Il II Corpo d’Armata Polacco, che sostituisce
nel versante adriatico il I Corpo d’Armata Britannico, è duramente provato a
Cassino ed ha bisogno di organizzarsi, tantochè il gen. Anders, per non
usurarlo troppo ed andare incontro a spiacevoli sorprese, impiega una sola
divisone, la Karpatica, lungo la
litoranea, tenendo praticamente in riserva il resto del Corpo. All’interno la
manovra è affidata al Corpo Italiano di Liberazione. Inizialmente, oltre
Pescara, è operativa solo la 184a compagna motociclisti della Nembo, che si dirige prima verso
l’Aquila poi a Teramo. Sono zone praticamente sgombre di tedeschi, tranne
qualche elemento ritardatore. I soldati della Nembo invitano la popolazione a dare un contributo sostanziale al
ripristino delle strade. Quando il grosso del Corpo Italiano di Liberazione si
mette in marcia, questa funzione è ben assolta.
Il fronte
adriatico, quindi, vede lungo la litoranea l’avanzare della divisione Karpatica, ed all’interno il Corpo
Italiano di Liberazione. Questi, nell’avanzata, mostra tutti i suoi difetti, il
principale del quale è il fatto che non è motorizzato, per cui in realtà su
mezzi, autotrasportata, si muove solo la Nembo, scaglionata in profondità.
Questo dello scaglionamento in profondità delle
truppe è una caratteristica dell’impiego del Corpo Italiano di Liberazione in
quanto il pericolo sul fianco da parte dei tedeschi è inesistente. Scrive
Massimo Mazzetti:
“…..per cui abbiamo sempre una forza
rilevante a sinistra non si sa bene perche. Comunque è chiaro, che la forza
d’urto di queste unità, l’una scarsamente motorizzata e l’altra duramente
provata, non poteva essere trascinante, anche se l’avanzata procede bene in
effetti, però, la prima resistenza, è nell’area di Filottrano, rappresenta per
gli Italiani l’unico grande combattimento che hanno sostenuto. Per quanto
riguardai polacchi, le cose sono un po’ diverse...”[1]
I Polacchi combattono in Italia pensando
alla Polonia e devono conseguire vittorie sul terreno da far pesare, poi, sul piano politico. Questo si sposa con
l’interesse britannico, di contro, a non dare opportunità agli Italiani di
conquistare sul terreno vittorie che poi sarebbero imbarazzanti sul piano
politico. Da qui l’azione su Ancona, che viene sostanzialmente sviluppata solo dai Polacchi.
L’azione principale, quella di rottura viene fatta dai Polacchi stessi; agli
Italiani seguono e coprono solo il fianco sinistro, quello destro non esiste in
quanto vi è il mare, costretti a sostenere solo piccoli scontri.
Scrive
ancora Massimo Mazzetti
“Non mi sembra che il comando del Corpo di
Liberazione Italiano si sia reso conto, preoccupato come era solo di limitare
le perdite, che in realtà c’erano dei problemi più gravi, i tempi d’arresto
imposto dai tedeschi avevano un motivo ben preciso, cioè di far perdere tempo.
Quando gli americani sono arrivati ormai
all’ Arno, quando gli inglesi si sono avvicinati a Firenze , questi ultimi si
sono resi conto, ed è il Comando dell’VIII Armata, non la testa gloriosa del
Comando del Gruppo d’Armate, (il Maresciallo Harold Alexander, n.d.a), che si rende conto che la direttrice di
penetrazione più facile è quella adriatica. Allora viene ritirato il Corpo di
Liberazione Italiano, e viene sostituito da una serie di unità di punta
canadesi, che dovevano impartire il colpo d’ariete.” [2]
In questa situazione, nelle more
dell’errore di Alexander di non aver compreso che la direttrice adriatica era
la più redditizia, attirati come sono i comandanti alleati dal miraggio di
arrivare a liberare Roma per primi, come accadde al gen. Clark, ed allo stesso
Alexander, Firenze, per trovarsi poi ai piedi degli Appennini al termine della
stagione estiva, Mazzetti, e non si può non concordare con lui, muove una critica
al Comando del Corpo di Liberazione Italiano. In sostanza si imputa non solo ad
Utili, ma a tutto il suo Stato Maggiore, di non aver afferrato, non solo
l’importanza di non subire perdite, e quello di non correre rischi tipo rovesci
di Montelungo, ma che, data la situazione determinatesi dal vuoto del ritiro
tedesco nel settore adriatico, e, sfruttando gli errori strategico-operativi di
Alexander, era estremamente importante e conveniente che gli Italiani riuscissero a trasformarsi
nella punta di diamante dell’offensiva, prima su Ancona, poi verso la linea
gotica, non solo per questioni morali, ma anche perché la rapidità d’avanzata
sul versante adriatico era essenziale per la fine della guerra in Italia. Non
aver prima compreso e poi attuato questo condiziona tutto l’operato del Corpo
Italiano di Liberazione.
Utili, dopo Filottrano, doveva o
avrebbe potuto in modo fermo, su questa linea di pensiero, insistere presso
Anders, di utilizzare il Corpo Italiano di Liberazione per poter svolgere un
ruolo attivo e fondamentale nella conquista di Ancona. Le posizioni tedesche
sul Monte della Crescia, perno della difesa tedesca, non erano tali da poter
non essere superate, o almeno partecipare insieme ai Polacchi al loro
investimento, e questo avrebbe dato un ampio lustro sia al Corpo Italiano di
Liberazione che all’Italia.
Queste riflessioni, naturalmente, non
cambiano il corso della storia, ma voglio sottolineare che il C.I.L., dopo
Filottrano abbia perso una occasione, quella di essere protagonista per la
presa di Ancona, in quando vi erano spazi per questo. Ma troppo debole era il
tessuto tattico-operativo a cui si proveniva, troppo labile il potere del
maresciallo Messe, Capo di Stato Maggiore Generale e ancora più debole il
potere politico. Non si poteva rischiare quel poco che Filottrano aveva dato in
termini di prestigio, imvestendolo in azioni di ampia redditività
politico-strategica, ma ben al di là della difficile situazione in cui il
C.I.L. si dibatteva.
In sostanza, non si è voluto
rischiare e ci si è accontentati di un ruolo subalterno nel quadro delle
operazioni.
[1] Mazzetti
M., Aspetti operativi della campagna primavera-estate 1944, in Atti del Convegno di Studi, Corinaldo 22.23.24
Giugno 1994, Sala Grande del Comune, Roma, Centro Studi e Ricerche sulla Guerra
di Liberazione, Scena Illustrata Editrice, 1996.
[2] Mazzetti
M., Aspetti operativi della campagna primavera-estate 1944, cit..
Secondo Mazzetti, …”la mancata
comprensione dell’utilità della direttrice adriatica, ha provocato il prolungamento di alcuni mesi, quelli invernali 1944-1945,
della guerra in Italia. Questo perché, se la gravitazione sulla linea adriatica
fosse stata operata fin dall’inizio, avrebbe dato la possibilità alle truppe alleate
di trovarsi al di là della linea degli Appennini, prima che le piogge
bloccassero ogni cosa, avrebbe permesso di muovere senza troppe difficoltà come
avverrà, in fondo, nell’aprile dell’anno dopo”.
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