe italiane dessero un considerevole contributo alle forze delle Nazioni Unite”.
Le gravi debolezze del CIL non furono di carattere ordinativo ma di natura organica e logistica (deficienza quantitativa e qualitativa del fuoco, insufficienza di mobilità tattica e logistica, eterogeneità dei mezzi di traslazione, assenza di mezzi corazzati e blindati, penuria di mezzi tecnici, scarsità di munizionamento per le artiglierie).
Nonostante tali insufficienze il CIL adempì costantemente i compiti di attaccare e battere il nemico che incontrò sulla sua strada e di assicurare l’assolvimento dei compiti e degli obiettivi ad esso assegnati.

- II -
 
Il comportamento del CIL fece cadere, a poco a poco, tutte le remore di carattere psicologico, morale e tecnico dei comandi militari alleati nei riguardi dei comandi militari e delle unità italiane.  Rimasero, purtroppo, vive quelle di carattere politico che non solo impedirono fino al termine della guerra, nonostante le prove di capacità operativa e combattiva dei soldati e degli ufficiali italiani, la ricostruzione organica di una grande unità complessa esclusivamente italiana, ma non consentirono di dare l’appellativo di divisioni, anziché quello di gruppi di combattimento, alle unità italiane  che verranno costituite dopo lo scioglimento del CIL.

mercoledì 15 maggio 2013

Una vecchia relazione, in ricordo di Claudio Mallone.

Nella ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e dello sbarco alleato sul litorale pontino del 22 Gennaio 1944, il Lions Cub Anzio-Nettuno, presieduto dall’Ing. Giovanni Vallone, con il patrocinio dei Comitati del Distretto Lions 108L “150 anni dell’Unità d’Italia” “Rapporti con le forze Armate e Forze di Polizia”, ha organizzato, sabato 22 gennaio 2011, nella prestigiosa sala consiliare di Villa Sarsina ad Anzio, un convegno dal tema “Appuntamento con la Storia. Per non dimenticare il sacrificio di tanti uomini e donne di questo territorio”.
L’organizzatore e moderatore del convegno è stato il gen. Miche Corrado. Dopo aver accolto i numerosi ospiti e convenuti, Corrado,  ha dato la parola al Vice Sindaco di Anzio, che ha portato i saluti della città, e al presidente del Consiglio Comunale di nettuno (che riportiamo in un articolo successivo); poi ha svolto una ampia introduzione incentrata sui temi centrali del volume del primo relatore On. Prof. Domenico Fisichella, “Il Miracolo del Risorgimento Italiano”.  Questa ampia introduzione ha permesso al Prof. Fisichellia di poter entrare  subito in tema, sottolineando i temi che hanno portato alla formazione del popolo italiano in epoca preromana. Sottolineato il passaggio tra l’epoca romana e il feudalesimo, il relatore tratteggia con maestria il confronto tra la civiltà feudale e quella borghese e capitalista, la matrice dello stato nazionale a guida delle elites dinastiche. La rivoluzione francese ha esaltato il concetto di nazionalità, e ha portato sulle baionette in tutta Euorpa le ideee rivoluzionare, che il congresso di Vienna, nonostante ogni buona volontà, non riuscì ad estirpare.
Da qui il miracolo del risorgimento italiano della metà dell’ottocento e la nascita dello Stato unitario Italiano.
Corrado poi a dato  la parola al Prof. Alberto Sulpizi. Che ha trattato il tema “Anzio e Nettuno nel periodo di fine ’80: Amilcare Cipriani.” E poi al Dott. Vincenzo Monti “L’assistenza sanitaria a Nettuno ad Anzio prima e dopo l’Unità d’Italia”.
L’ultima relazione è stata tenuta dal gen. Massimo Coltrinari dal titolo “Dal primo al Secondo Risorgimento”  La relazione si è inserita nel filone introdotta dal prof Fisichella, che, in pratica, ha spiegato il “perché”, le cause che sono a monte del Risorgimento Italiano; Coltrinari ha spiegato ed illustrato “come”  questo Risorgimento si è attuato e realizzato. Partendo dal seme gettato con la nascita delle repubbliche filofrancesi del 1799, citando il proclama di Rimini di Murat indirizzato a tutti gli Italiani, ha sottolineato le tappe attraverso le quali i patrioti italiani si sono opposti alla Santa Alleanza, con le date più significative  (Macerata 1817, i moti del ‘21, del ‘32, del ‘35), tutti attivati all’insegna del Tricolore.
Poi ha illustrato il trienni rivoluzionario 1846-1849, in cui il tricolore ha oprato al centro i segni dei siciliani, napoletani, pontifici, toscani, veneti e piemontesi, ovvero i segni degli stati preunitari. Riportato l’antico ordine, il decennio di preparazione è preludio all’anno “mirabilis” che è il 1860 in cui si compie unità territoriale che poi nel 1870 con la conquista di Roma si completa. L’Italia è uno Stato, che con la prima guerra mondiale, nei sacrifici del conflitto e della vittoria di forma la Nazione italiana definitivamente. Monarchia e Fascismo gestiscono per vent’anni il potere, ma con la dichiarazione di guerra del 1940 e la conduzione della medesima compromettono tutto. Il fascismo e la monarchia implodono e la crisi armistiziale del settembre 1943 impone ad ogni italiano delle scelte. E’ la guerra di liberazione, o meglio la guerra degli italiani che dal 1943 al 1945, in funzione subordinata alla Campagna d’Italia condotta dagli Alleanti contro i Germanici, sempre con il Tricolore che raccoglie tutti, che permise poi, a guerra finita di fare la scelta istituzionale e adottare l’attuale costituzione.
Un  dono ai relatori e i ringraziamenti del presidente del club Lions Anzio nettuno Ing. Vallone, ha concluso il convegno.

