I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

giovedì 29 settembre 2016

Madonna degli Angeli Cerimonia





ESERCITO ITALIANO AL SACELLO MILITARE MADONNA DEGLI ANGELI A SULMONA (AQ)

L’AQUILA, 2 novembre 2016
Oggi 2 novembre 2016, il Gen. B. Rino DE VITO, Comandante Militare dell’Esercito per l’Abruzzo, su invito dell’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, ha partecipato alla solenne cerimonia commemorativa in suffragio dei caduti di tutte le guerre e su tutti i fronti presso il Sacello militare Madonna degli Angeli sito in Badia, frazione di Sulmona (AQ).

Le Autorità militari, civili e religiose intervenute hanno potuto visitare il Sacello e successivamente hanno partecipato alla cerimonia iniziata con le note dell’Inno Nazionale e con l’ alzabandiera, proseguita con la deposizione di una corona d’alloro sulle note della Leggenda del Piave e con il Silenzio per concludersi con la celebrazione della Santa Messa officiata dal Parroco Don Andrea Accivile.





lunedì 26 settembre 2016

Brigata Maiella Parte V. Operazioni sul Cesano

(nota redazionale a cura di Federico Mammarella)

d) SLOGGIAMENTO DEL NEMICO DALLA RIVA MERIDIONALE

DEL FIUME CESANO
(14 - 19 agosto)

Il 13 agosto il C. I. L. viene trasferito sulla linea di Fabriano mentre il settore viene presidiato da un nuovo gruppo di cavalleria composto di tre reggimenti da ricognizione, nonché dal H.C.R. e dalla Brigata “Maiella” tutti sotto il comando del generale Bohusz-Szyszko.

Primo compito affidato alla “Maiella” entro la nuova formazione fu quello di assumere una parte del settore fino allora tenuto dal C. I. L. (183° reggimento fanteria) e di continuare la sorveglianza del proprio settore. Ciò ha nuova mente esteso il settore di competenza a 20 chilometri.
La sostituzione del C.I.L con la “Maiella” si effettua con l’assunzione, da parte di un plotone della Brigata di appena 40 uomini, del settore già affidato al 183° reggimento fanteria appoggiato da un gruppo di artiglieria, ciò perché il reggimento non aveva avuto contatto diretto col nemico essendo stata svolta l’attività di [39] operazioni soltanto dalle opposte artiglierie.

Resosi edotto della nuova situazione, il Comandante della Brigata lascia sulla direzione di Pergola una pattuglia di osservazione, mentre concentra il grosso della “Maiella” nella direzione Piticchio (170394) - San Lorenzo(150465).

Il 14 agosto le formazioni della “Maiella” sloggiano dalla dorsale Loretello(149428) - San Pietro (136425) le forze di copertura del nemico e prendono contatto col nemico fortemente piazzato sulla dorsale Monte secco [rectiusz Montesecco} (110430) - Mezzanotte (080418) a sud del fiume Cesano.
Contemporaneamente pattuglie della Brigata giungono sul fiume riconoscendone i passaggi e individuando le posizioni nemiche sulla riva settentrionale.

Correlativamente alla predisposta operazione del gruppo di cavalleria sul fiume Metauro, la “Maiella” riceve l’incarico di respingere il nemico nel proprio settore sulla riva nord del fiume, predisponendone i passaggi e le teste di ponte.

Per rendere possibile l’esecuzione di tale incarico il tenente colonnello Lewicki concentra ogni sforzo della Brigata al fine di occupare la dorsale di Montesecco che costituisce il principale punto di resistenza nemica a sud del fiume. L’operazione è condotta concentricamente da 3 parti, ovest, sud ed est.
Contemporaneamente pattuglie vengono appostate durante la notte dal 17 al 18 agosto a settentrione di Montesecco, cosicché quando l’ultimo {40] reparto nemico si ritira dalla città esso viene preso sotto il fuoco delle nostre mitragliatrici, subendo notevoli perdite.

Già nello stesso giorno la zona a sud del fiume Cesano viene rastrellata mentre pattuglie della “Maiella” inviate a nord riescono ad individuare le posizioni nemiche.

Malgrado il ripiegamento effettuato al di là del fiume, i tedeschi profittano dello sparso dislocamento della Brigata nella zona e conducono attive ricognizioni notturne al fine - secondo dichiarazioni rese da prigionieri catturati dalle pattuglie - di riconoscere l’entità delle nostre forze nel settore e soprattutto di constatare l’entità degli spostamenti sulle principali vie di comunicazione.


Una di tali pattuglie, utilizzando i servizi resi da un fascista del luogo, cerca di assaltare nella notte dal 19 al 20 agosto la sede del Comando della Brigata “Maiella” nella città di Piticchio. Grazie alla efficiente vigilanza dell’apposito corpo di guardia l’assalto viene sventato e il nemico e costretto a ripiegare oltre il fiume con notevoli perdite in morti e feriti.

domenica 25 settembre 2016

Testimonianze. 1944.

