massimo coltrinari
Curatore: Massimo Coltrinari; email:direttore.cesvam@istitutonastroazzurro.org.it) ll blog è attivato per ricevere note, articoli, saggi, studi, contributi, notizie e documenti sulla attività del Corpo Italiano di Liberazione operante nelle Marche dal giugno al settembre 1944 ed altri contributi sulla storia delle Marche nella Guerra di Liberazione 1943-1945. e per approfondimenti di Storia Militare delle Marche nell'ambito del Club Ufficiali Marchigiani.
I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
venerdì 15 dicembre 2017
domenica 5 novembre 2017
Il C.I.L. da Jesi al Metauro III
MOVIMENTI E TRASFERIMENTI Dl UNITÀ - RIDUZIONE DELLA FORZA OPERANTE DEL C.
I. L.
In conformità
con le direttive generali emanate dall'8a armata britannica, il
Corpo polacco mentre ancora le unità del C. I. L. stavano completando il loro
schieramento nel nuovo settore — dispose che il C. I. L. si trasferisse a sud
di Macerata, nella zona di Loro Piceno, «allo scopo di riorganizzarsi,
rimettersi in efficienza e riposare », con questa avvertenza :
— che il settore di cui il C. I. L. aveva in atto la
responsabilità, doveva essere tenuto da una brigata sulle direttrici generali
Sassoferrato - Frontone - Cagli e Sassoferrato - Pergola, e da un battaglione
sulla direttrice generale Pascelupo - Cagli;
— che la divisione «Nembo» sarebbe passata in riserva
a disposizione delle forze di cavalleria polacche che agivano nel settore già
tenuto, nella prima quindicina di agosto, dalle unità del C. I. L.; — che le
rimanenti unità del C. I. L. dovevano essere ritirate nella zona predetta di
Loro Piceno, tra il fiume Chienti e il parallelo di S. M. di Pieca, tenendo
presente che il loro movimento doveva essere ultimato entro le ore 12 del 20
agosto.
Il comandante del C. I. L. diede in conseguenza i suoi
ordini disponendo (All. 59) :
a) Nel settore
Sassoferrato - Gubbio dovevano rimanere soltanto:
— comando tattico del C. I. L.
— comando II brigata con queste unità dipendenti:
reggimento marina «S. Marco», battaglione alpini «Monte Granero» con relativa
batteria alpina da 75/13, IX reparto d'assalto, IV e V gruppo da 75/13
someggiato, V gruppo cannoni da 57/50 controcarri meno una sezione, due
compagnie salmerie del XXII gruppo;
— comando 4° reggimento bersaglieri col solo XXIX
battaglione, rinforzato da una sezione cannoni da 57/50 controcarri, e con una
compagnia salmerie del XXII gruppo a disposizione: alle dirette dipendenze del
comando del C. I. L. ;
— I° compagnia motociclisti del reggimento
bersaglieri: in riserva per il comando del C. I. L.
— 11° reggimento artiglieria col I gruppo da 105/28,
il II gruppo da 100/22 e il CLXVI gruppo da 149/ 19, alle dipendenze del
comando del C. I. L. tramite comando artiglieria del C. I. L.;
— tutti gli elementi del genio tenendo presente che i
plotoni telegrafisti della II brigata dovevano essere portati a due.
b) Quanto allo schieramento degli anzidetti reparti,
su un totale di 5 battaglioni, 3 dovevano essere schierati in 1° scaglione e 2
in 2° scaglione, e precisamente, da destra a sinistra (Schizzo n. 19):
— il battaglione alpini «Monte Granero» sulle
posizioni da q. 263 di fosso della Pera a q. 402 di C. Gilioni;
— il
battaglione «Bafile» da q. 388 di Piandigallo a q. 555 a nord di Monte Morcia;
— il XXIX battaglione bersaglieri sulle posizioni di
Cantiano;
— il IX reparto d'assalto e il battaglione «Grado», in
2à scaglione, rispettivamentc a Coldorso e a Poggetto (a nord - est di Serra S.
Abbondio);
— 1a compagnia bersaglieri motociclisti, in
riserva, a Cabernardi;
— per l'artiglieria :
·
il IV e V gruppo da 75/13 someggiato rispettivamente
nella zona poco a nord di Pianello e in quella di Tangano;
·
il I gruppo da 105/28 dell'11° reggimento nella zona
di q. 495 (a nord -est di Poggio Maledetto);
·
il II gruppo da 100/22 dell'11° reggimento nella zona
di q. 454 (a nord di Poggio Maledetto);
·
il IV gruppo da 75/18 a est di Frontone; il CLXVI
gruppo da 149/19 a Poggio Maledetto;
·
il V gruppo da 57/50 controcarri, frazionato coi
battaglioni in 1°scaglione.
c) La divisione «Nembo» passava alla dipendenza
temporanea di impiego delle forze di cavalleria polacche quale riserva.
d) Tutte le altre unità del C. I. L. dovevano
trasferirsi nella prevista zona di riordinamento a sud di Macerata, dove
sarebbero state, sino a nuovo ordine, alle dipendenze del comandante della I
brigata[1]
.
Il movimento sarebbe avvenuto:
— per autotrasporto: comando I brigata, 68° reggimento
fanteria, V battaglione controcarri, 30 reggimento alpini col battaglione
«Piemonte» e relativa batteria alpina, XXXIII battaglione bersaglieri, III e IV
gruppo[2]
da 75/18 dell'11à reggimento artiglieria;
— per via ordinaria: salmerie dei reparti e CCL gruppo
salmerie.
e) Riserva di ordini per il riordinamento e il
movimento dei servizi.
Erano stati appena diramati questi ordini, quando il
comando polacco comunicò che la divisione «Nembo», dopo essere stata sostituita
dal 15° reggimento lancieri e dalla banda «Maiella», si sarebbe spostata, nella
mattinata del 18 agosto, nella zona Castiglioni Avacelli - Serra S. Quirico -
Mergo, tornando alle dipendenze del C.I.L.
