MIGNANO
"la
Morte ,.. Ella produce
le
semenze che noi nella ruina
seminerem
cantando...
(D’Annunzio
– Merope)
Al termine della discussione sulla manovra
di Montesarchio, il generale Keyes, comandante il II° Corpo d'Armata americano,
concludeva: “il Raggruppamento italiano ha molte deficienze di mezzi rispetto
alle unità americane, ma lo spirito dei suoi soldati è oltremodo elevato. Vi
darò un compito adeguato alle vostre possibilità.”
Il compito fu presto definito. I tedeschi
si erano installati con cospicue opere di difesa sulla linea Monte Sammucro -
Monte Lungo - Monte Maggiore, che tagliava la via di Cassino un po' a nord di
Mignano. Obbiettivo assegnato alle nostre truppe: conquistare d'assalto il M.
Lungo che s'erge nudo, colle sue tre cime dalle linee dolci, al centro della
valle, a domina re la strada ferrata e la via Casilina che lo circondano con
movimento elicoidale. La posizione era tenuta saldamente da truppe tedesche da
montagna, organizzate da diverse settimane in postazioni fisse ed appoggiate da
forti nuclei di riserve.
Il 51° Nucleo di Sanità motorizzato si
trasferì in linea la sera del 6 dicembre e si impiantò sulla destra della
rotabile a ridosso dei roccioni di Valle Lauro; un po' indietro occhieggiava
fra le roccie ed il verde la famosa casetta rossa, sede del cornando tattico
del 1° Raggruppamento, in faccia al villaggio di Campozillone. Il terreno
pantanoso, assolutamente impraticabile, impedì ai nostri automezzi di
addentrarsi fra le quercie e gli ulivi e dovettero parcheggiare ai margini
delle strade.
Il lavoro di impianto è febbrile perché
solo ventiquattr'ore ci separano dall'inizio dell'azione. Giungono i primi
fanti del 67° fatti segno a colpi di mortaio durante il cambio colle truppe
americane mentre, il Nucleo di Sanità è ancora in crisi di trasferimento. I feriti
vengono immediatamente soccorsi e sgomberati, mentre intorno le artiglierie piovono
fuoco e morte.
8 dicembre. L'alba incerta è già offuscata
da una densa cortina di nebbia che salendo dagli anfratti del fondo valle e
dalle forre montane va ad incapucciare le cime. Al rombo ed allo scroscio delle
artiglierie pesanti che fanno a massa una intensa preparazione di fuoco,
succede il silenzio profondo della azione dei fanti che scattano all'ora X,
l'ora di un giorno tanto temuto e bramato che deve interrompere la catena di
errori e riallacciarci ad una tradizione di onore e di eroismo.
Sui fianchi lacerati del monte infuria la
lotta fra il crepitio delle mitragliatrici ed il colpo sordo dei mortai; i bersaglieri
si slanciano sulle pendici di colle S. Giacomo, ove incontrano una accanita
resistenza; le compagnie del 67° attaccano di fronte i costoni di Monte Lungo.
Cadono i primi eroi sotto i colpi della ringhiosa difesa dell'avversario; due
quote vengono raggiunte da ardimentosi manipoli, un ufficiale che cade in testa
al suo plotone tiene stretta in pugno una bandiera tricolore... Avanti
cavalieri dell'onore, cavalieri della morte! Gli animi di tutti sono protesi
verso le roccie maciullate attraverso la cortina di nebbia e vivono con un’ansia
struggente la tragedia di quegli istanti.
Passano di bocca in bocca i nomi delle
quote e le quote senza nome, l'animo viaggia trepidamente sulla tenue rete dei
fili telefonici e fruga fra le notizie e scruta sui volti; gli occhi si inumidiscono
di commozione, le ma m s1 serrano convulsamente; il cuore balza alla gola ... Su!
su! E' l'ora del riscatto, della riabilitazione, delle grandi speranze! La
folla dei sentimenti pervade tutti, dall'ultimo soldato, al Generale, al
Principe di Piemonte che all'osservatorio avanzato vive intensamente tutti i
momenti dello storico dramma: tutti vorrebbero in quel momento abbracciare
spiritualmente gli eroi presenti, i vivi ed i morti, quelli lontani nel tempo e
nello spazio, vorrebbero in quel momento abbracciare come in un amplesso
materno la Patria il cui alito è tutto d'attorno...
La scarsa visibilità dovuta alla nebbia
imprevista, il peso della difesa avversaria che risultò di gran lunga superiore
ai dati forniti dal servizio di informazioni, il mancato intervento di azioni
concomitanti tanto sulla destra che sulla sinistra, l'impossibilità infine del
promesso concorso dell'aviazione a causa delle condizioni atmosferiche: tutti
fattori che il nemico sfrutta, sì che i nostri, infiltratisi nel suo
dispositivo, vengono fatti segno ad un fuoco concentrato di armi automatiche
ed artiglierie. Il monte non si presta
ad appigli. I tedeschi tentano l'accerchiamento e ne segue una lotta selvaggia
a corpo a corpo. E' giocoforza ritornare sulle posizioni di partenza. Il costone
del monte e le pendici sono seminati di morti e di feriti, ma il cuore di tutti
è inchiodato là, su quelle tre cime e, nei giorni 15 e 16, dopo un logorio
ininterrotto di corpi ma non di spiriti, dopo che su molte membra è stato
impresso col ferro e col fuoco lo stigma del dolore, dalle gole dei nostri
fanti e bersaglieri erompe il grido di vittoria, un primo varco sulla via di
Cassino è aperto.