Le forze germaniche
i
La situazione strategica delle forze
tedesche sul fronte adriatico nel luglio 1944 è la diretta conseguenza delle
scelte effettuate dallo Stato Maggiore Tedesco (OberKommando der Wermacht o
OKW) all’indomani della previsione, che poi si è realizzata, dell’uscita
dell’Italia dalla guerra. A seguito degli eventi del 25 luglio, ovvero la
caduta del fascismo in Italia, e il successivo armistizio proclamato l’’8
settembre, OKW era deciso a propendere per l’occupazione del suolo italiano ed
organizzarvi una resistenza ad oltranza, opinione peraltro condivisa anche dal
feldmaresciallo Albert Kesserling, il quale era convinto di poter efficacemente
contrastare gli Alleati sfruttando
l’orografia del territorio italiano. Si innescò, al riguardo, una aspra
controversia, tra i feldmarescialli Kesserling e Rommel circa la tattica
migliore da applicare al teatro di guerra italiano. Secondo il parere di Rommel
l’Italia avrebbe dovuto essere difesa sugli Appennini settentrionali, tramite
la predisposizione di un imponente e fortificata linea difensiva,mentre per
Kesserling si sarebbe dovuto resistere ad oltranza ovunque fosse stato
possibile.
L’OKW fu propenso ad appoggiare la
seconda opzione. Questa scelta era ampiamente sostenuta da ragioni molto
valide: la prima, di carattere economico, in quanto le industrie dell’Italia
settentrionale erano necessarie al reich per sostenere lo sforzo bellico in
atto; la seconda era di carattere militare, con l’obiettivo di affrontare il
nemico il più lontano possibile dalla madre patria impegnando con un numero
relativamente modesto di forze tedesche
un numero consistente di forze alleate. Infine, dando rilievo anche alla
sfera diplomatica e politica, si voleva evitare una pericolosa perdita di
prestigio per la Germania nei confronti dei suoi sempre più scettici alleati
(ungheresi, romeni, bulgari e i vari “quisling” creati nell’orbita tedesca).
In questa ottica furono predisposte,
a partire da sud, una serie di linee difensive fortificate che avrebbero
consentito alle unità in ritirata di arrestare temporaneamente l’avanzata degli
Alleati ed allo stesso tempo di fare arretrare verso nord il maggior numero di
unità tedesche.
La prima di queste linee era la
Bernhard, dal Garigliano sino a Fossacesia, in Abruzzo. La seconda era la
Gustav che passava per Cassino, mentre più a settentrione già si lavorava alla
realizzazione della linea gotica, a protezione della valle del Po con i suoi
indispensabili prodotti agricoli e l’ancor più prezioso triangolo industriale.
Infine l’ultima resistenza era destinata ad essere portata sulla cosiddetta
linea veneta, il cui apprestamento era iniziato nel luglio 1944, e che correva
dal Lago di Garda lungo il corso dell’Adige fino all’Adriatico.
La tattica attuata dall’
Oberbefehlshaber Suewest (Comando Supremo delle Forze Tedesche del sud-ovest)
alle operazioni in Italia, soprattutto dopo le lezioni apprese dai falliti
tentativi di rigettare a mare gli Alleati a Salerno ( 18 settembre 1943) ed Anzio
(Febbraio 1944), fu forzatamente quella di una difesa flessibile su diverse
linee di arresto temporaneo, tesa a guadagnare tempo prezioso ed a logorar
el’avversario con il minimo dispendio di forze.
La capacità di Kesserling di frenare
di Alleati e di agire con locali reazioni dinamiche permise di tenere il fronte
a sud di Napoli fino a tutto il settembre 1943, per poi ritirarsi lentamente.
Per Kesserling iniziò quella “manovra in ritirata” che sarà il suo capolavoro e
che terrà gli Alleati lontano dalla pianura padana fino all’aprile 1945.[1]
Appare doveroso rimarcare che le
condizioni in cui versavano i soldati tedeschi in Italia erano rese molto
difficili dalla cronica mancanza di riserve d’armata e dalla scarsa mobilità
delle loro divisioni, soprattutto quelle di fanteria, a causa della progressiva
carenza di carburanti e di automezzi, prodotta sia dai bombardamenti alleati
che dalle azioni di sabotaggio delle formazioni della resistenza.[2]
No notare, infine, l’assoluto dominio
dell’aria da parte alleata. La cifra media degli aerei della Luftwaffe e
dell’Aeronautica Nazionale repubblicana della Repubblica Sociale Italiana
nell’estate dl 1944 era di 78 aerei tedeschi, di cui 54 pronti al
combattimento, e 56 velivoli italiani, di cui 34 operativi, contro i circa 3600
aerei alleati.
Le dottrine operative tedesche erano
imperniate sul principio dell’Auftragstatik, che si potrebbe tradurre “tattiche
di missione”[3], che
consisteva, in sostanza, in un sistema di comando discrezionale condotto per obiettivi
invece che per ordini dettagliati. L’Auftragstatik, quindi, consisteva nel
decentramento esecutivo del comando ed i comandanti in sottordine, fino ai minimi
livelli operativi godevano della massima libertà di portare a termine la
missione per la quale venivano fissate solo l’entità delle forze ed il tempo
necessario. Presupposto di base era il culto dell’iniziativa e l’abitudine a
prendere scelte individuali. Di conseguenza gli ordini contenevano tutto ciò
che l’inferiore non poteva decidere da solo per raggiungere obiettivo fissato,
ma non più di questo. Nell’esercito tedesco vi era una lunga tradizione di tale
stile di comando, risalente alla elaborazione dottrinale postnapoleonica della
scuola di guerra di Postdam, e tutti i comandanti erano addestrati a tale
metodologia operativa che prevedeva la ricerca dello “Schwerpunkie”, o centro
di gravità o punto debole del nemico, dove applicare le proprie concentrazioni
di forze.
[1]
Coltrinari M., Quando fini la Seconda Guerra
Mondiale ?, post in
htpp//www.secondorisorigmento,it/rivista/dibattitofiewar.htm
[2] Non si
finisce mai di ribadire che il comportamento delle truppe verso la popolazione
civile deve essere improntato alla massima correttezza, disciplina e rispetto,
se non si vuole innescare movimenti di ribellione, disistima e resistenza. A
questo riguardo, si noti che le forze Armate Italiane della Repubblica in tutti
i principali teatri in cui sono state
impegnate in operazioni anche di peace
renforcement hanno subito atti di
sabotaggio, attentati con relative vittime, spesso senza altro scopo che
provocare danni e tragedie. Mai si sono svolte azioni di rappresaglia
indiscriminata sulla popolazione civile. E questo dovrebbe essere tenuto conto
quando si analizza il comportamento delle truppe tedesche in Italia dal 1943 al
1945.
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