Successivamente, il comando del II Corpo polacco dispose
che anche la divisione «Nembo» venisse trasferita nella zona di riposo
stabilita per le unità del C. I. L., effettuando il movimento nei giorni 21, 22
e 23 agosto. In tal modo, delle truppe del C. I. L., rimasero impiegate per le
operazioni solo quelle del settore Sassoferrato - Gubbio: forze equivalenti a circa
una brigata mista con una proporzionalità quasi paritetica tra elemento di
manovra — 5 battaglioni di fanteria — ed elemento fuoco pesante di artiglieria
— 6 gruppi oltre quello controcarri — quindi di poco a favore di quest'ultimo[3]
.
La densità di fuoco delle linee tenute dalle truppe
del C. l. L. rimaste ad operare, rispetto all'ampiezza del settore affidato il
cui sviluppo in linea d'aria era di circa 18 chilometri, risultava
sensibilmente scarsa. C'era tuttavia da considerare che la densità di fuoco
delle linee tenute dai tedeschi risultava sempre inferiore, anche se le forze
nemiche fronteggianti lo schieramento del C. I. L. non consistevano più —
stando alle ultime notizie fornite da prigionieri— in un battaglione, come era
stato detto in un primo tempo, ma in 3 battaglioni schierati all'incirca comeappresso:
— il II del 194° reggimento fanteria, sulle posizioni
ad est di Pergola;
— il II dell'85° reggimento Iaeger, sulle posizioni ad
ovest di Pergola;
— il I dell'85° reggimento Iaeger, in 2° scaglione a
sud di Acqualagna.
A proposito del nemico si precisava che egli teneva
una compagnia controcarri dell'85° reggimento nella zona di Cupe, a cavallo
della rotabile Pergola -Cagli, e che inoltre presidiava le località di Molleone
e di Fenigli, nonchè le alture a nord della rotabile Pergola Cagli. Circa una
quarantina di tedeschi erano stati notati, con armi automatiche e mortai, nella
zona di Acquaviva, poco a sud -est di Cagli. Sulla displuviale fra il fiume
Cesano e il torrente Tarugo, a nord di Pergola, il nemico occupava Monte Rolo,
Monte della Serra, Monte Gherardo. Una compagnia risultava schierata nella zona
di Barbanti. Notizie, come si vede, piuttosto confuse, il cui velo soffuso di
mistero, caratteristico proprio della guerra, attendeva di essere squarciato
dall'atto di forza delle truppe del C. I. L.
[1]
Tutti i
reparti affluiti in zona di riordinamento a sud di Macerata, compresa poi la
divisione «Nembo», passarono in seguito alle dirette dipendenze dell'8a
armata inglese
[3] All'atto della costituzione del I raggruppamento motorizzato, anch'esso
della forza di circa una brigata mista e che fu l'unità che iniziò la
collaborazione attiva con gli alleati e su cui si innestò poi il C. I. L. , il
rapporto tra elemento di manovra, fanteria e fuoco pesante di artiglieria, era
pure di poco a favore di quest'ultimo. Infatti, ad un totale di 3 battaglioni
di fanteria (I e II del 670 reggimento fanteria e LI battaglione bersaglieri)
corrispondeva un totale di 4 gruppi di artiglieria dell'11° reggimento
mercoledì 11 ottobre 2017
Il C.I.L. da Jesi al Metauro II
CAMBIAMENTO DI SETTORE FRA SASSOFERRATO E GUBBIO.
( a cura di Federico Mammarella)
Il 12 agosto il comandante del Corpo polacco comunicò
che il C. I. L. doveva cambiare il proprio settore spostandosi sulla sinistra,
fra Sassoferrato e Gubbio. I relativi movimenti dovevano essere iniziati subito
ed ultimati entro le ore 6 del 17 agosto. Il C. I. L. sarebbe stato sostituito,
sulle posizioni in atto, da un raggruppamento polacco di cavalleria
motocorazzato, mentre sulle nuove posizioni avrebbe sostituito, a sua volta, il
15° reggimento ulani «Poznan» (gruppo Kieda).
Sulla base di ciò il comandante del C. I. L. impartì
le prime disposizioni:
a) Nel nuovo settore le forze del C. I. L. si
sarebbero schierate con la I e la II brigata in 1a schiera e la
divisione «Nembo» in 2a schiera.
A destra, a cavallo della rotabile Sassoferrato -
Pergola, si sarebbe schierata la II brigata, rinforzata dal IX reparto
d'assalto, dalle batterie controcarri già in assegnazione (1 batteria da 57/50,
2 compagnie pezzi da 47/32), da un plotone artieri e da un plotone
collegamenti. A sinistra, a cavallo della rotabile Scheggia e Pascelupo -
Cantiano, si sarebbe schierata la I brigata, rinforzata dalle batterie
controcarri già in assegnazione (2 batterie da 57/50), da un plotone artieri e
da un plotone collegamenti. Limite di settore tra I e II brigata (largamente
orientativo): Corno di Catria - Monte Catria - q. 984 - Molleone[1].
La divisione «Nembo» doveva schierarsi in riserva
nella zona Colleponi - S. Fortunato - Genga.
Il C. I. L. nel nuovo settore avrebbe agito inquadrato
avendo:
— a destra, il predetto raggruppamento di cavalleria
motocorazzato polacco (il quale avrebbe avuto alle sue dipendenze anche la
banda partigiana «Maiella»);
— a sinistra, il 270 reggimento lancieri inglese del X
Corpo britannico.
b) Sullo schieramento erano dati i seguenti orientamenti:
— la II brigata doveva: tenere elementi a cavallo del
fiume Cesano fino alla zona di Bellisio e poi sulle 'alture di Percozzone
Massaiola - S. Ermete; predisporre inoltre l'occupazione della zona di Monte
Torrino;
— la I brigata doveva: tenere elementi motociclisti,
con mezzi controcarri, nella zona di Scheggia e di q. 507 di Val Dorbia ed
elementi a cavallo del basso corso del fosso Mandrale nella zona di Frontone;
procedere all'occupazione del costone di Monte Morcia q. 555 - Grumale;
predisporre infine l'invio di un reparto alpino, per la zona montana, sulla
rotabile n. 3 a sud di Cagli.
c) Lo schieramento dell'artiglieria sarebbe stato
definito dopo l'occupazione di Monte Torrino.
d) I servizi dovevano schierarsi a cavallo della
rotabile Sassoferrato - Fabriano.
e) I movimenti delle varie unità per recarsi nella
nuova zona, ad eccezione dei quadrupedi, sarebbero avvenuti a mezzo di
autotrasporti.
