I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

giovedì 18 aprile 2019

I Polacchi e le Marche. Uno studio



 “UN ESERCITO SCOMODO. IL 2° CORPO D’ARMATA POLACCO IN ITALIA 1944-1946”

Università di Bologna: Corso di laurea in storia- indirizzo contemporaneo. A.A. 1998-1999.Tesi di laurea in storia dell’Europa contemporanea. Relatori Prof. Pietro Albonetti e Dott. Carla Tonini.
Terzo correlatore, per la lode, Prof. Francesco Benvenuti.

Gianpieero PaNziera




Breve sintesi del lavoro


Introduzione.
Nell’introduzione si presentano le motivazioni e le curiosità che hanno favorito una ricerca sull’esercito polacco in Italia, prendendo spunto dalla vulgata storica e letteraria che ha semplificato l’idea di “alleato” sotto la veste di Americano o Inglese.
Nella mia ricerca volevo conoscere e approfondire le relazioni tra soldati polacchi e popolazione italiana, soprattutto nei confronti dei partigiani socialisti e comunisti. I polacchi venivano, infatti, dai gulag sovietici, e rappresentavano, secondo me, un caso unico di “Resistenza Assoluta”, proprio perché si opponevano sia ai nazifascisti sia ai comunisti.
Il mio punto di partenza è stata la pubblicistica presente in Italia e all’estero, che si concentrava, però, quasi unicamente sulle imprese militari dei polacchi, ed espressa, sovente, con giudizi apologetici.
Solamente nei lavori di due storici, uno di parte polacca il Prof. Casimiro Lewanski, ex soldato e poi prof. universitario in Italia, l’altro Nazario Sauro Onofri, ex partigiano e storico bolognese avevo raccolto qualche informazione e indizio più utili e circostanziati.
Tuttavia, sapevo che si trattava di un lavoro mai affrontato prima e per questo cercai e trovai materiale, in gran parte fotocopiato e in mio possesso, presso i principali archivi storici romani e polacchi (ACS-ASME- Archivio Storico Ufficio Stato Maggiore).
Avevo individuato la pista giusta.
Presso l’Archivio Centrale di Stato ho trovato la prova dei numerosi incidenti politici tra polacchi e popolazione italiana.
Inoltre, con grande sorpresa, presso l’Archivio Storico degli Affari Esteri ho scoperto che la presenza dell’esercito polacco creò non poche difficoltà alla nostra diplomazia e persino a De Gasperi, in qualità di Ministro degli Esteri e successivamente Presidente del Consiglio, nei rapporti con Russia, Polonia nonché con i partiti comunista e socialista italiani.
La storia di questo “scomodo esercito” poteva cominciare.

Primo Capitolo
In questo capitolo si ricostruiscono le tappe che portano alla Seconda Guerra Mondiale e all’invasione tedesca e sovietica della Polonia, nel settembre 1939. L’analisi si concentra soprattutto sull’occupazione sovietica della Polonia orientale e le relative deportazioni in Siberia.
Il capitolo racconta della nascita del Governo polacco in Esilio a Londra e della formazione dell’esercito polacco in URSS e il suo periglioso cammino attraverso l’Iran, Iraq, la Palestina, fino allo sbarco in Italia nel 1942-1943.
Non vengono tralasciati riferimenti al massacro di Katyn e al ruolo dei principali personaggi polacchi e russi dell’epoca: Sikorski, Anders, Stalin, Beria.
Si fa riferimento anche a Gustaw Herling Grudzinski e al suo libro “Un mondo a parte”, testo fondamentale per capire i gulag sovietici.

Secondo Capitolo
In questo capitolo si affronta la campagna militare polacca in Italia, al seguito dell’VIII armata britannica, lungo la fascia adriatica, attraverso lo sfondamento prima della linea Gustav e poi di quella Gotica.
I polacchi del gen. Anders si distinsero per la conquista di Montecassino, che apriva la strada per Roma e poi per la liberazione di Ancona e di Bologna, ma furono innumerevoli le loro imprese militari, dalle Marche alla Romagna.
Soprattutto per quanto riguarda la liberazione di Bologna, il 21 aprile 1945, non mancarono nel tempo le incomprensioni reciproche fra ex partigiani bolognesi e reduci polacchi. Basti ricordare la “dimenticanza” del sindaco Imbeni, che non invitò i veterani polacchi alle celebrazioni della liberazione del 1985.