(Questa nota doveva essere inviata all'amico, scomparso, Claudio Mallone. La pubblichiamo in Suo ricordo, sottolinenado quanto la sua dipartita abbia lasciato un vuoto senza pari, anche nel campo delle inizaitvi socioculturali)

sabato 23 febbraio 2013

Call of papers per la Battaglia di Filottrano


Sullo schema del Calendario Associativo del 2006 della Associazione Nazionale Combattenti della Guerra di Liberazione, sono in corso ricerche ed acquisizioni di materiale documentario sulla Battaglia di Filottrano del 8-9 luglio 1944
Chi volesse inviarlo o attivare scambi per ricerche ed attività di pubblicazione può contattarci tramite questo blog oppure scrivere a ricerca23@libero.it


mercoledì 30 gennaio 2013

Licio Salvagno, un eroe della guerra di liberazione


Pubblicato nel n. 3 del 2012, n. 38 della Rivista "Il Secondo Risorgimento d'Italia" (www.secondorisorgimento.blogspot.com) ed anche su www.secondorisorgimento.it, l'artcilo di Errico De Gaetano  è un interessante esempio di analisi storico e ricostruzione materica. Nel ricordare un eroe della Guerra di Liberazione, Licio Salvagno, De Gaetano riesce a darci l'immagine di come doveva essere l'atmosfera della guerra, sia con lo scritto che con il corredo iconografico. La Rivista "Il Secondo Risorgimento" può essere chiesta a "risorgimento23@libero.it



                                                                     Licio Salvagno.
 Un eroe della Guerra di Liberazione
di
Errico De Gaetano

Il colonnello della riserva Licio Salvagno, scomparso lo scorso 8 aprile è stato uno dei migliori esempi dello spirito e della dedizione che animarono i membri delle Forze Armate regolari nel corso della Guerra di Liberazione. Nato a Venezia il 28 dicembre 1920, Salvagno inizia la propria esperienza militare il 16 marzo 1942, varcando la soglia del palazzo ducale di Modena per frequentare l’85° corso regolare della Regia Accademia di Fanteria e Cavalleria, un corso accelerato e sprovvisto della tradizionale denominazione, avviato per far fronte alla accresciuta esigenza di ufficiali subalterni determinata dalle vicende belliche. Dopo aver sperimentato quella “pesante normalità” che continua a caratterizzare la moderna Accademia Militare (essendo le esigenze di “formazione caratteriale” sostanzialmente immuni allo scorrere del tempo), il 5 settembre 1943, nominato Sottotenente di fanteria, Salvagno prende servizio presso la Scuola di Applicazione di fanteria di Parma per completare la propria preparazione professionale in vista dell’assegnazione ai reparti combattenti. Le aspettative e le aspirazioni di Salvagno e dei suoi giovani colleghi di corso, tuttavia, svaniscono bruscamente dopo appena tre giorni dal raggiungimento dell’ambito traguardo della nomina a ufficiale. La proclamazione dell’armistizio, infatti, coglie di sorpresa centinaia di migliaia di soldati italiani in tutta Europa, dando inizio a uno dei periodi più bui della storia patria.