Nello stesso tempo vennero fornite le seguenti notizie:
— sul conto del 15° reggimento ulani (gruppo Kieda) da
rilevare: che esso teneva già elementi avanzati in S. M. di Burano Cantiano -
Frontone - Monte Vecchio - Bellisio, e altri elementi sulla rotabile n. 3
immediatamente a nord di Scheggia;
— sul conto del 27° reggimento lancieri inglese, il
quale agiva sulla sinistra del settore[2]:
che esso aveva elementi avanzati immediatamente a nord di Monte Frontano e
immediatamente a sud di Monte Fumo (il monte era in mano ai tedeschi);
— sul conto del nemico: che in tutto il settore teneva
schierato un battaglione della 5a divisione da montagna, sostenuto
però da molte artiglierie; che occupava la zona di Cagli con una compagnia e
manteneva osservatori mobili su Monte Torrino; che faceva largo impiego di
pattuglie, sia di giorno che di notte, in particolare su Pergola e Bellisio.
Naturalmente, trattandosi di un movimento complesso in
quanto le unità del C. I. L. dovevano essere sostituite su posizioni tattiche e
sostituire a loro volta altre unità a contatto col nemico, le relative
disposizioni subirono delle varianti di dettaglio. Merita però di essere notata
l'evoluzione del pensiero tattico del comandante del C. I. L. il quale, dopo
qualche giorno dalla emanazione delle sue prime disposizioni, espresse
l'intendimento di procedere, non appena avvenuto il passaggio di responsabilità
del settore, «ad una parziale rettifica dell'occupazione», e cioè:
— occupare la dorsale di Monte Torrino tra il Cinisco
e il Cesano per impedire al nemico di sfruttarla come zona di osservatori (la
dorsale risultava sgombra);
— appoggiare, se possibile, la successiva linea di
resistenza a Bellisio di Sopra - Monte Ajate - Piandigallo, dove sarebbe stata
stabilita, con sovrapposizione, la saldatura tra I e II brigata;
— rettificare in conseguenza lo schieramento dell'ala
destra di ciascuna brigata.
Per l'attuazione di tutto ciò, il III e il IV gruppo
da 75/18 dell' 11°reggimento artiglieria erano messi a disposizione della II
brigata.
In armonia con le direttive emanate dal comandante del
C. I. L., tanto il comandante della II brigata quanto quello della I brigata
diedero disposizioni per lo schieramento dei reparti. Il comandante della II
brigata, maggiormente interessato nella evoluzione del pensiero tattico del
comandante del C. I. L., dopo aver espresso il suo intendimento di sbarrare le
provenienze da nord tenendo particolarmente forti le posizioni di bivio ad est di
Pietraselce - Bellisio di Sopra- Cabernardi, dispose (Allegati 56 e 57):
a)
che il reggimento «S. Marco», rinforzato da una compagnia cannoni da 47/32 e da
una batteria da 57/50 controcarri (meno una sezione), occupasse col battaglione
«Grado» le posizioni fra Percozzone e Cabernardi e organizzasse due centri di
fuoco avanzati a S. Ermete e C.se Nolfi. Il battaglione «Bafile», in 2°
scaglione, si sarebbe schierato nella zona di Monterosso, orientato ad agire a
favore dei due battaglioni in 1°scaglione (battaglione «Grado» e IX reparto
d'assalto);
b) che il IX reparto d'assalto, rinforzato da una
compagnia cannoni da 47/32 e da una sezione da 57/50 controcarri, si schierasse
in 1° scaglione sulla sinistra del battaglione «Grado», occupando posizioni di
particolare importanza tattica fra cui: bivio ad est di C. Pietraselce, Monte
Romano e Bellisio di Sopra; limite fra reggimento «S. Marco» e IX reparto
d'assalto: Rotondo - Doglio Palazzo - Percozzone - Col Ventoso;
c) che il 68° reggimento fanteria si schierasse in 2°
scaglione fra Catobagli e q. 348 distaccando elementi di sicurezza sulla
destra;
d) che, per l'artiglieria, il V gruppo da 75/13
someggiato si schierasse in zona Colombaja per agire in favore del battaglione
«Grado»; il III e IV gruppo da 75/18 (dell'11° reggimento) si schierassero
nella zona di Le Piane - Galtello col compito di agire: il III in favore del IX
reparto d'assalto e il IV come elemento di manovra.
Queste prime disposizioni furono meglio perfezionate
in un secondo tempo nel quale il comandante della II brigata, in aderenza alle
vedute tattiche del comandante del C. I. L., ordinò:
— che il battaglione «Grado» estendesse la sua
occupazione a sinistra fino a Bellisio di Sotto compreso;
— che il IX reparto d'assalto alle ore 6 del giorno 17
iniziasse una azione per la occupazione di: Bellisio di Sopra, Monte Ajate e
Piandigallo (l'azione doveva essere preceduta dall'invio di pattuglie, il
giorno 16, su Monte Torrino);
— che i gruppi di artiglieria si tenessero in potenza
e il V gruppo da 75/13 someggiato si orientasse ad agire anche a favore del IX
reparto d'assalto nel corso dell'anzidetta azione.