Di Federico Mammarella

Ricerca: Il Corpo Italiano di Liberazione da Jesi al Metauro
Oggetto: Intervista a Franco Del Baldo (Ad Mandinel)

Granarola (Gradara), Lunedì 2 Maggio 2016


 

“La mia famiglia aveva 20 ettari di terra, tutta la vallata sotto al monte di Granarola; alla fine della guerra, quando i tedeschi si ritirarono contammo ben 133 granate cadute sulla nostra proprietà, con voragini di 5-6 metri l’una e profonde 2-3 metri. Noi stavamo qui, in questa casa, ma a fine agosto un gruppo di tedeschi ci mandò via e vi si insediò, piazzando anche un cannone di contraerea. Noi dovemmo quindi sfollare sul monte, nelle grotte sopra via San Savino, vicino alla vecchia casa dei Mauri. 

Tutte le famiglie di questa parte (nord-est) del paese sfollarono in queste grotte, mentre quelle verso la chiesa si rifugiarono nelle grotte sotto al castello, dal lato verso Cattolica.
Quando cominciarono i bombardamenti alleati sulla zona, noi eravamo già sfollati, lasciando quindi campo libero alle truppe tedesche che potevano così controllare l’intera zona fino verso Tavullia-Borgo Santa Maria[1].

Essendo sul finire dell’estate, avevamo preparato i covoni del grano e aspettavamo il momento adatto per trebbiarli, ma l’avanzata del fronte alleato e la ritirata sulla linea difensiva dei tedeschi ci impedì di completare i lavori, cosicché tutti i covoni rimasero lì. 

Quando ricevemmo l’ordine di sfollare, ci raggiunsero nelle grotte anche un nostro zio di Gabicce ed un amico, pescatore, di Cattolica: mio zio portò con se la sua Fiat Balilla ed una motocicletta, mentre il pescatore portò 10 quintali di tonno come scorta. Si decise di nascondere tutto sotto ai covoni, ai quali aggiungemmo due cassoni di farina e, vicino, posizionammo anche i gabbioni dei conigli, con circa 50-60 animali dentro.

Nelle grotte eravamo al sicuro dai bombardamenti, essendo in aperta campagna e completamente invisibili dall’alto, mentre rimanere nelle case sarebbe stato più pericoloso, anche cercando di rispettare il coprifuoco, dal momento che una minima fiammella poteva diventare un facile bersaglio per i bombardieri inglesi. Ma, anche se eravamo al sicuro dalle bombe che piovevano dal cielo, non eravamo al sicuro dai tedeschi: infatti questi rastrellavano continuamente la zona in cerca di uomini adulti da arruolare nelle fila della Todt[2] e inviarli sul fiume Foglia per scavare le trincee anticarro e fortificare le difese. 

Con noi c’erano circa una ventina di uomini, e i tedeschi in qualche modo vennero a saperlo. Un giorno vedemmo salire verso la grotta una pattuglia di soldati, che puntavano verso di noi, sicuramente in cerca di questi uomini. Per salvarli, le donne escogitarono il seguente piano: fecero stendere tutti gli uomini sul fondo della grotta, e sopra vi posizionarono delle coperte e dei tappeti, sulle quali esse si sedettero, mettendosi a fare i loro lavori da massaia. Quando i tedeschi soldati arrivarono, cercarono dappertutto, ma non riuscendo a trovarli, se ne andarono senza successo.
Vicino casa, giù nella vallata, il cannone di contraerea intanto continuava a sparare. Un giorno riuscì a colpire un velivolo alleato che cadde poi nella zona di Santa Maria delle Fabbrecce (Pesaro).  

Nella galleria del treno (la tratta Ancona-Bologna), invece, i fascisti avevano nascosto armi e munizioni. I bombardieri inglesi, avendo intuito la cosa, cominciarono a bersagliare continuamente la galleria, ma essendo abbastanza ben protetta dallo strato superiore di terra, non riuscirono a farla saltare: gli aerei arrivavano in picchiata dal lato nord (lato Gradara); a circa 1,5 Km sganciavano gli ordigni, che arrivavano a colpire le immediate vicinanze della galleria per forza d’inerzia: vennero ritrovate traversine e pezzi di binari fino a circa 1 Km di distanza a causa delle esplosioni, ma le polveri e le munizioni non furono mai colpite.