Privo di ordini e perfino della pistola d’ordinanza, non ancora distribuita, Salvagno viene catturato dalle SS assieme a gran parte dei propri colleghi di corso, taluni dei quali perdono la vita in quei momenti di estrema confusione e disorientamento. Trasferito a Mantova in una caserma adibita a campo di concentramento per ufficiali, riesce a sfuggire alla prigionia, strisciando in un angusto canale di scolo sotterraneo, e a raggiungere fortunosamente la propria residenza a Venezia, anche grazie al contributo coraggioso di numerosi cittadini.
Ricongiuntosi con la propria famiglia, sfollata in Cadore, dopo aver passato in rassegna tutte le possibili alternative (tutte giustificabili, come ebbe a dire in quei difficili momenti il Grande Ammiraglio Thaon di Revel, purché scelte con cuore sereno) Salvagno decide di mantenere fede al giuramento prestato e di raggiungere l’Italia meridionale per riprendere servizio nell’Esercito regolare.
Raggiunta Roma, assiste al progressivo inasprimento dell’occupazione tedesca che lo costringe a trovare rifugio presso la Casa Generalizia dei padri Barnabiti, ove si cela in una soffitta fino al 5 giugno 1944, allorché gli americani entrano finalmente in Roma.
Il Sottotenente Salvagno, quindi, pur consapevole dei prevedibili sacrifici derivante dalla diretta partecipazione alle operazioni di guerra, si affretta a chiedere al ricostituito Ministero della Guerra di essere reintegrato nell’Esercito e inviato ai reparti combattenti tanto per adempiere al giuramento prestato, quanto per soddisfare l’intimo anelito di contribuire alla rinascita del Paese, concorrendo, come i numerosi volontari che affluirono nelle fila del Corpo di Liberazione, allo sforzo militare alleato nella speranza che ciò potesse lenire i termini di resa.
Assegnato al costituendo Gruppo da Combattimento Friuli, costituito sulla base della omonima divisione di fanteria che aveva scacciato i tedeschi dalla Corsica, Salvagno si scontra con l’incomprensibile burocrazia dell’nuovo Esercito che, lungi dal riconoscere il valore e il coraggio di chi ha atteso, con grande rischio personale, il momento di ripresentarsi alle autorità militari per assolvere al proprio dovere, pretende di eseguire incomprensibili accertamenti disciplinari finalizzati ad acclarare le motivazioni della tardiva “rivelazione” alle autorità militari, dimenticando il fatto che il personale alle armi era stato sostanzialmente abbandonato al proprio destino nei convulsi giorni seguiti alla proclamazione dell’armistizio.
Salvagno, comunque, assume il comando “in sede vacante” della 6ª compagnia del 2° battaglione/88° reggimento fanteria, composta da veterani dei combattimenti di Corsica, da disertori rastrellati nel Meridione e di veri e propri volontari attratti tanto dallo spirito patriottico dianzi illustrato, quanto dalla cruda necessità di sopravvivere nell’impossibilità di ricongiungersi alle proprie famiglie residenti al di là delle linee alleate.
Dopo un periodo di intenso addestramento nei pressi di San Giorgio del Sannio, che si conclude con la fornitura di vestiario ed equipaggiamento inglese nuovo di zecca, il Friuli si schiera a Radda del Chianti ove conduce un ulteriore ciclo addestrativo propedeutico all’immissione in prima linea.