Anche il comandante della I brigata diede gli ordini
per lo schieramento di sua competenza disponendo (All. 58):
a) che il settore affidatogli venisse ripartito in due
sottosettori :
— sottosettore «Scheggia», affidato alla 1° compagnia
motociclisti, rinforzata da una sezione da 57/50 controcarri (il 4° reggimento
bersaglieri era ancora lontano);
— sottosettore «Frontone», affidato al 3° reggimento
alpini, rinforzato da 2 batterie da 57/50 controcarri (meno una sezione) con un
battaglione («Piemonte») in 1° scaglione sulle pendici nord-orientali di Monte
Morcia fra q. 555 - Cajcacia - Caragno - q. 467 e con le forze preponderanti a
sinistra; un battaglione («Monte Granero») in 2° scaglione tra Frontone e Serra
S. Abbondio col compito particolare di assolvere funzioni di fianco difensivo
fronte a nord-est;
b) che, non appena la II brigata (IX reparto
d'assalto) avesse raggiunto le posizioni di Bellisio di Sopra, Monte Ajate,
Piandigallo, il 3° reggimento alpini si portasse, con l'ala destra, sulle
posizioni di il Logo, C. Magalotti, la saldatura con la II brigata a
Piandigallo;
c) che, per l'artiglieria, il IV gruppo da 75/13
someggiato si schierasse nella zona di q. 681 e il gruppo di formazione
batterie alpine da 75/13 in zona Chiusure (1 batteria) e Cà di Usebio (l'altra
batteria), col compito di agire entrambi in favore del 30 reggimento alpini.
Alle ore 6 del 17 agosto la responsabilità del settore
Sassoferrato Gubbio venne assunta dal comandante del C. I. L. i cui reparti si
trovarono ad agire a contatto: sulla destra del settore con la banda Maiella»
comandata dal ten. col. polacco Lewicki; sulla sinistra col 27° reggimento
lancieri inglese.
Completata la sostituzione dei reparti polacchi in
posto, le unità del C. I. L., nel tratto a sud - ovest di Pergola, portarono la
posizione di resistenza sulla displuviale fra il Cesano e il Cinisco occupando
(IX reparto d'assalto) Monte Torrino -
Monte Ajate - Bellisio di SoPra - Col Ventoso. Più ad ovest, la compagnia
bersaglieri motociclisti, rinforzata da elementi controcarri, raggiunse, nella
stessa mattinata del 17, Cantiano.
Prima ancora però, nel settore affidato alla II brigata,
pattuglie del reggimento «S. Marco avevano, il giorno 15[3],
effettuato una puntata esplorativa verso Castagna e q. 435 di S. Ermete.
L'indomani anzi, una pattuglia di marinai, spintasi
verso Pergola, aveva anche catturato di sorpresa 2 tedeschi.
Quanto all'attività operativa che avrebbe dovuto
svolgere il C. I. L., il comando del Corpo polacco aveva fissato come direttiva:
— «conquistare Cagli, sfruttando la possibilità di
sorprendere il nemico in seguito al trasferimento delle unità del C. I. L. nel
settore montano;
— «cercare di raggiungere la linea generale del fiume
Candigliano» ,
[1]
Con successivo
ordine il limite fu meglio precisato e spostato più ad est: q. 511 -q. 385 -q.
388 -q. 448 -q. 466- q, 374- q. 612 . . .
[2] Sulla destra del settore non occorreva evidentemente dare notizie perchè si
trattava di una zona già conosciuta e sulla quale il C. I. L.avrebbe ricevuto
il cambio.
[3]
Sotto la
data del 15 agosto vennero sciolti il LXVIII battaglione complementi e il
battaglione misto complementi. Il personale, i mezzi e i materiali di detti
battaglioni furono impiegati per la costituzione di un unico «Centro
complementi del C.I. L. »
martedì 19 settembre 2017
Il C.I.L. da Jesi al Metauro I
AVANZATA
SUL FIUME CESANO E LIBERAZIONE Dl CORINALDO
(10 AGOSTO)
E CASTELLEONE Dl
SUASA(11 AGOSTO)
REAZIONI
TEDESCHE A CASTELLEONE Dl SUASA E A LORETELLO.
( a cura di Federico Mammarella)
Mentre i reparti del C. I. L. stavano
completando lo schieramento difensivo a sud del fiume Nevola e del fosso delle
Ripe, il comando del Corpo polacco comunicò che stava, con le due divisioni
schierate per ala — la 3a «Carpatica» e la 5a «Kresowa» —
per preparare e lanciare un attacco allo scopo di spezzare la resistenza nemica
«dirigendo lo sforzo principale lungo i fianchi interni di entrambe le
divisioni» con obiettivo la conquista delle alture di riva destra del Cesano.
Riuscita questa prima azione, le due divisioni si sarebbero dirette
«all'esterno, aggirando così le difese nemiche lungo le alture». Al C. I. L.
era affidato il compito di «assicurare il fianco sinistro dell'attacco del
Corpo polacco contenendo il nemico nell'interno del settore Corinaldo -
Castelleone di Suasa». Limiti tra C. I. L. e Corpo polacco (5a divisione
«Kresowa»): Belvedere Ostrense - Corinaldo - Orciano di Pesaro.
Successivamente
il comando del Corpo polacco fece conoscere che l'attacco sarebbe stato
sferrato il mattino del 9 agosto.
Il
comandante del C. I. L., allo scopo di attirare l'attenzione del nemico e
impedirgli di reagire sul fianco delle unità polacche attaccanti, dispose che
il mattino del 9 venissero effettuati dall'artiglieria numerosi e violenti
concentramenti di fuoco[1]
sulle posizioni antistanti, intervenendo anche nel settore d'azione delle
truppe polacche con i medi calibri. Questa azione di fuoco fu integrata
dall'invio di numerose pattuglie in tutto il settore, le quali informarono che
l'avversario continuava a difendere le sue posizioni a sud del Cesano.
Il
comandante del C. I. L. insistette allora perchè nella notte e nella giornata
dell'indomani le unità dipendenti mantenessero uno stretto contatto col nemico
onde conoscere la consistenza del suo schieramento e, per quanto possibile, le
intenzioni, non essendo escluso, dati gli sviluppi dell'azione polacca sulla
destra, un suo ripiegamento oltre il fiume Cesano.
