I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

domenica 25 settembre 2016

Testimonianze. 1944.

Di Federico Mammarella

Ricerca: Il Corpo Italiano di Liberazione da Jesi al Metauro
Oggetto: Intervista a Franco Del Baldo (Ad Mandinel)

Granarola (Gradara), Lunedì 2 Maggio 2016


 

“La mia famiglia aveva 20 ettari di terra, tutta la vallata sotto al monte di Granarola; alla fine della guerra, quando i tedeschi si ritirarono contammo ben 133 granate cadute sulla nostra proprietà, con voragini di 5-6 metri l’una e profonde 2-3 metri. Noi stavamo qui, in questa casa, ma a fine agosto un gruppo di tedeschi ci mandò via e vi si insediò, piazzando anche un cannone di contraerea. Noi dovemmo quindi sfollare sul monte, nelle grotte sopra via San Savino, vicino alla vecchia casa dei Mauri. 

Tutte le famiglie di questa parte (nord-est) del paese sfollarono in queste grotte, mentre quelle verso la chiesa si rifugiarono nelle grotte sotto al castello, dal lato verso Cattolica.
Quando cominciarono i bombardamenti alleati sulla zona, noi eravamo già sfollati, lasciando quindi campo libero alle truppe tedesche che potevano così controllare l’intera zona fino verso Tavullia-Borgo Santa Maria[1].

Essendo sul finire dell’estate, avevamo preparato i covoni del grano e aspettavamo il momento adatto per trebbiarli, ma l’avanzata del fronte alleato e la ritirata sulla linea difensiva dei tedeschi ci impedì di completare i lavori, cosicché tutti i covoni rimasero lì. 

Quando ricevemmo l’ordine di sfollare, ci raggiunsero nelle grotte anche un nostro zio di Gabicce ed un amico, pescatore, di Cattolica: mio zio portò con se la sua Fiat Balilla ed una motocicletta, mentre il pescatore portò 10 quintali di tonno come scorta. Si decise di nascondere tutto sotto ai covoni, ai quali aggiungemmo due cassoni di farina e, vicino, posizionammo anche i gabbioni dei conigli, con circa 50-60 animali dentro.

Nelle grotte eravamo al sicuro dai bombardamenti, essendo in aperta campagna e completamente invisibili dall’alto, mentre rimanere nelle case sarebbe stato più pericoloso, anche cercando di rispettare il coprifuoco, dal momento che una minima fiammella poteva diventare un facile bersaglio per i bombardieri inglesi. Ma, anche se eravamo al sicuro dalle bombe che piovevano dal cielo, non eravamo al sicuro dai tedeschi: infatti questi rastrellavano continuamente la zona in cerca di uomini adulti da arruolare nelle fila della Todt[2] e inviarli sul fiume Foglia per scavare le trincee anticarro e fortificare le difese. 

Con noi c’erano circa una ventina di uomini, e i tedeschi in qualche modo vennero a saperlo. Un giorno vedemmo salire verso la grotta una pattuglia di soldati, che puntavano verso di noi, sicuramente in cerca di questi uomini. Per salvarli, le donne escogitarono il seguente piano: fecero stendere tutti gli uomini sul fondo della grotta, e sopra vi posizionarono delle coperte e dei tappeti, sulle quali esse si sedettero, mettendosi a fare i loro lavori da massaia. Quando i tedeschi soldati arrivarono, cercarono dappertutto, ma non riuscendo a trovarli, se ne andarono senza successo.
Vicino casa, giù nella vallata, il cannone di contraerea intanto continuava a sparare. Un giorno riuscì a colpire un velivolo alleato che cadde poi nella zona di Santa Maria delle Fabbrecce (Pesaro).  

Nella galleria del treno (la tratta Ancona-Bologna), invece, i fascisti avevano nascosto armi e munizioni. I bombardieri inglesi, avendo intuito la cosa, cominciarono a bersagliare continuamente la galleria, ma essendo abbastanza ben protetta dallo strato superiore di terra, non riuscirono a farla saltare: gli aerei arrivavano in picchiata dal lato nord (lato Gradara); a circa 1,5 Km sganciavano gli ordigni, che arrivavano a colpire le immediate vicinanze della galleria per forza d’inerzia: vennero ritrovate traversine e pezzi di binari fino a circa 1 Km di distanza a causa delle esplosioni, ma le polveri e le munizioni non furono mai colpite.

