I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

domenica 31 luglio 2022

51a Sezione di Sanità. Da Belvedere Ostrense a Corinaldo

 



“…non mai più fervente rossore

Veduto avean gli occhi miei”

(D’Annunzio – Alcyone)

 

Il Reggimento San Marco accusa nuove gravi perdite a Belvedere Ostrense: tutte le nostre macchine disponibili, tutti gli uomini si concentrano sul posto. I carichi cruenti vengono avviati continuamente su Jesi nella serata. C’è lavoro per tutti: per i portaferiti, che sulla collina di Belvedere possono a mala pena ripararsi dalle cannonate tedesche nell’accorrere alle grida di soccorso: c’è lavoro anche per la popolazione di Jesi, che affolla i margini delle strade imbandierate e che in affettuosa collaborazione aiuta i soldati a scaricare le barelle perchè le ambulanze possano tornare immediatamente sulla linea del fuoco; c’è molto lavoro per il 244 Ospedale da Campo, che giungendo a Jesi nella tarda sera del 21 luglio, trova già ad aspettarlo un centinaio di feriti su barelle allineate nell’ androne del palazzo in cui si spiega. Lo affiancano il giorno successivo l’866 Ospedale da Campo ed il 34° Nucleo Chirurgico.

Il 22 Luglio è ancora una giornata di sangue e la 51a Sezione di Sanità paga il suo doloroso scotto alla causa comune.

Un colpo di mortaio tedesco colpisce in pieno una nostra autoambulanza a Belvedere Ostrense. mentre è quasi ultimato il carico e due squadre di portaferiti si affrettano d’attorno o giungono da poco lungi con altre barelle.

Il carico di feriti si trasforma in carico di morti: il sangue gagliardo dei giovani marinai del San Marco si mescola con quello non meno generoso degli uomini della Sezione di Sanità. che viene citata all’ordine del giorno. Ben nove restano feriti più o meno gravemente in quella occasione; fra di essi il Tenente Piero D’Ercole comandante del Plotone.

Colpito ad un braccio, al capo, al collo ed al ventre, ha ancora la forza di scendere da solo dalla macchina che lo trasporta alla sua Sezione. “Oh fossi morto sul campo da vero ufficiale di Fanteria, con l’arma in pugno in testa ai miei uomini!” mormora premendosi con la mano la ferita mortale.

La sua spoglia viene calata nella fossa qualche giorno dopo dai suoi stessi soldati muti e pensosi... la sua croce si allinea alle altre numerose croci bianche che vegliano il sonno degli eroi del San Marco, che egli ha tentato di salvare spingendosi il più avanti possibile coi suoi uomini e le sue macchine. Sul fresco tumulo posa una corona di fiori con la scritta: “a nome della tua mamma”, della tua mamma che bai avuto sul labbro e nel cuore fino all’ultimo istante e che ora nella casa deserta, appende al tuo ritratto la medaglia d’argento.

“Comandante di un plotone portaferiti al seguito di Re, parti avanzanti, dava ripetute prove di coraggio e di sereno sprezzo del pericolo.

Durante un violento attacco contro munite posizioni tedesche sistemate a difesa di un importante corso d’ acqua, si portava audacemente al seguito di elementi esploranti sulla sponda nemica, nel generoso tentativo di trarre in salvo un soldato gravemente ferito. Successivamente, incurante del pericolo, si spingeva ripetutamente fino alle immediate adiacenze dello schieramento avversario, prodigandosi nel soccorrere numerosi feriti. Colpito a morte dalla violenta reazione avversaria, rivolgeva nel trapasso eroico , parole di fede e di incitamento ai propri uomini”.

Le tombe modestissime, scavate e adornate dai nostri portaferiti fra una pausa e l’altra della cruenta lotta, si allineano in ranghi rigidi e serrati nei cimiteri di Jesi, di Belvedere Ostrense, di Acqualagna.