Il
mattino del 10 agosto[2],
infatti, da diverse segnalazioni si potè arguire che i tedeschi stavano
effettivamente ritirandosi a nord del Cesano. Subito, allora, il comandante del
C. l. L. diramò il seguente fonogramma a mano:
«Informatore
segnala che Castelleone di Suasa è sgombera. Pattuglia 3° alpini prosegue senza
incontrare nemico. Forze polacche sulla destra avrebbero superato displuviale
Nevola Cesano. Ciò fa supporre che displuviale Castelleone Corinaldo sia stata
sgomberata. Allo scopo di non perdere tempo distaccamenti già predisposti I e II
brigata inizino movimenti per raggiungere displuviale Nevola Cesano. Divisione
«Nembo» invii un plotone su Castelleone di Suasa. Grandi unità si predispongano
per essere in misura di occupare tempestivamente predetta displuviale qualora
fosse confermato che essa è stata sgomberata dal nemico. Movimenti d'iniziativa».
In
seguito a questi ordini, tutto il dispositivo del C. I. L. si mise in
movimento:
a)
Sulla destra, la II brigata,
schierata col reggimento marina «S. Marco» in 1°scaglione e il 68° reggimento
fanteria in 2° scaglione, oltrepassò coi reparti avanzati il fiume Nevola e
occupò la località le Murate trovata
sgombra. Quindi, elementi del reggimento «S. Marco», dopo aver impegnato e
fugato elementi ritardatori tedeschi, occuparono q. 250 (ad ovest di Corinaldo): nel pomeriggio, sempre del 10, entrarono
in Corinaldo e si affrettarono a raggiungere, più a nord, la q. 239 in modo da conferire sicurezza
alla occupazione del paese.
In
conseguenza dello sbalzo in avanti dei reparti del reggimento «S. Marco anche i
reparti del 68°reggimento fanteria ebbero ordine, prima di sera, di muovere per
raggiungere la nuova zona oltre il Nevola.
b)
Al centro, la I brigata distaccò in avanti reparti di bersaglieri a destra e di
alpini a sinistra, i quali avanzarono senza incontrare reazione (ciascuno dei
due reggimenti - 4° bersaglieri e 3° alpini - con un battaglione in 1°
scaglione e uno in 2°) sino alle località Croce del Termine e C. S. Onofrio (q.
211), che risultarono occupate da elementi ritardatori tedeschi. Prima di sera,
le posizioni di C. S. Onofrio furono
prese d'assalto da un nostro plotone alpini che inflisse anche perdite al
nemico (1 morto e 2 prigionieri). A notte, anche la località Croce del Termine venne occupata da
reparti bersaglieri dopo che i nuclei nemici ivi sistemati furono costretti dal
nostro fuoco ad abbandonare la posizione.
In
relazione all'occupazione di C. S. Onofrio e Croce del Termine dominanti il
Cesano, il dispositivo dei due reggimenti della brigata si articolò in avanti
muovendo per raggiungere le nuove posizioni.
c)
Sulla sinistra, la divisione «Nembo»
spinse in avanti elementi paracadutisti i quali, verso le ore 10, raggiunsero Loretello, trovata sgombra.
Altri elementi paracadutisti si spinsero sino alle località di Farneto e C.se Nuove (a sud e a sud - est di Castelleone di Suasa), dove si
impegnarono con elementi ritardatori tedeschi.
Indietro,
scaglionati in profondità, mossero; il 184° reggimento di fanteria
paracadutista in direzione di Castelleone di Suasa; il 183° reggimento in
direzione di Ripalta - Loretello.
L'indomani,
11 agosto, una compagnia del XIV battaglione del 184° reggimento paracadutisti
occupò, verso le ore 8, Castelleone di
Suasa, mentre gli altri reparti della divisione si spostavano per
raggiungere le posizioni atte a garantire il fianco sinistro del C. I. L,
continuando a svolgere una intensa attività esplorativa. Durante questa
attività, pattuglie paracadutisti riscontrarono, il 12, sulla estrema sinistra,
la presenza di elementi tedeschi a S. Pietro, muniti di armi automatiche e
mortai. Una pattuglia di paracadutisti inoltre, passato il Cesano, si spinse
oltre S. Lorenzo in Campo fino a Montalfoglio, dove notò la presenza di
elementi tedeschi e una batteria nemica nella zona di q. 295.
Era
chiaro ormai che il grosso del nemico si era ritirato sulle posizioni a nord
del Cesano.
Raggiunta
la displuviale tra il Cesano e il Nevola - Fenella, il C. I. L. tornò, in
relazione al compito assegnatogli, ad assumere atteggiamento difensivo
disponendosi secondo i noti criteri elastici, i quali, mentre gli consentivano
una efficace azione difensiva, gli permettevano nel contempo di poter passare
rapidamente all'azione offensiva. Fu perciò disposto:
—
che la linea di sicurezza seguisse
questo andamento: margine anteriore dell'abitato di Castelleone di Suasa - ciglio
tattico crinale tra fiume Cesano e torrente Fenella fiume Nevola. Nella zona di
sicurezza dovevano essere difese ad oltranza le posizioni di q. 239 (nord di
Corinaldo), q. 235 e q. 271 di Croce del Termine (in unico caposaldo) e
Castelleone di Suasa;
—
che la linea di resistenza passasse
per il margine anteriore dell'abitato di Castelleone di Suasa - alture riva
destra affluente ovest di testata fosso Volpara - alture riva sinistra
affluente nord - est di testata fosso Volpara - q, 235 di C. S. Maria -q. 271
-le Selve - q. 230 - q. 222 - q. 201 - margine anteriore abitato di Corinaldo -
q. 220 - altura di q. 239;
—
che le saldature avvenissero: tra I e
II brigata sull'altura di q. 243 (sulla linea di sicurezza) e a le Selve (sulla
linea di resistenza); tra divisione «Nembo» e I brigata sull'altura di q. 211
di C. S. Onofrio (sulla linea di sicurezza) e -alla confluenza affluenti di
testata del fosso Volpara (sulla linea di resistenza);
—
che le artiglierie si schierassero a sud dell'allineamento C. la Volpara - le
Murate.
