Alle sorgenti del Volturno
“…i
cespugli di sangue roridi,
dovunque
era un povero brano
o
madri italiche de i cuor vostri.”
(Carducci
– A G. Garibaldi)
7
febbraio 1944. La piana di Venafro è silenziosa sotto una coltre di neve. Il
51° Nucleo di Sanità attendeva in sosta al bivio di Pozzilli, con le macchine
semi affondate nella mota, mentre gli uomini rabbrividivano nelle divise in
gran parte di tela. Durante il giorno rasserenò improvvisamente e sopravvenne
una notte limpida e gelidissima che intirizzì ancor più i soldati malamente
riparati dalle tende posticcie. Divieto assoluto di accendere fuochi nella
notte. Pronti a muovere al primo cenno.
E
l’ordine di muovere venne da Montaquila dove si era stabilito il Comando
Tattico Divisionale. Mentre l’Ospedale da Campo 244 si impiantava col 34°
Nucleo Chirurgico allo stesso bivio di Pozzilli, a poca distanza dal “Bataillon
Médical” della IIa Divisione Marocchina, il 51° Nucleo di Sanità si
allogava in una chiesa di Colli al Volturno dopo di aver distaccati i propri
plotoni portaferiti a Castelnuovo ed a Rocchetta, i due villaggi semidistrutti,
aggrappati alle pendici dei monti omonimi presso le sorgenti del Volturno.
Questo
era il settore assegnato ai due battaglioni del 1° Raggruppamento Motorizzato
che, soli in quel momento, erano pronti ad entrare in linea. Essi, con i gruppi
di artiglieria del1’11° Reggimento furono i pionieri della nuova ripresa de1le
truppe 1taliane in quelle albe gelide del febbraio 1944.
* * *
Sembrò
riaprirsi là, fra le rupi e le nevi, fra lo schianto dei mortai e le scariche
di mitraglia, contro ogni speranza l’alba rosata di una nuova era di
comprensione e di intesa tra due popoli. Il genera le francese sapeva che
affidare un settore scabroso del fronte ai figli dei veterani di Bligny e dello
Chemin des Dames era sicurezza.
* * *
Vennero
in linea man mano altri battaglioni. Il picco lo cuneo di fronte fra il Corpo
Francese e quello Polacco andava da Colle Rotondo a Castel San Vincenzo,
tagliando la sommità del Monte Castelnuovo, toccando Colle Jardini e girando
dietro al Monte della Rocchetta. Scenario di orridi, strade impervie e sentieri
franosi. Vestiti spesso di tela, in tende che raccoglievano neve, acqua, vento,
i nostri fanti, bersaglieri, paracadutisti, alpini vissero la febbre della
caccia al nemico, la vigile ed estenuante attesa degli appostamenti, l’insidia
velata di ombre delle azioni di pattuglia e l’ebrezza del colpo di mano, fino a
che tutto il lavorio preparatorio non sfociò nella conquista di Monte Marrone
(31 marzo 1944) e si stabilizzò con l’annullamento del contrattacco tedesco
nella tempestosa notte del 17 aprile.
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