Il bivio per Santo Stefano era presidiato da un carro armato tedesco: un giorno esso venne cetrato in pieno dall’aviazione inglese e l’equipaggio cercò dia mettersi in salvo ma uno di loro non vi riuscì. Quando quella sera scendemmo dal monte per andare a vedere da vicino cosa fosse successo, vidi la scena più brutta di tutta la mia vita: a tredici anni mi trovai davanti il corpo di quel soldato tedesco, bruciato vivo, morto tra le fiamme scaturite dall’esplosione. Non ho mai più dimenticato quella scena, e ancora oggi me la ricordo come fosse ieri.

Finalmente, tra il I e il 2 settembre, gli alleati riuscirono a sfondare la Linea a quota 204, nei pressi di Pozzo Alto, arrivando sul Conca il 2 stesso, facendo ritirare i tedeschi al di là del fiume, dove si trincerarono: Granarola era ormai fuori dai combattimenti diretti. Ma, prima di ritirarsi, i tedeschi compirono le ultime “eroiche” gesta: quel giorno, spirava un forte vento di maestrale, così i soldati in ritirata pensarono bene di appiccare il fuoco ai primi covoni al margine della proprietà, che con il vento a favore, ben presto si propagò a tutti gli altri, scatenando un inferno di fuoco e fiamme, bruciando ogni cosa e tutto ciò che vi avevamo nascosto: tonno, Balilla, motocicletta… i covoni bruciarono tutto il giorno, e la mattina successiva, quando scendemmo per controllare l’entità dei danni, i  midul ( il bastone centrale del covone) bruciavano ancora, e girando per quell’inferno, ritrovammo anche i gabbioni dei conigli, che purtroppo non erano riusciti a salvarsi, chiusi dalla rete metallica…

Quando sfollammo, avevamo con noi anche una cavalla con la sua puledrina, che portammo con noi su alle grotte. Ma i tedeschi, in ritirata, ci sequestrarono la cavalla, lasciandoci la puledra. Qualche anno dopo, a guerra finita, andammo alla Fiera di San Gregorio a Morciano di Romagna, l’antica fiera degli animali, e portammo con noi la puledra, che nel frattempo era diventata una bella cavalla; all’improvviso la cavalla si imbizzarrì e sparì. La ritrovammo più tardi assieme ad un’altra vecchia cavalla: sua madre. Quei soldati che la portarono via, probabilmente poi la persero durante i frenetici giorni della ritirata, e i due animali, annusandosi, si riconobbero subito, nonostante gli anni passati e non fu più possibile separarle, tanto che dovemmo ricomprare la nostra vecchia cavalla”
Ecco la storia di Franco.


Finito di raccontare, l’ho ringraziato, tendendogli la mano e lui me la strinse con forza, dicendomi: «Sono io che ringrazio te. E’ bello vedere un giovane come te che si interessa alla storia di noi anziani e alla storia del nostro paese! Tu devi sapere che la mia generazione ha vissuto un periodo di cambiamento estremo, che io definisco RIVOLUZIONE. Quando ero piccolo, ho arato questa terra con l’aratro in legno, lo stesso attrezzo usato fin dai tempi di Cristo, sempre uguale, senza innovazioni. Quando arrivò il primo aratro in ferro, con il vomere e le ruote, sembrò un cambiamento epocale. Ora abbiamo da poco comprato la nuova vendemmiatrice elettronica. Dimmi tu se questa non è una rivoluzione?»




[1] Dopo la presa di Montecassino (17 maggio 1944) e l'ingresso a Roma (4 giugno) da parte degli alleati, le armate tedesche in Italia si ritirano verso nord per attestarsi lungo la "Grüne Linie" (Linea Verde), più conosciuta col nome di "Linea Gotica": una fitta rete di fortificazioni che corre dal Tirreno (Grosseto) all'Adriatico (Pesaro) tagliando in due l'Italia, basata sul concetto di "difesa in profondità", che terrà fermo il fronte italiano per otto mesi. Fonti: http://www.lineagotica.eu/news.php?idk=9
[2] L'Organizzazione Todt (OT) fu una grande impresa di costruzioni che operò, dapprima nella Germania nazista, e poi in tutti i paesi occupati dalla Wehrmacht impiegando il lavoro coatto di più di 1.500.000 uomini e ragazzi. Creata da Fritz Todt, Reichsminister für Rüstung- und Kriegsproduktion (Ministro degli Armamenti e degli Approvvigionamenti), l'organizzazione operò in stretta sinergia con gli alti comandi militari durante tutta la Seconda guerra mondiale. Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_Todt

venerdì 23 settembre 2016

Una testimonianza

Comm. Giovanni Corvino
Via Marchianò n°16
71121 Foggia
Tel. 0881-636341 – 32897770368