Le
unità del C. I. L. attuarono quindi, tra l'11 e il 12, il loro schieramento
sulle nuove posizioni, da Corinaldo a Castelleone di Suasa e Loretello, nel
modo che segue (Schizzo n. 18):
a)
Sulla destra, la II brigata si
schierò col reggimento «S. Marco» più 2 batterie polacche controcarri: 1 da 57
e 1 da 75 in 1° scaglione (in 2 sottosettori di battaglione : battaglione
«Grado», rinforzato da 2 sezioni cannoni da 57/50 controcarri e da 1 compagnia
pezzi da 47/ 32, nel sottosettore di destra da i Cappuccini a q. 250,
rispettivamente a nord e ad ovest di Corinaldo; battaglione «Bafile» ,
rinforzato da 1 sezione cannoni da 57/50 controcarri e da 3 plotoni pezzi da
47/32, nel sottosettore di sinistra da q. 250 a C. Giovannetti).
In
2° scaglione il 68° reggimento fanteria con il I battaglione in località S.
Bartolo e il II battaglione nella zona Ie Murate. Il V gruppo da 75/13
someggiato sui rovesci di S. Bartolo.
b)
Al centro, la I brigata si schierò in
2 sottosettori di reggimento (ogni reggimento con battaglione in 1°scaglione e
1 battaglione in 2° scaglione): il 4° reggimento bersaglieri, rinforzato da 1
batteria da 57/50 controcarri, nel settore di destra col XXIX battaglione da q.
235, poco a sud di C. Giovannetti, a C. 40 Monte, poco a sud di Croce del
Termine, e il XXX III battaglione (in 2° scaglione) in località C. S. Vincenzo;
il 3° reggimento alpini, rinforzato da 1 batteria da 57/50 controcarri, nel
sottosettore di sinistra col battaglione «Monte Granero» da C. 4° Monte a q.
211 di C. S. Onofrio, e il battaglione «Piemonte» (in 2° scaglione) a fosso
Volpara.
Il
IV gruppo da 75/13 someggiato e il gruppo di formazione batterie alpine da
75/13 presero posizione qualche chilometro rispettivamente a est e a sud di C.
Scalogna.
c)
Sulla sinistra, la divisione «Nembo» si schierò col 184° reggimento fanteria
paracadutista, rinforzato da elementi controcarri, in 1°scaglione, in 2
sottosettori di battaglione: XIV battaglione nel sottosettore di destra da q.
211 a le Caselle; XIII battaglione nel sottosettore di sinistra da le Caselle
alle posizioni a sud di C.se Pollini. Il 183° reggimento paracadutisti si
schierò con il XVI battaglione in 1 0 scaglione tra Loretello e q. 312 (una
compagnia però rimase indietro a Ripalta) e il XV battaglione in 2°scaglione
nella zona del quadrivio di q. 285 tra Ripalta e Montale. In 2° scaglione
rimasero ancora il CLXXXIV battaglione guastatori a Montale e la 184a
compagnia motociclisti a Piticchio.
Il
184° reggimento artiglieria «Nembo» prese posizione col I gruppo cannoni da
75/27 nella zona di q. 128 e col II gruppo cannoni da 100/22 in quella di q.
181.
d)
L'11° reggimento artiglieria schierò il I gruppo da 105/28 nella zona di q. 85
(a sud di le Murate), il II gruppo da 100/22 nella zona di Tiro a segno (nei
pressi di P.te Murato), il III gruppo da 75/ 18 nella zona di C. Augusti (poco
ad ovest di S. Bartolo), il IV gruppo da 75/18 nella zona di Casalta (a nord -
est di Castelleone di Suasa), il CLXVI gruppo da 149/19 nella zona di q. 174 (a
sud di C. San Vincenzo).
Anche
questa volta, la dosatura delle forze nello schieramento difensivo non si
differenziava da quella di prima, salvo un leggero aumento a favore delle forze
destinate in 1°scaglione (7 battaglioni anzichè 6) dovuto probabilmente alla
maggiore superficie di contatto col nemico determinatasi sul fianco sinistro.
Lo schieramento avanzato delle artiglierie assicurava un buon giuoco nella
manovra dei proietti pesanti contro le posizioni nemiche sulla sinistra del
Cesano, rispetto alle quali le nuove posizioni occupate dal C. l. L. venivano
ad esercitare, malgrado ogni apparente aspetto difensivo, la funzione di una
vera e propria pedana di lancio per gli sviluppi di una ripresa offensiva a
breve scadenza.
Ma
i tedeschi, di fronte allo sbalzo sulle nuove posizioni compiuto dalle unità
del C. I. L., non mancarono di reagire prontamente.
Il
giorno 11 agosto, dopo una violenta preparazione di fuoco effettuata
prevalentemente con mortai, forze germaniche valutate ad una quarantina di
uomini attaccarono, tra le ore 11 e le ore 12, le nostre posizioni di q. 211 a nord - est di Castelleone di Suasa. L'attacco, contenuto in un
primo tempo dagli elementi alpini che si trovavano sul posto, venne
successivamente stroncato del tutto per l'intervento di una compagnia del XIV
battaglione paracadutisti (del 184° reggimento). Il nemico fu così costretto a
ripiegare lasciando sul terreno 10 uomini tra morti e feriti.
L'indomani
12, sull'albeggiare verso le ore 4, i tedeschi con una compagnia tornarono ad
attaccare, più a sinistra, le posizioni di Loretello, tenute da due nostri
plotoni paracadutisti, i quali ritennero opportuno ripiegare di qualche
centinaio di metri. Ma giunta poco dopo una compagnia paracadutista in rinforzo
(la 46a), i nostri balzarono al contrattacco costringendo
l'avversario a ripiegare; cosicchè Loretello, verso le ore 8, tornava di nuovo
in nostro possesso. Nel pomeriggio, verso le ore 17, furono i nostri
paracadutisti a reagire occupando, dopo breve preparazione di artiglieria, la q. 312 (circa 500 m. a nord di
Loretello), dove venivano catturati 2 prigionieri. Risultò anche che il nemico,
nell'abbandonare la posizione, aveva portato con sè 4 morti e una decina di
feriti.
