1. I contributo del Corpo Italiano alla
liberazione delle Marche e di Ancona..
Nelle
pagine precedenti abbiamo cercato di illustrare, portando esempi e documenti,
il contributo che il Corpo Italiano di Liberazione ha dato alla liberazione
delle Marche, in generale, e di Ancona in particolare.
La
zona interna delle Marche è stata percorsa e liberata dagli uomini del Corpo
Italiano di Liberazione. Sono state liberate Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino
per citare le città più importanti. E’ vero che più che liberazione si è
trattato di occupazione, in quanto gli uomini entravano in questa città quando
i Tedeschi le avevano abbandonate approfittando delle ore notturne. Questo, a
qualche osservatore poco attento, può essere riduttivo e vi attribuisce poco
merito. Ma occorre ricordare che se i Tedeschi abbandonavano le posizioni è
perché rischiavano, in un combattimento diretto, l’annientamento di tutte le
loro forze; quindi erano costretti a lasciare le città per evitare perdite
maggiori. E questo va a merito del Corpo Italiano di Liberazione e, in
generale, alla più ampia manovra in atto da parte del Corpo Polacco. L’azione
su Cingoli, e nel mese di agosto, su Belvedere Ostrense, Fossombrone, Cagli ed
Urbino, stanno a dimostrare che il Corpo Italiano di Liberazione è stato
protagonista della liberazione delle Marche nei suoi reali termini militari.
Ovvero senza l’azione del Corpo Italiano di Liberazione, combinata con l’azione
del Corpo Polacco, permette di sconfiggere e scacciare i tedeschi.
Le forze della Resistenza, da sole, non sono
in grado di poter ottenere questo risultato. Un risultato che deve essere
inteso sul piano militare. Nonostante tanti tentativi di dimostrare il
contrario le forze della Resistenza non sono in grado di combattere, nelle
Marche e nel luglio 1944, le forze tedesche, attaccarle, sconfiggerle e
mantenere le posizioni conquistate per un periodo più o meno lungo in attesa
dell’arrivo delle forze regolari. Questo, per spiegare meglio, significa che un
paese, una città è “liberata” ovvero
“liberata dalla presenza del nemico” quando con combattimenti diretti in cui il
nemico è sconfitto, annientato e fatto prigioniero. “Occupata” significa che un
paese, una città, abbandonata per ragioni di ordine superiore (in termini
militari sono le azioni elementari della manovra in ritirata, ovvero cedere
spazio per recuperare forze e riprendete l’’iniziativa operativa)[1]
viene evacuato non lasciando dietro niente di utile alle forze nemiche e
portandosi dietro tutto quello che si ritiene utile per il prosieguo del
combattimento su nuove posizioni.
Nelle
Marche nel luglio-agosto 1944 tutte le città o paesi sono stati “occupati”, non
“liberati”, secondo il profilo militare, in quanto non si riscontrano battaglie
e combattimenti nei centri abitati di nessun tipo.
Un
primo esempio è Osimo: i Tedeschi nella nottata del 5 luglio sul 6, per
rettificare le posizioni, in quanto il battaglione russo non dava affidamento e
non era in grado di tenere le sue posizioni, si ritirarono; il rischio concreto
era l’aggiramento e l’annientamento delle forze sulle posizioni di Osimo;
quindi ritirata su posizioni migliori, in attesa di una eventuale reazione
controffensiva, pericolo che fu costante fino al 16 luglio, con le angosce per
il ritorno dei Tedeschi, il rischio del bombardamento aereo alleato, la
evacuazione della popolazione ecc. Osimo quindi non fu liberata, ma occupata. Peraltro
le forze partigiane, lo splendido distaccamento “Riccio” e il “Fabrizzi” più i
GAP, non sarebbero stati in grado di sostenere da soli una difesa di fronte ad
un ritorno tedesco. Ed il cerchio si chiude a dimostrare l’assunto che abbiamo
posto.
Altro
esempio è Filottrano. Nei combattimenti dell’8 luglio i tedeschi vedono
annientato un loro battaglione, oltre quattrocento uomini; sono tassi di
perdite che non si possono permettere, pena il crollo del fronte. Sapendo della
importanza di Filottrano cercano di impegnare combattimento, ma la
determinazione e l’ardore combattivo dei soldati italiani, infliggono queste
perdite; a sera, quando la situazione è incerta, ovvero se riprendere i
combattimenti l’indomani, o ritirarsi, i tedeschi si ritirano. L’indomani
all’alba i paracadutisti occupano Filottrano, sgombrata dai tedeschi.
Come
è stato visto, la richiesta alleata di liberare Ancona, occuparla e difenderla
fino all’arrivo delle truppe polacche, è stata dal Comando Partigiano respinta,
e ne abbiamo visto i pro e i contro con le relative polemiche. La terza
possibilità, che era quella di inviare uno o due battaglioni di paracadutisti o
di arditi del Corpo Italiano di Liberazione a svolgere questa azione insieme
alle forze della Resistenza, non fu presa nemmeno in considerazione per ragioni
non militari, ma politiche. Non si voleva dare alcun merito agli Italiani di
vittorie conseguite sul campo.
Sul
piano militare, quindi, è il Corpo Italiano di Liberazione che opera, con le
forze della Resistenza che svolgono un ruolo marginale.
In
quella che si chiama la Battaglia di Ancona, che si svolse dal 1 al 20 luglio
1944, il Corpo Italiano di Liberazione ebbe, come abbiamo visto un ruolo
preciso.
