“Discende da
Maltese la Molisana
la Molisana . . .
“
La canzone del Matese tutti l’avevano
nell'orecchio già da molti mesi e ripresero a fischiettarla con nostalgico
sentimento quando si accorsero che anche a Piedimonte d'Alife non si stava
tanto male. E senza attendere che discendesse dai monti “la bella Molisana” nè
tampoco preoccuparsi se “Don Giacinto” lo sapesse o meno, tutti i soldati del
C.I.L. trovarono da sollazzarsi parecchio in quei cento giorni di sosta nella
pianura Alifana. Di “Rose” belle o brutte ne venne fuori un passeraio, con
grande gioia dei Cappellani (!) che si arrabattavano ad arginare la valanga sentimentale
ed a sventare matrimoni che volevano nascere quà e là come i funghi dopo una
notte di pioggia.
Furono i giorni della trasformazione, del
riposo dell'addestramento alle nuove armi.
Lo Stato Maggiore Italiano, d'accordo coi
comandi Alleati, aveva deciso lo scioglimento del C.I.L. e la sua trasformazione
in due gruppi di combattimento, nel quadro della costituzione di sei di tali
Grandi Unità.
Un ordine del giorno del Generale
Comandante in data 24 settembre diceva: “sotto la data di oggi il C.I.L. si
scioglie per necessità superiori... Sciogliendosi il C.I.L. darà vita a due
nuove Grandi Unità: la “Legnano” e la “Folgore”. Il nostro augurio ed il nostro
impegno deve essere quello che esse risultino le più compatte, le più ardenti,
le più salde al servizio della Patria, come discende naturalmente dal loro
diritto di primogenitura.”
Non è dato a noi di giudicare, anche alla
luce degli avvenimenti ulteriori, se fu bene o male sciogliere il C.I.L.; è
parso a più d'uno che il tenere in linea sulle basi del C.I.L. una vera Armata,
avrebbe avuto delle possibilità di più vaste realizzazioni. Una cosa è certa:
che a tutti quelli che alla formazione del Corpo Italiano avevano portato la
pietra del loro sacrificio, e specie ai pionieri del I° Raggruppamento
Motorizzato, il suo scioglimento recava una tristezza senza pari ed un dolore
simile a quello della perdita di persona cara.
* * *
Sin dal primo giorno del nostro arrivo a
Piedimonte sembrò che tutte le cateratte del cielo si fossero spalancate. La
pioggia insistente obbligò in breve giro di tempo quasi tutti i Reparti
attendati a cercare un accantonamento in paese o nelle borgate viciniori. Il
Matese imbronciato si manteneva nascosto in una cortina di nuvoloni neri. Il
Torano, dalla caratteristica sorgente che erompe rumorosa dalla roccia viva ai
piedi di un pauroso strapiombo, allagava le campagne e travolgeva ad uno ad uno
gli instabili ponticelli di fortuna gettati sulle rovine di quelli distrutti
dai tedeschi in fuga.
Il colore dell'ambiente e della stagione
rjnfocolava la nostra tristezza. L'unica medicina contro questo patema progressivo
consisteva nel dedicarsi attivamente al lavoro di riordinamento e di
equipaggiamento secondo i nuovi schemi, e nel prepararsi ad entrare con un
adeguato livello addestrativo nell'ingranaggio dell'organica e della logistica
delle Grandi Unità Alleate.
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