Dal
diario di Francesca Bonci.
10 luglio 1944“ La nottata è passata e la giornata
presente sono state relativamente movimentate. In ogni modo noi stiamo più in
cantina che nelle stanze di sopra. I cannoni dei Polacchi continuano a
martellare verso Santo Stefano. Sono piazzati sotto la strada di Gambò e dalla
parte di strada Giulia: I loro colpi ora non ci fanno più paura perché sappiamo
, ormai ad abitudine presa, che queste cannonate vanno solamente .”
Anche se Francesca Bonci e tutti
gli Osimani non sapevano che a Filottrano il Corpo Italiano di Liberazione
aveva, nei giorni 7, 8 e 9 luglio combattuto aspramente, la pressione su Osimo
dei tedeschi era, per questi combattimenti vittoriosi, un pochino allentata. La
popolazione in Osimo, come quella delle marche in generale, non era a
conoscenza le truppe Alleate, come abbiamo visto, erano composte da Polacchi.
Tutti ritenevano, fino a che non li vedevano direttamente, che si trattasse di
Britannici. Ancor meno sapevano che inquadrato nel Corpo d’Armata Polacco,
operava, agli ordini diretti del comandante Polacco, Anders, un contingente
italiano. Un contingente che ammontava a 25.000 uomini, organizzati in una
formazione che, equipaggiata ed armata solo con materiale italiano,
rappresentava, agli occhi degli Alleati ed anche dei nemici, la più grossa
formazione combattente contro la coalizione hitleriana. Non vi era, di contro,
una analoga formazione di pari livello ordinativo nelle file della Repubblica
Sociale Italiana: il Comando tedesco non aveva alcuna fiducia nelle formazioni
militari di Mussolini, troppo politicizzate e compromesse.[1] L’unica formazione che era
in linea era il battaglione “Barbarigo” della X Flottiglia MAS, sul fronte di
Anzio; la questa formazione non era inquadrata nelle strutture organiche della
Repubblica Sociale Italiana ma frutto di un accordo tra il principe Valerio Borghese
ed il Comando Tedesco, ed agiva praticamente in assoluta autonomia.
Riprenderemo
più avanti questo concetto, ma fin da adesso si vuole sottolineare che il Corpo
Italiano di Liberazione era inquadrato nel II Corpo d’Armata Polacco,
rappresentando un terzo delle forze combattenti del medesimo e, agli ordini del
suo Comandante, Anders, operava lungo la dorsale adriatica. Il Corpo d’Arma
Polacco era l’unica Grande Unità che agiva in questo settore. Sembra una
banalità, ma la deduzione è semplice: le Marche, come gran parte dell’Abruzzo,
sono state “liberate” dai Polacchi, ovvero da Polacchi e dagli Italiani.
Estendo il concetto Ancona, la più grande vittoria di Anders in questo periodo,
se si vuole essere precisi, è stata liberata dai Polacchi e dagli Italiani, ove
i primi hanno svolto sia l’azione di
fissaggio che l’azione di rottura del fronte nemico, ed i secondo l’azione di
copertura del fianco sinistro da eventuali azioni avvolgenti nemiche. Sembrano
sottigliezze, ma la memoria storica non può essere tramandata ignorando
completamente la parte svolta dal Corpo
Italiano di Liberazione nella liberazione delle Marche e di Ancona, in
particolare. Ma questo si inserisce in situazioni contingenti coeve,
l’interesse polacco ad essere gli unici protagonisti che si somma all’interesse
britannico a sminuire ed emarginare ogni contributo combattente italiano, per
paura e tema che, al momento della vittoria gli Italiani, vinti e sconfitti,
avanzassero pretese.
[1] La
Germania aveva autorizzato a formare, in Germania, quattro divisioni, che i
quel torno di tempo erano o nella fase finale dell’addestramento o in fase di
rientro in Italia. Il lor impiego non era previsto al fronte medi rionale,
contro gli Alleati, ma solamente in funzione antiribelli, ovvero italiani
contro italiani. I tedeschi non volevano fare il cosiddetto “lavoro sporco”,
ovvero l’attività antiguerriglia.
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