I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

domenica 18 giugno 2017

2.Il Passaggio del fronte: il tempo delle oche verdi e del lardo rosso. Tempo da ricordare



Testimonianze di militari e di civili, di uomini e donne di quella generazione che fu protagonista e vittima della Guerra di Liberazione, con parti attivi e passive.
Abbiamo aperto questo opera con la testimonianza di Francesca Bonci su Osimo, perno della difesa tedesca, che nel 1944 era il capoluogo delle Marche in quanto Ancona era stata prostrata dai bombardamenti.
Una qualche parola su Ancona, che in questo volume è sempre sullo sfondo. Era al centro dei pensieri di tutti i militari. Insieme a Livorno, rappresentava l’obbiettivo ulteriore da conquistare dopo la vittoria di Cassino e la presa di Roma. Queste due città, con i loro porti, dovevano diventare le basi per l’assalto finale. Ma Ancona, come città, era nel luglio 1944 una città fantasma. Soggetta da bombardamenti, spesso tremendi, era stata praticamente neutralizzata e resa impotente. La sua popolazione sfollò in gran parte e la città rimase abbandonata a se stessa. Nelle sue funzioni era stata sostituita da Osimo, ancora intatta dai bombardamenti e quindi ritenuta più sicura. Vedere la guerra attraverso il Diario di Francesca Bonci ad Osimo, è uno spaccato utile di che cosa è stato il passaggio del fronte. Naturalmente si potevano prendere altri diari ed altre testimonianze dei paesi dell’anconetano, ma Osimo è centrale per le peculiarità che abbiamo detto sopra. Testimonianza integrata da quelle di mons. Carlo Grillantini, a sottolineare il ruolo dei Uomini di Chiesa, che divennero, dopo la fuga delle autorità repubblichine, le uniche autorità presenti sul territorio, che si può considerare il punto più basso dello sfacelo dello Stato, nato nel Risorgimento, perpetuato dal fascismo. Se sul piano militare i repubblichini sono inesistenti ed insignificanti, su quello politico-sociale sono ancora peggio. Sono in grado solo di  compiere, abusi, violenza, imposizioni ed al momento del pericolo, peraltro ancora lontano, non trovano di meglio che fuggire. Naturalmente come spesso accade quelli di loro che avevano meno colpe ed erano figure semplici o di pochissimo rilievo, poi pagano sul campo le malvagità dei maggiori responsabili, in un quadro triste, desolante, in un mare di macerie morali (spie, abusi, violenza, sopraffazioni, torture, privazioni) che sono anche superiore a quelle materiali.
Altre testimonianze raccolte per descrivere il passaggio del fronte quelle di sfollati e cittadini di Agugliano, Castel’Emilio, Cassero Camerata Picena e Castelferretti, paesi sull’asse di avanzata dell’attacco Polacco, che rilevano nella loro semplicità e nella loro freschezza momenti difficili, terribili, ma anche spesso affrontati con la sana forza di voler vivere e sopravvivere
Da ultimo la testimonianza di Sergio Pivetta, uno dei soldati del Corpo Italiano di Liberazione partecipe della liberazione di Santa Maria Nuova e Jesi, con quelle di due  adolescenti jesini che rilevano tutta l’essenza delle essere Italiani del senso di appartenenza, del senso di umanità di una comunità, di una collettività di una Nazione che ritrovano nei momenti più difficili se stesse.

Abbiamo voluto ricostruire e descrive in questo volume il passaggio del fronte nell’anconetano, sia come momento militare rivalutando il ruolo di oltre 25000 italiani, antesignani dell’attuale Esercito Italiano, che costituivano il Corpo Italiano di Liberazione sia come ricordo di quei giorni terribili, quei giorni delle oche verdi, così dipinte dai contadini con il verderame per mimetizzarle, per evitare attacchi aerei alleati, che sarebbero stati devastanti e del lardo rosso, come i tedeschi, sempre in cerca di cibo da rubare nelle loro razzie, chiamavano il prosciutto, ritenuto una leccornia da loro e che rappresentava la sopravvivenza, insieme all’olio, per i nostri contadini. 


Il passaggio del fronte: il tempo delle oche verdi e del lardo rosso, tempo da ricordare.



 da:
 " Il Corpo Italiano di Liberazione e Ancona"
info:www.storiainlaboratorio.blogspot.com 

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