Terzo Capitolo
Questo è il capitolo che ricostruisce i rapporti tra polacchi e popolazione civile, attraverso materiale d’archivio inedito (Rapporti di polizia, relazioni di questori, prefetti, statistiche del Ministero della guerra e dell’Interno, articoli di stampa, ecc).
Ne esce un quadro di contrasti politici e ideologici frequenti e diffusi, dalla Puglia, alle Marche, fino alla Romagna. Ovunque, i polacchi hanno lasciato traccia, tra il 1944 e il 1946, non solo di eroismo ma anche di conflitti con i partigiani italiani, inneggianti a Stalin e alla Russia.
Risse, pestaggi, attacchi alle sezioni politiche, bombe nelle case del popolo, ma anche ritorsioni e vendette italiane. I soldati polacchi, ad esempio, per il giornale comunista “Unità” erano “fascisti”.
Questo è un capitolo “inverosimile” in Polonia, che vede in quei soldati degli eroi, soprattutto da quando negli anni ‘90 sono stati riscoperti dalla storiografia nazionale.

Quarto Capitolo
Personalmente considero questo il capitolo più affascinante, che meriterebbe ulteriori ricerche, anche fuori dell’Italia. I soldati polacchi non furono, infatti, solo un problema di ordine pubblico nazionale ma anche e soprattutto una questione politico-diplomatica per il governo italiano.
Al termine della guerra, Varsavia entra nell’orbita degli Stati satelliti di Mosca, ma i soldati di Anders non si riconoscono in questa “nuova” Polonia bensì nel Governo polacco in esilio a Londra.
L’Italia, inizialmente, asseconda i polacchi “liberatori” ma dal luglio del 1945 riconosce il Governo di Varsavia e da quel momento in poi inizia una politica del doppio binario, che mira a liberarsi della scomoda presenza polacca anticomunista in Italia.
Lo stesso De Gasperi è insofferente, anche perché ha scelto di tutelarsi nei rapporti con Varsavia, Mosca e gli alleati di governo comunisti e socialisti.
Come i precedenti, questo capitolo si basa su documenti d’archivio inediti, in primo luogo telegrammi, anche segreti, tra gli ambasciatori Reale a Varsavia e Quaroni a Mosca e il Ministro degli Esteri De Gasperi.
In queste missive, come in quelle delle diplomazie russe e polacche, non mancano le pressioni sull’Italia per allontanare e liberarsi quanto prima di tutti i soldati polacchi, anche per non pregiudicare rapporti economici e il rientro di soldati italiani, prigionieri in Polonia e Russia.
Nell’ottobre del 1946 Anders e i suoi abbandoneranno l’Italia senza alcuna cerimonia ufficiale da parte italiana. Dei 110 mila polacchi presenti in Italia solo alcune migliaia resteranno per studiare o perché sposati con italiane.

Conclusione
La conclusione di questo lavoro si richiama agli obiettivi iniziali della ricerca, mettendo l’accento sul sacrificio polacco operato in Italia e sui possibili ulteriori approfondimenti delle loro vicende in Italia e all’estero, dopo il 1946.
Liberatori sì ma non liberati, anzi costretti a migrare in Francia, Inghilterra, Canada, Stati Uniti, pur di non rientrare nella Polonia filosovietica.
Dimenticati nel tempo, come la verità su Katyn, queste donne e uomini, protagonisti della deportazione, della guerra e dell’esilio, furono i primi veri interpreti di una “Resistenza Assoluta” a ogni forma di ideologia totalitaria, che ha contraddistinto il Novecento.
In sintesi, degli eroi romantici simili ai loro predecessori attivi in Italia nell’Ottocento: Dabrowski, Grabinski, Mickiewicz.

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