Egr. dr. Coltrinari,
            conoscendo la Sua passione ed interessi per le vicende militari, ritenendo di farLe cosa grata, Le accludo copia del ruolino ricostituito del mio 1° plotone della 3^ compagnia del Battaglione Alpini “Piemonte”, con delle precisazioni a conferma di quanto Lei già conosce, provenienti da chi le ha realmente vissute.
            Come Lei sa il plotone ha partecipato alla conquista di Monte Marrone sul lato destro la notte del 31 marzo 1944, e come risulta dagli atti ufficiali, compresi quelli del Generale Utili, l’intervento degli uomini della 3^ compagnia (trattasi del 1° plotone) fu determinante nel respingere l’attacco tedesco nella notte di Pasqua del 9-10 aprile 1944.
            A fine di maggio la terza compagnia, passata dal Capitano Campanella, infortunatosi in una ricognizione, al Capitano Barbieri, con in testa il 1° plotone conquistò Colle dell’Altare ed il giorno successivo attraverso il Balzo della Cicogna scese alla Madonna del Canneto, ove fu uno scontro con i tedeschi in ritirata per proseguire il giorno dopo sul sentiero che portava ad Opi (fui decorato di Medaglia di Bronzo sul campo).
            Ma ormai la strada per Roma era aperta. Per cui il Battaglione Alpini “Piemonte” tornò alla base di Monte Marrone per essere trasferito con tutto il C.I.L. su settore Adriatico alle dipendenze dell’8^ Armata inglese, per l’avanzata sul settore Adriatico, Orsogna, Guardiangrele, Torre dei Passeri, l’Aquila, Ascoli Piceno, fiume Musone, incontrando anche grosse difficoltà e resistenze. La sera del 19 luglio, sul fiume Esino la 1^ e la 2^ compagnia del Battaglione Piemonte ebbero degli scontri con i tedeschi a Case Guglielmi, mentre il mattino del 20 luglio alle ore 7, con il mio plotone ho attraversato l’Esino e sono entrato a Jesi.
            Egregio dr. Coltrinari, io, nonostante la mia giovane età, solo 22 anni, avevo già maturata una grossa esperienza nella campagna di Russia, facevo parte, sempre come comandante di plotone fucilieri, del Battaglione “Val Cismon” del 9° alpini della Divisione Julia. Ero rientrato in  Italia nel gennaio 1943, perché ferito in combattimento da pallottola di parabellum a quota 205.6 del famoso quadrivio di Seleny Yar-Deserowka (fui decorato di Medaglia di Bronzo, anche se la proposta era per Medaglia d’Argento sul campo non andata in porto per i noti eventi della ritirata).
            L?8 settembre ero nell’Alta Val d’Isonzo, precisamente a Voschia (zona slava), dopo aver raggiunto il nostro Centro di Mobilitazione di Feltre e consegnato quanto eravamo riusciti a recuperare, fui ospite a casa del Tenente medico della mia compagnia, dr. Salvatore Vergani, a Montebelluna e dopo qualche giorno di valutazione per quale decisione prendere, fui catturato il 15 settembre, ad Ancona dai tedeschi e trascorsi 15 giorni, come prigioniero nella Caserma Cialdini. Prevedendo di essere internato, riusci a liberarmi ed il 13 ottobre 1943 attraversai la linea Gustav tra Guglionesi e Montenero di Bisaccia (Termoli).
            Una volta al Sud, dal Distretto Militare di Foggia fui inviato prima a Bari al Comando Tappa n.8 e poi a Lecce al Comando Tappa n.10 per essere poi destinato a Bari presso il costituente Reparto Esplorante Alpini (forza una compagni mista tra alpini ed artiglieri alpini) comandata dal Capitano Renato Maiorca. Il Reparto fu trasferito ad Alberobello per iniziare la preparazione e successivamente a Nardò ove si erano radunati altri alpini e fu costituito un Battaglione di Alpini ed una Batteria di Artiglieria Alpina denominato priam Battaglione Alpini Taurinense, poi Battaglione Alpini Piemonte. Per vari motivi il Battaglione fu trasferito a Cisternino per completare l’addestramento.
            Il Battaglione Alpini Piemonte entrò a far parte del 1° Raggruppamento Motorizzato, che già l’8 dicembre era stato impiegato a Montelungo, per cui nei primi di marzo il Battaglione fu trasportato nella zone delle Mainarde (Colli al Volturno-Scapoli-Castelnuovo al Volturno) per poi essere  impiegato nella conquista di Monte Marrone.
            Del periodo 5 anni, trascorsi con l divisa grigio-verde, sono soddisfatto, ho sempre fatto al meglio il mio dovere e ne rimango grato, perché partito volontario a 18 anni, come un bambino, sono fortunato, perché ho riportato a casa il mio telaio, con tanta esperienza e maturità, capace di affrontare le gioie ed i dolori che la vita ci offre.

            Mi scusi per la lunga chiacchierata e per il tempo che le ho rubato e cordialmente La saluto.