Inquadrato
nel II Corpo d’Armata Polacco, aveva svolto sempre il ruolo di coprire il
fianco sinistro dei Polacchi, che avanzano lungo la litoranea Adriatica ,
liberando, come detto Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino.
Le
varie fasi della battaglia di Ancona, fasi che, ripetiamo, sono solo ad uso
degli studiosi e specialisti ed appassionati, in cui noi abbiamo preso in esame
e riconosciuto il ruolo del Corpo Italiano di Liberazione portandoci a
individuarne cinque, sono dei momenti di un tutt’uno che è la battaglia per la
presa di Ancona.
Senza
ripeterle, qui si può dire che liberata Osimo il 6 luglio, il Comandante
Polacco Anders predispose un piano di attacco per la conquista di Ancona che
prevedeva la 3 Divisione Carpatica a destra, con compiti di fissaggio ed inganno, la 5 Divisione Krescowa , con il compiti di attacco, rottura e
sfondamento del fronte tedesco, mediante manovra di aggiramento, il Corpo
Italiano di Liberazione, con i compiti protezione, sicurezza e copertura del
fianco sinistro. L’obiettivo era di conquistare Ancona e annientare la
guarnigione tedesca.
Questo
piano, a cui contribuì in modo non marginale, il gen. Utili, messo in atto
dall’alba del 17 luglio ebbe un successo parziale: Ancona fu conquistata il 18
luglio, ma la guarnigione tedesca, nonostante forti perdite, non fu annientata.
Di questo parziale insuccesso vari comandanti polacchi accusarono il Corpo
Italiano di Liberazione, accusandolo di aver raggiunge i suoi obbiettivi con
ritardo, scoprendo il fianco sinistro delle forze avanzanti polacche, che
furono costrette a fermarsi, e quindi dare tempo per fuggire. Accuse che si rivelarono
infondate, come abbiamo visto per vari motivi, primo fra tutti la incapacità
dei polacchi di impiegare proficuamente sul terreno le forze corazzate e
sfruttarne il numero e la potenza, come l’ingorgo avutosi sulla strada tra
Polverigi ed Agugliano sta ad evidenziare, ma che dimostrano come il Corpo
Italiano di Liberazione era parte integrante delle forze alleate che liberarono
Ancona. Le critiche mosse dagli uomini del 7° Reggimento Ussari britannico sono
un’altra testimonianza e dei difetti e carenze delle forze italiane, ma anche
la sottolineatura che erano parte integrante delle forze attaccanti.
Le
critiche polacche e britanniche in parte sono fondate, sopratutto se formulate
da uomini che operavano sul campo. Ma, come è stato visto riportando le
osservazioni di Filippo Stefani, la non assegnazione organica di forse
corazzate, la carenza di artigliere, la qualità delle artiglierie stesse e la
scarsità di munizionamento (se i tedeschi avessero deciso di continuare a
combatte a Filottrano le artiglierie del Corpo Italiano di Liberazione
sarebbero state mute per aver terminato le munizioni) sono carenze che non
potevano non incidere sulla operatività del Corpo Italiano, come i fatti sul
terreno stanno a dimostrare. E questo a seguito di decisioni politiche,
punitive per noi italiane, ottuse per certi versi degli Alleati, soprattutto da
parte britannica.
Emerge
a questo punto la peculiarità del Corpo Italiano di Liberazione: forza militare
importante sul piano militare, decisiva in momenti importati, considerata come
tale, ma limitata per motivi non militari ma politici, gli si chiede di
assolvere a compiti, militari, superiore alle sue possibilità. Nonostante
questo, in ritardo li riesce ad assolvere, ma le accuse rimangono.
Non
si può qui rilevare che al fronte, non vi erano reparti della Repubblica
Sociale Italiana. Una pagina da approfondire, soprattutto sul piano militare,
che implica una analisi attenta del rapporto tra la Germania e l’Italia dopo l’8 settembre 1943. Sul piano
militare i repubblichini sono inesistenti, per volere dei loro alleati
tedeschi.
Se
riprendiamo il rapporto con le forze della Resistenza, come abbiamo visto è
facile dire che il Corpo Italiano di Liberazione è una forza militare
importante, decisiva e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi
militari, mentre l’esatto contrario è per le forze della Resistenza che, sotto
il profilo militare, sono insignificanti. Di contro se ci spostiamo sul piano
politico-sociale, sempre come abbiamo visto, tutto si capovolge, il Corpo
Italiano di Liberazione, politicamente diviene insignificante, tanto che
nessuno nelle Marche lo ricorda e la maggior parte non sa nemmeno che è esisto,
mentre le forze della Resistenza sono una forza importante. decisiva e
fondamentale perché stanno a dimostrare che gli Italiani sanno combattere, e
non accettano la libertà donata dall’alto e da altri.
Per
dimostrare questo, molte pagine sono di storia militare con un linguaggio per
specialisti, e qui occorre ribadire che il metodo adottato è quello storico,
applicato attraverso i suoi punti fondamentali, senza confondere il piano
militare e quello politico-sociale. Non
poteva finire in questa maniera perché la tesi esposta sarebbe stata confinata
ad un rispetto novero di persone, peraltro tutte partecipi a temi della Guerra
di Liberazione in modo appassionato. La ricostruzione dell’azione del Corpo
Italiano di Liberazione non poteva non essere integrata con testimonianze da
chi fu protagonista di quegli avvenimenti o da chi, come civile, come sfollato,
come essere umano li ha subiti.
Massimo Coltrinari
info: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
[1] E’ la manovra attuata dai tedeschi al
comando di Kesserling in Italia dal settembre 1943 all’aprile 1945.
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