All’inizio del gennaio 1945, ormai pienamente addestrato, il Friuli prende posizione nella zona di Bertinoro, nelle immediate retrovie del Fronte, da dove Salvagno, tornato al ruolo di comandante di plotone a seguito dell’assegnazione di un Capitano come comandante di reparto, partecipa alle ricognizioni che porteranno la Grande Unità italiana a sostituire la 5ª divisione di fanteria polacca Kresowa sulla Linea del Senio.
Il “Friuli”, quindi, si schiera di fronte alla 715ª divisione di fanteria tedesca presto sostituita dalla più agguerrita 4ª divisione paracadutisti, una delle migliori unità avversarie in Italia.
Durante le prime settimane sul fronte del Senio, Salvagno riceve il compito di presidiare il caposaldo nel paese di Villa San Giorgio a Vezzano e di eseguire diverse azioni di pattuglia che, occasionalmente, sfociano in combattimenti di più vaste proporzioni. Il 15 marzo, quindi, partecipa agli aspri combattimenti per q. 92, una collina dominata da una casa colonica, che gli italiani, diversamente dai polacchi, presidiano stabilmente creando chiaro disagio agli avversari. I paracadutisti tedeschi, infatti, approfittando del delicato momento dell’avvicendamento, lanciano un attacco notturno cogliendo di sorpresa i “friulani” che resistono disperatamente finché non vengono sommersi dalle macerie dell’edificio. Il giorno successivo un reparto di formazione del “Friuli”, composto da due pattuglie di fucilieri e una di granatieri (che costituivano il terzo battaglione di ciascuno dei due reggimenti del Gruppo di Combattimento) muove al contrattacco, appoggiato dalla 6ª compagnia in cui Salvagno comanda il plotone di rincalzo. Fallito il primo assalto, a causa delle gravi perdite che includono due comandanti di pattuglia su tre, la 6ª compagnia rinnova l’assalto senza successo. All’alba, gli italiani sono costretti a ritirarsi per non rimanere esposti al fuoco avversario, non offrendo il terreno adeguata copertura. Il giorno successivo, Salvagno, alla testa dei soli mitraglieri e relativi serventi del suo esausto plotone, appoggia un ulteriore attacco dei granatieri che, finalmente, riescono a riconquistare q. 92, annientando, quasi completamente, una compagnia di paracadutisti e catturando diversi prigionieri, tra cui diversi ausiliari russi in uniforme tedesca.
Dopo un breve periodo di riposo nelle retrovie, Salvagno e i suoi soldati di sono di nuovo in prima linea per l’offensiva finale. Il comandante del Gruppo di Combattimento, Generale Arturo Schettini, infatti, nonostante la sua unità avesse maturato diritto a un turno di riposo aveva chiesto e ottenuto di avere l’onore di partecipare all’offensiva finale, nell’intento di offrire il maggior contributo possibile alla causa alleata per il noto obiettivo di ridimensionare le pretese dei vincitori in sede di trattato di pace.
Salvagno di nuovo al comando della 6ª compagnia per effetto di un improvviso attacco di malaria del titolare, riceve il compito di costituire la riserva di battaglione, in quanto il suo Reparto era stato fortemente provato dai precedenti combattimenti.