Pure
nella notte sul 13 agosto, i tedeschi attaccarono con pattuglie le nostre
posizioni avanzate di q. 245 (difese
dal XIV battaglione paracadutisti), C. S.
Onofrio (difese dal battaglione alpini «Monte Granero») e Croce del Termine (difese dal XXIX battaglione
bersaglieri). Ma dovunque la pronta reazione delle nostre truppe e del fuoco
pesante delle nostre artiglierie costrinse l'avversario a ripiegare oltre il
fiume Cesano. Anzi sulla sinistra, nella zona di Loretello, i nostri
paracadutisti ne approfittarono per reagire con una avanzata procedendo, con un
plotone del XVI battaglione (183° reggimento), alla occupazione di S. Pietro.
Tutte
queste puntate esplorative del nemico, senza contare l'azione di martellamento
svolta con la sua artiglieria e coi suoi mortai contro le nostre posizioni di
Corinaldo, C. S. Onofrio, Castelleone di Suasa e Loretello, erano in ultima
analisi manifestazioni, in forma piuttosto dinamica, di una volontà
temporeggiatrice. Si trattava per l'avversario di guadagnar tempo nello spazio
in relazione al quadro operativo d'insieme. Lo sviluppo dei vari solchi
fluviali nel senso dei paralleli, in connessione con l'andamento plastico delle
successive displuviali, facilitava ai comandi tedeschi l'attuazione di
irrigidimenti successivi, i quali, nei confronti della manovra offensiva
operata dal C. I. L. e dal Corpo
polacco, conservavano il vantaggio di poter attuare una logorante e sfibrante
manovra difensiva a tempi e spazi ristretti. Questo fatto continuava infatti a
costringere le unità del C. I. L. ad agire per così dire a spallate successive:
dal Musone all'Esino, dall'Esino al Misa, dal Misa al Nevola, dal Nevola al
Cesano. Si trattava, dunque, di preparare ora una nuova spallata, quando ecco
giungere l'ordine per il C. I. L. di cambiare settore.
[1]
Furono complessivamente
sparati oltre 3.000 colpi
[2] Il giorno 10 agosto, il Capo di S.
M. dell'Esercito, gen. Berardi, tenne una riunione presso il C. I. L. alla
quale parteciparono, tra gli altri, il comandante del C. I. L. e il col.
Pidslcy della Sottocommissione alleata di controllo. In tale circostanza il
comandante del C. I. L. fece presente:
— la deficienza del munizionamento
sempre a causa delle note difficoltà dei mezzi di trasporto;
— la necessità di poter disporre di
un secondo gruppo di artiglieria di medio calibro;
— la necessità di motorizzare i pezzi
controcarri in modo che potessero seguire le truppe di linea e intervenire
tempestivamente contro mezzi corazzati nemici;
— la necessità di dotare il C. I. L.
di alcuni mezzi corazzati, tenuto conto che i soldati italiani si erano finora
dovuti aprire la strada da soli anche contro mezzi corazzati tedeschi e che la
povertà dei propri mezzi, di fronte all'abbondanza di quelli a
disposizione degli stessi polacchi, era motivo, per i nostri soldati, di
demoralizzazione.
In tale
occasione il Capo di S. M. dell'Esercito ebbe anche un colloquio col gen.
Anders, comandante del Corpo polacco, il quale gli espresse le sue
congratulazioni per il brillante comportamento tenuto nelle recenti operazioni
dal C. I. L. che, nonostante le immense
difficoltà, è stato all'altezza dei compiti Soggiunse inoltre, con parole
lusinghiere, quanto grandi fossero stati gli sforzi fisici sopportati dai
reparti del C. I. L., mettendo in risalto come « tutto il Corpo italiano di
liberazione, attraverso marce senza soste, quasi senza la possibilità di
riprendere fiato, con inflessibile volontà ed a prezzo di gravissimi sacrifici,
sia stato ugualmente sempre a fianco delle truppe motorizzate polacche»
mercoledì 26 luglio 2017
Accademia di Oplologia e Militaria. Comunicato
Cari amici e Soci,
è in fase finale di preparazione un nuovo appuntamento per ricordare la Battaglia di Filottrano e dintorni del luglio 1944; un appuntamento che vede a supporto la nostra Accademia ed i suoi rievocatori della Compagnia Veicoli Storici Militari che invito a dare la propria adesione.
Si tratta di una manifestazione cicloturistica con 2 percorsi che si snodano principalmente lungo la bassa e l'alta valle del Musone, teatro delle dure battaglie nell'estate del 1944 in cui i reparti del Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.), le forze partigiane e le unità polacche del 2° Corpo d'Armata comandate dal Generale Wladislaw Anders riuscirono a scacciare i tedeschi dai centri di Filottrano, Castelfidardo e Osimo, aprendosi la strada per Ancona, obiettivo strategico fondamentale per il suo porto, la cui liberazione era divenuta ormai imprescindibile in quanto consentiva un accorciamento delle linee di rifornimento per le unità alleate sul lato adriatico della penisola italiana.
Il percorso ciclistico si snoda nei luoghi storici di quelle battaglie che, contemporaneamente all'impegno sportivo, invita ad una profonda riflessione sull'importanza e la drammaticità di quei giorni, come pure ad una rivalutazione della memoria di quegli eventi oggi pressoché sconosciuti, o comunque, quando conosciuti, dati troppo spesso per scontati. Il tutto mentre la fatica fisica che si fa per percorrere in bicicletta questi luoghi e la lentezza con cui l'occhio riesce a contemplare un paesaggio dalle linee dolci nello stesso istante in cui le gambe misurano la dura avversità di saliscendi, erte e crinali, crea un'esperienza unica e indimenticabile che difficilmente può essere raccontata, ma deve essere vissuta in prima persona.