Il bivio per Santo Stefano era presidiato da un carro armato tedesco: un giorno esso venne cetrato in pieno dall’aviazione inglese e l’equipaggio cercò dia mettersi in salvo ma uno di loro non vi riuscì. Quando quella sera scendemmo dal monte per andare a vedere da vicino cosa fosse successo, vidi la scena più brutta di tutta la mia vita: a tredici anni mi trovai davanti il corpo di quel soldato tedesco, bruciato vivo, morto tra le fiamme scaturite dall’esplosione. Non ho mai più dimenticato quella scena, e ancora oggi me la ricordo come fosse ieri.

Finalmente, tra il I e il 2 settembre, gli alleati riuscirono a sfondare la Linea a quota 204, nei pressi di Pozzo Alto, arrivando sul Conca il 2 stesso, facendo ritirare i tedeschi al di là del fiume, dove si trincerarono: Granarola era ormai fuori dai combattimenti diretti. Ma, prima di ritirarsi, i tedeschi compirono le ultime “eroiche” gesta: quel giorno, spirava un forte vento di maestrale, così i soldati in ritirata pensarono bene di appiccare il fuoco ai primi covoni al margine della proprietà, che con il vento a favore, ben presto si propagò a tutti gli altri, scatenando un inferno di fuoco e fiamme, bruciando ogni cosa e tutto ciò che vi avevamo nascosto: tonno, Balilla, motocicletta… i covoni bruciarono tutto il giorno, e la mattina successiva, quando scendemmo per controllare l’entità dei danni, i  midul ( il bastone centrale del covone) bruciavano ancora, e girando per quell’inferno, ritrovammo anche i gabbioni dei conigli, che purtroppo non erano riusciti a salvarsi, chiusi dalla rete metallica…

Quando sfollammo, avevamo con noi anche una cavalla con la sua puledrina, che portammo con noi su alle grotte. Ma i tedeschi, in ritirata, ci sequestrarono la cavalla, lasciandoci la puledra. Qualche anno dopo, a guerra finita, andammo alla Fiera di San Gregorio a Morciano di Romagna, l’antica fiera degli animali, e portammo con noi la puledra, che nel frattempo era diventata una bella cavalla; all’improvviso la cavalla si imbizzarrì e sparì. La ritrovammo più tardi assieme ad un’altra vecchia cavalla: sua madre. Quei soldati che la portarono via, probabilmente poi la persero durante i frenetici giorni della ritirata, e i due animali, annusandosi, si riconobbero subito, nonostante gli anni passati e non fu più possibile separarle, tanto che dovemmo ricomprare la nostra vecchia cavalla”
Ecco la storia di Franco.


Finito di raccontare, l’ho ringraziato, tendendogli la mano e lui me la strinse con forza, dicendomi: «Sono io che ringrazio te. E’ bello vedere un giovane come te che si interessa alla storia di noi anziani e alla storia del nostro paese! Tu devi sapere che la mia generazione ha vissuto un periodo di cambiamento estremo, che io definisco RIVOLUZIONE. Quando ero piccolo, ho arato questa terra con l’aratro in legno, lo stesso attrezzo usato fin dai tempi di Cristo, sempre uguale, senza innovazioni. Quando arrivò il primo aratro in ferro, con il vomere e le ruote, sembrò un cambiamento epocale. Ora abbiamo da poco comprato la nuova vendemmiatrice elettronica. Dimmi tu se questa non è una rivoluzione?»




[1] Dopo la presa di Montecassino (17 maggio 1944) e l'ingresso a Roma (4 giugno) da parte degli alleati, le armate tedesche in Italia si ritirano verso nord per attestarsi lungo la "Grüne Linie" (Linea Verde), più conosciuta col nome di "Linea Gotica": una fitta rete di fortificazioni che corre dal Tirreno (Grosseto) all'Adriatico (Pesaro) tagliando in due l'Italia, basata sul concetto di "difesa in profondità", che terrà fermo il fronte italiano per otto mesi. Fonti: http://www.lineagotica.eu/news.php?idk=9
[2] L'Organizzazione Todt (OT) fu una grande impresa di costruzioni che operò, dapprima nella Germania nazista, e poi in tutti i paesi occupati dalla Wehrmacht impiegando il lavoro coatto di più di 1.500.000 uomini e ragazzi. Creata da Fritz Todt, Reichsminister für Rüstung- und Kriegsproduktion (Ministro degli Armamenti e degli Approvvigionamenti), l'organizzazione operò in stretta sinergia con gli alti comandi militari durante tutta la Seconda guerra mondiale. Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_Todt

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