Il 10 aprile 1945 alle 5.30, così, il “Friuli” prende parte all’ultima grande offensiva alleata in Italia, conducendo un operazione diversiva volta a ingaggiare la 4ª divisione paracadutisti ed evitare che potesse distaccare rinforzi verso il contermine settore della 26ª divisione corazzata tedesca lungo la via Emilia (Operazione Pasqua), ove i polacchi del gruppo corazzato “Dud” avrebbero esercitato lo sforzo principale. Nel dettaglio, il “Friuli” attacca verso Riolo con due battaglioni in primo scaglione e due in secondo scaglione con il supporto di nove gruppi di artiglieria con circa 160 pezzi che rovesciano un uragano di fuoco di preparazione sulle sole posizioni avanzate tedesche. Il Generale Schettini, infatti, aveva preteso che l’abitato di Riolo, ove numerosi cittadini erano rimasti asserragliati nelle cantine, fosse preservato dalla sicura distruzione a opera della possente artiglieria alleata, accettando l’inevitabile rischio di più alte perdite tra i soldati italiani.
L’attacco diversivo del “Friuli”, condotto attraverso un terreno completamente esposto al fuoco nemico e privo del supporto dei carri armati inglesi (che non possono essere assegnati sotto comando italiano), si arena, con forti perdite, contro i campi minati e le fortificazioni tedesche.
Le compagnie avanzate del II/88° fanteria che investono Riolo, sono rapidamente decimate dal fuoco e dalle mine avversarie: la 5ª compagnia viene quasi completamente annientata nell’attacco contro l’Abbazia, mentre la 7ª si arena di fronte al Mulino Maschi subendo gravissime perdite.
In tale frangente, il sottotenente Salvagno, tornato ancora una volta alla guida di un plotone a seguito del tempestivo rientro in servizio del comandante di compagnia titolare, riceve l’ordine di guadare il Senio assieme agli altri due plotoni del Reparto, per alimentare l’attacco contro il caposaldo tedesco di casa Guarè, onde evitare che la citata 7ª compagnia, ormai ridotta al solo Comandante di reparto e 7-8 soldati fosse completamente annientata. Anche l’attacco della 6ª compagnia, tuttavia, si esaurisce contro i campi minati e le fortificazioni avversarie con perdite sensibili anche a causa dell’incessante fuoco dei mortai che costringe i superstiti a trincerarsi sulle posizioni raggiunte sulla riva settentrionale del Senio.
Nel primo pomeriggio, Salvagno riceve l’ordine di lanciare un ulteriore attacco contro Casa Guarè, impiegando esclusivamente il suo plotone. Gli viene richiesto di attaccare in salita attraverso un terreno completamente privo di appigli tattici e infestato da una grande quantità di mine antiuomo. Tanto è grave la situazione e tanto elevato il rischio di insuccesso che l’ordine viene confermato dal comandante di battaglione in persona.

Dopo aver doverosamente presentato la difficoltà dell’impresa, accresciuta dal fatto che il suo plotone, articolato come unità comando e servizi, non disponeva della stessa consistenza organica e dell’armamento delle unità fucilieri, Salvagno provvede a rinforzare il proprio plotone con i resti di altri reparti, in vista dell’attacco pianificato per le 14.00 e successivamente posticipato alle 14.30.
In una chiara dimostrazione degli imprevisti che caratterizzano le operazioni militari sotto il nome di “attrito”, l’artiglieria del “Friuli”, verosimilmente non preavvisata della nuova ora di inizio attacco, apre il fuoco alle 14.00, facendo così svanire qualsiasi speranza di conseguire un minimo effetto sorpresa. Preavvisati dal tiro di preparazione, i tedeschi bersagliano le posizioni di Salvagno e i rinforzi inviati per sostenere l’attacco con un nutrito fuoco di mortai e mitragliatrici. Preso atto della progressiva dissoluzione della propria unità sotto il fuoco nemico, Salvagno raggruppa un pugno di volontari per tentare un ultimo assalto fintanto che le fortificazioni nemiche sono colpite dall’artiglieria italiana. Divide, quindi, il gruppo in due aliquote, delle quali una attaccherà frontalmente attraverso un campo minato per attirare il fuoco nemico e l’altra tenterà di sfruttare un canale per avvicinarsi il più possibile a Casa Guarè. Mentre il primo gruppo assolve al suo difficile compito venendo inesorabilmente logorato dal fuoco avversario, il secondo avanza verso l’obiettivo assegnato al prezzo di continue perdite. Nonostante l’inceppamento della propria arma automatica e una ferita al ginocchio Salvagno riesce a portarsi a distanza d’assalto, ma mentre si erge lanciare una bomba a mano contro il caposaldo tedesco, viene colpito alla testa, presumibilmente da un tiratore scelto avversario che, nei dintorni della posizione di Salvagno, aveva già freddato una mezza dozzina di soldati italiani con precisi colpi alla testa. Dopo un fulmineo momento di smarrimento, nonostante la grave ferita al capo e il colpo ricevuto al ginocchio, il nostro Sottotenente riesce a raggiungere le posizioni di partenza correndo disperatamente attraverso il fuoco tedesco. Dopo un primo sommario trattamento a opera del suo stesso Comandante di Compagnia e dopo aver incitato i suoi commilitoni a continuare a combattere per l’onore del reggimento, guada di nuovo il Senio con le proprie forze in cerca del posto di medicazione, conscio della gravità della propria ferita. Operato all’ospedale di Forlì, grazie al diretto interessamento del comandante del Gruppo di Combattimento, Salvagno viene trasferito all’ospedale inglese di Cervia ove riesce a sopravvivere a una ferita ritenuta normalmente mortale.

