I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

domenica 7 luglio 2019

La conquista di Ancona Luglio 1944 La situazione tattico Operativa





 Il II Corpo d’Armata Polacco, che sostituisce nel versante adriatico il I Corpo d’Armata Britannico, è duramente provato a Cassino ed ha bisogno di organizzarsi, tantochè il gen. Anders, per non usurarlo troppo ed andare incontro a spiacevoli sorprese, impiega una sola divisone, la Karpatica, lungo la litoranea, tenendo praticamente in riserva il resto del Corpo. All’interno la manovra è affidata al Corpo Italiano di Liberazione. Inizialmente, oltre Pescara, è operativa solo la 184a compagna motociclisti della Nembo, che si dirige prima verso l’Aquila poi a Teramo. Sono zone praticamente sgombre di tedeschi, tranne qualche elemento ritardatore. I soldati della Nembo invitano la popolazione a dare un contributo sostanziale al ripristino delle strade. Quando il grosso del Corpo Italiano di Liberazione si mette in marcia, questa funzione è ben assolta.
Il fronte adriatico, quindi, vede lungo la litoranea l’avanzare della divisione Karpatica, ed all’interno il Corpo Italiano di Liberazione. Questi, nell’avanzata, mostra tutti i suoi difetti, il principale del quale è il fatto che non è motorizzato, per cui in realtà su mezzi, autotrasportata, si muove solo la Nembo, scaglionata in profondità.
Questo dello scaglionamento in profondità delle truppe è una caratteristica dell’impiego del Corpo Italiano di Liberazione in quanto il pericolo sul fianco da parte dei tedeschi è inesistente. Scrive Massimo Mazzetti:
“…..per cui abbiamo sempre una forza rilevante a sinistra non si sa bene perche. Comunque è chiaro, che la forza d’urto di queste unità, l’una scarsamente motorizzata e l’altra duramente provata, non poteva essere trascinante, anche se l’avanzata procede bene in effetti, però, la prima resistenza, è nell’area di Filottrano, rappresenta per gli Italiani l’unico grande combattimento che hanno sostenuto. Per quanto riguardai polacchi, le cose sono un po’ diverse...”[1]

I Polacchi combattono in Italia pensando alla Polonia e devono conseguire vittorie sul terreno da far pesare, poi,  sul piano politico. Questo si sposa con l’interesse britannico, di contro, a non dare opportunità agli Italiani di conquistare sul terreno vittorie che poi sarebbero imbarazzanti sul piano politico. Da qui l’azione su Ancona, che viene  sostanzialmente sviluppata solo dai Polacchi. L’azione principale, quella di rottura viene fatta dai Polacchi stessi; agli Italiani seguono e coprono solo il fianco sinistro, quello destro non esiste in quanto vi è il mare, costretti a sostenere solo piccoli scontri.
Scrive ancora Massimo Mazzetti
Non mi sembra che il comando del Corpo di Liberazione Italiano si sia reso conto, preoccupato come era solo di limitare le perdite, che in realtà c’erano dei problemi più gravi, i tempi d’arresto imposto dai tedeschi avevano un motivo ben preciso, cioè di far perdere tempo. Quando gli americani sono  arrivati ormai all’ Arno, quando gli inglesi si sono avvicinati a Firenze, questi ultimi si sono resi conto, ed è il Comando dell’VIII Armata, non la testa gloriosa del Comando del Gruppo d’Armate, (il Maresciallo Harold Alexander, n.d.a), che si rende conto che la direttrice di penetrazione più facile è quella adriatica. Allora viene ritirato il Corpo di Liberazione Italiano, e viene sostituito da una serie di unità di punta canadesi, che dovevano impartire il colpo d’ariete.” [2]
In questa situazione, nelle more dell’errore di Alexander di non aver compreso che la direttrice adriatica era la più redditizia, attirati come sono i comandanti alleati dal miraggio di arrivare a liberare Roma per primi, come accadde al gen. Clark, ed allo stesso Alexander, Firenze, per trovarsi poi ai piedi degli Appennini al termine della stagione estiva, Mazzetti, e non si può non concordare con lui, muove una critica al Comando del Corpo di Liberazione Italiano. In sostanza si imputa non solo ad Utili, ma a tutto il suo Stato Maggiore, di non aver afferrato, non solo l’importanza di non subire perdite, e quello di non correre rischi tipo rovesci di Montelungo, ma che, data la situazione determinatesi dal vuoto del ritiro tedesco nel settore adriatico, e, sfruttando gli errori strategico-operativi di Alexander, era estremamente importante e conveniente  che gli Italiani riuscissero a trasformarsi nella punta di diamante dell’offensiva, prima su Ancona, poi verso la linea gotica, non solo per questioni morali, ma anche perché la rapidità d’avanzata sul versante adriatico era essenziale per la fine della guerra in Italia. Non aver prima compreso e poi attuato questo condiziona tutto l’operato del Corpo Italiano di Liberazione.
Utili, dopo Filottrano, doveva o avrebbe potuto in modo fermo, su questa linea di pensiero, insistere presso Anders, di utilizzare il Corpo Italiano di Liberazione per poter svolgere un ruolo attivo e fondamentale nella conquista di Ancona. Le posizioni tedesche sul Monte della Crescia, perno della difesa tedesca, non erano tali da poter non essere superate, o almeno partecipare insieme ai Polacchi al loro investimento, e questo avrebbe dato un ampio lustro sia al Corpo Italiano di Liberazione che all’Italia.
Queste riflessioni, naturalmente, non cambiano il corso della storia, ma voglio sottolineare che il C.I.L., dopo Filottrano abbia perso una occasione, quella di essere protagonista per la presa di Ancona, in quando vi erano spazi per questo. Ma troppo debole era il tessuto tattico-operativo a cui si proveniva, troppo labile il potere del maresciallo Messe, Capo di Stato Maggiore Generale e ancora più debole il potere politico. Non si poteva rischiare quel poco che Filottrano aveva dato in termini di prestigio, imvestendolo in azioni di ampia redditività politico-strategica, ma ben al di là della difficile situazione in cui il C.I.L. si dibatteva.
In sostanza, non si è voluto rischiare e ci si è accontentati di un ruolo subalterno nel quadro delle operazioni.   



[1] Mazzetti M., Aspetti operativi della campagna primavera-estate 1944, in Atti del Convegno di Studi, Corinaldo 22.23.24 Giugno 1994, Sala Grande del Comune, Roma, Centro Studi e Ricerche sulla Guerra di Liberazione, Scena Illustrata Editrice, 1996.
[2] Mazzetti M., Aspetti operativi della campagna primavera-estate 1944, cit.. Secondo Mazzetti, …”la mancata comprensione dell’utilità della direttrice adriatica, ha provocato  il prolungamento  di alcuni mesi, quelli invernali 1944-1945, della guerra in Italia. Questo perché, se la gravitazione sulla linea adriatica fosse stata operata fin dall’inizio, avrebbe dato la possibilità alle truppe alleate di trovarsi al di là della linea degli Appennini, prima che le piogge bloccassero ogni cosa, avrebbe permesso di muovere senza troppe difficoltà come avverrà, in fondo, nell’aprile dell’anno dopo”.

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