Giovani saldi e belli venuti dal mare, agili nel correre le vie della Liberazione, come piccole lucide prore guizzanti a minaccia tra le ondate delle dolci colline marchigiane, dormono e sognano orizzonti senza confini, snelle paranze veleggianti nell’immenso azzurro, ansimi possenti di motori, alberi lanciati fra cielo e mare, rombi e vampe di battaglia!

Non si spegne la tradizione eroica della nostra Marina; i marinai si trasformano in fanti e gettano la gagliardia dei loro vent’anni a rinsanguare le vene esauste della patria in rovina. Che importa se la loro tomba non sarà l’abisso marino ma il seno della terra che raccoglierà i loro sogni spezzati?

Quello che importa è che la Patria viva. Ricordino gli Italiani!

 

* * *

Il nemico si attarda sulle sue posizioni per permettere al grosso delle forze di ripiegare sulla linea dei Goti, ma i nostri non gli danno tregua; ed è come la fiera inseguita e già ferita, che man mano si rivolta all’indietro, vibrando colpi d’artiglio.

I due reparti della Sezione di Sanità che sono il 23 luglio a S. Marcello e in contrada Paradiso, si spostano rispettivamente il I° a Madonna del sole (28 luglio) ed il II° il 29 luglio a Montesecco. Oltrepassato Vaccarile essi si trovano, il mattino del 6 agosto sulle sponde del fiume Misa, insieme col Comando tattico della Sezione, che dispone rapidamente la sua attrezzatura chirurgica nella villa del conte Ferraris. Di qui ha sloggiato da poche ore il comando tedesco, lasciando ancora sulla mensa gli avanzi della cena.

Tutti i servizi sono in funzione dopo qualche ora. L’azione non tende ad estinguersi oltre le alture di Ostravetere, chè i marinai del S. Marco si spingono sempre più innanzi, troppo innanzi mentre il nemico non vuole ancora mollare a Corinaldo.

È tarda sera: ancora un tramonto di sangue chiude la giornata. Nei solchi infuocati, insieme ad altri eroi è caduto il Sottotenente Alfonso Casati, che trae dalla sua posizione di figlio del Ministro della Guerra un solo privilegio: quello di muovere in testa ai suoi uomini, incontro alla morte.

L’avevamo visto qualche giorno prima, bello ed aitante, a fianco del Padre, presso i lettini dei feriti, a ricercare i suoi compagni di lotta, i suoi marinai segnati dal fuoco. Unico fiore della sua nobile stirpe che lascia i suoi vecchi genitori per offrirsi in olocausto alla Patria, nel colmo delle sue sciagure!

Dopo qualche giorno, cauta, si avanzerà in terra di nessuno una autoambulanza della Sezione... . I nostri portaferiti, eludendo l’occhiuta vigilanza del nemico, raccoglieranno le preziose spoglie per offrire al Padre il solo conforto rimastogli: di accompagnarlo al sepolcro.

 

* * *

Masseria Franchetti (6 agosto), Mulino Nevola (11 agosto) costituiscono le ultime tappe del I° reparto, mentre il II° da casa Federici si sposta il 12 agosto a Casa del Piano.

Barbara è superata ed è già sede della Ia Brigata che ha proiettato in avanti i suoi battaglioni; la IIa Brigata è ad Ostravetere, Corinaldo è in saldo possesso del Reggimento S. Marco.

Il crinale Castelleone di Suasa, Croce del Termine, casa Giovanninetti, Corinaldo è tenuto dai nostri, che già spingono pattuglie sul Cesano; dall’altra parte del fiume il nemico fa sentire la voce delle sue artiglierie.

Si parla di spostamento, di riposo per le truppe. Per tutte? No, per una sola brigata. E la Sezione? Mentre il Direttore Generale del Corpo di Sanità Militare viene a fare una ispezione al C. I. L. ed in verità non è molto soddisfatto della regolarità con cui i soldati prendono (o meglio non prendono) le pastiglie antimalariche, il comandante la Sezione, parte rapidamente in jeep a fare la ricognizione nel settore di Sassoferrato, il nuovo fronte del Corpo Italiano di Liberazione.

 

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