Per l’eroismo dimostrato nella Battaglia del Senio, Salvagno viene decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare con la seguente motivazione: “in testa al suo Plotone tentava più volte la riconquista di una munitissima posizione nemica. Allorché la violenta reazione del tiro di mortai e di armi automatiche, provocando rilevanti perdite nel suo reparto minacciava di arrestare l'azione, scattava in piedi e da solo si slanciava contro l'obiettivo trascinando i superstiti entusiasmati dal suo valore e dal suo ardimento. Gravemente ferito, incitava i suoi uomini a proseguire nell'azione per l'onore del proprio Reggimento. Già distintosi in precedenti azioni per calma, serenità e sprezzo del pericolo”.
Abbandonata la carriera delle armi subito dopo la conclusione delle ostilità, Licio Salvagno esercita la professione di imprenditore in Venezia, sua città natale, ricoprendo anche importanti incarichi politici e sociali (tra cui quello di Presidente Nazionale dell’Associazione Lagunari, peraltro tra lui fondata) e portando sempre nel cuore l’esperienza della Guerra di Liberazione, condivisa ogni anno con i soldati della “Friuli” e condensata con poetica maestria nella sua opera “1943-1944-1945, Tre anni della mia vita”, di cui si consiglia vivamente la lettura.
Secondo la sfuggente legge di natura che restituisce a ciascuno ciò che ha dato, il Colonnello Licio Salvagno, al pari di tanti altri eroi di guerra, è stato ricompensato dei sacrifici offerti alla collettività con una vita piena di successi e con una vigoria fisica assolutamente straordinaria .
Lo stesso destino ha voluto omaggiare Licio Salvagno ponendo fine alla la sua lunga permanenza terrena nel giorno della Resurrezione che diede il nome dell’operazione di guerra che 67 anni or sono segnò la sua vita.
E quest’anno, dopo aver accompagnato i soldati del nuovo Esercito Italiano nel ripercorrere l’epopea del Senio per numerosi decenni, il Colonnello Salvagno ha partecipato alle commemorazione della liberazione di Riolo Terme, ritornando alla testa dei suoi valorosi compagni d’arme del Gruppo di Combattimento “Friuli” che ogni 10 aprile si radunano ancora una volta tra il colle di Zattaglia e le rive del Senio.








domenica 20 gennaio 2013

Ricerche. www.castelferreti.it Prova di collegamento

Il blog www.coltrinarimarche1944. blogspot.com, è espressione del progetto Storia in Laboratorio (www.storiainlaboratorio.blogspot.com) per quanto riguarda la guerra di liberazione nelle Marche in cui operò il Corpo Italiano di Liberazione, lo spot riporta le attività e le realizzazioni attuate nell'ambito del progetto stesso alle ricerche relative. In particolare le edizioni raccolte nella Collana Storia in Laboratorio, in cui sono riportati le sintesi dei volumi e le attività ad essi connesse. (spot per Mario Brutti per aggiornamento del sito www.castelferreti.it).

mercoledì 9 gennaio 2013

Un Augurio sincero


Le condizioni di salute del gen Luigi Poli si sono peggiorate con il passare dei mesi. La Foto lo ritrae fra Sindaci di Montelungo e Paesi viciniori, durante la commemorazione della Battaglia.
Il gen. Poli, con il Corpo di Liberazione Italiano ha risaluto tutte le Marche ed ha combattuto a Filottrano.
In questi giorni difficili, gli siano vicino, nel momento in cui si pone mano allo sviluppo di uno dei progretti dedicati agli avvenimenti nelle marche del 1944.