Per ulteriori informazioni Vi invitiamo a visitare il sito
domenica 9 luglio 2017
Un Contributo di rilievo
1. I contributo del Corpo Italiano alla
liberazione delle Marche e di Ancona..
Nelle
pagine precedenti abbiamo cercato di illustrare, portando esempi e documenti,
il contributo che il Corpo Italiano di Liberazione ha dato alla liberazione
delle Marche, in generale, e di Ancona in particolare.
La
zona interna delle Marche è stata percorsa e liberata dagli uomini del Corpo
Italiano di Liberazione. Sono state liberate Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino
per citare le città più importanti. E’ vero che più che liberazione si è
trattato di occupazione, in quanto gli uomini entravano in questa città quando
i Tedeschi le avevano abbandonate approfittando delle ore notturne. Questo, a
qualche osservatore poco attento, può essere riduttivo e vi attribuisce poco
merito. Ma occorre ricordare che se i Tedeschi abbandonavano le posizioni è
perché rischiavano, in un combattimento diretto, l’annientamento di tutte le
loro forze; quindi erano costretti a lasciare le città per evitare perdite
maggiori. E questo va a merito del Corpo Italiano di Liberazione e, in
generale, alla più ampia manovra in atto da parte del Corpo Polacco. L’azione
su Cingoli, e nel mese di agosto, su Belvedere Ostrense, Fossombrone, Cagli ed
Urbino, stanno a dimostrare che il Corpo Italiano di Liberazione è stato
protagonista della liberazione delle Marche nei suoi reali termini militari.
Ovvero senza l’azione del Corpo Italiano di Liberazione, combinata con l’azione
del Corpo Polacco, permette di sconfiggere e scacciare i tedeschi.
Le forze della Resistenza, da sole, non sono
in grado di poter ottenere questo risultato. Un risultato che deve essere
inteso sul piano militare. Nonostante tanti tentativi di dimostrare il
contrario le forze della Resistenza non sono in grado di combattere, nelle
Marche e nel luglio 1944, le forze tedesche, attaccarle, sconfiggerle e
mantenere le posizioni conquistate per un periodo più o meno lungo in attesa
dell’arrivo delle forze regolari. Questo, per spiegare meglio, significa che un
paese, una città è “liberata” ovvero
“liberata dalla presenza del nemico” quando con combattimenti diretti in cui il
nemico è sconfitto, annientato e fatto prigioniero. “Occupata” significa che un
paese, una città, abbandonata per ragioni di ordine superiore (in termini
militari sono le azioni elementari della manovra in ritirata, ovvero cedere
spazio per recuperare forze e riprendete l’’iniziativa operativa)[1]
viene evacuato non lasciando dietro niente di utile alle forze nemiche e
portandosi dietro tutto quello che si ritiene utile per il prosieguo del
combattimento su nuove posizioni.
Nelle
Marche nel luglio-agosto 1944 tutte le città o paesi sono stati “occupati”, non
“liberati”, secondo il profilo militare, in quanto non si riscontrano battaglie
e combattimenti nei centri abitati di nessun tipo.
Un
primo esempio è Osimo: i Tedeschi nella nottata del 5 luglio sul 6, per
rettificare le posizioni, in quanto il battaglione russo non dava affidamento e
non era in grado di tenere le sue posizioni, si ritirarono; il rischio concreto
era l’aggiramento e l’annientamento delle forze sulle posizioni di Osimo;
quindi ritirata su posizioni migliori, in attesa di una eventuale reazione
controffensiva, pericolo che fu costante fino al 16 luglio, con le angosce per
il ritorno dei Tedeschi, il rischio del bombardamento aereo alleato, la
evacuazione della popolazione ecc. Osimo quindi non fu liberata, ma occupata. Peraltro
le forze partigiane, lo splendido distaccamento “Riccio” e il “Fabrizzi” più i
GAP, non sarebbero stati in grado di sostenere da soli una difesa di fronte ad
un ritorno tedesco. Ed il cerchio si chiude a dimostrare l’assunto che abbiamo
posto.
Altro
esempio è Filottrano. Nei combattimenti dell’8 luglio i tedeschi vedono
annientato un loro battaglione, oltre quattrocento uomini; sono tassi di
perdite che non si possono permettere, pena il crollo del fronte. Sapendo della
importanza di Filottrano cercano di impegnare combattimento, ma la
determinazione e l’ardore combattivo dei soldati italiani, infliggono queste
perdite; a sera, quando la situazione è incerta, ovvero se riprendere i
combattimenti l’indomani, o ritirarsi, i tedeschi si ritirano. L’indomani
all’alba i paracadutisti occupano Filottrano, sgombrata dai tedeschi.
Come
è stato visto, la richiesta alleata di liberare Ancona, occuparla e difenderla
fino all’arrivo delle truppe polacche, è stata dal Comando Partigiano respinta,
e ne abbiamo visto i pro e i contro con le relative polemiche. La terza
possibilità, che era quella di inviare uno o due battaglioni di paracadutisti o
di arditi del Corpo Italiano di Liberazione a svolgere questa azione insieme
alle forze della Resistenza, non fu presa nemmeno in considerazione per ragioni
non militari, ma politiche. Non si voleva dare alcun merito agli Italiani di
vittorie conseguite sul campo.
Sul
piano militare, quindi, è il Corpo Italiano di Liberazione che opera, con le
forze della Resistenza che svolgono un ruolo marginale.
In
quella che si chiama la Battaglia di Ancona, che si svolse dal 1 al 20 luglio
1944, il Corpo Italiano di Liberazione ebbe, come abbiamo visto un ruolo
preciso.
Inquadrato
nel II Corpo d’Armata Polacco, aveva svolto sempre il ruolo di coprire il
fianco sinistro dei Polacchi, che avanzano lungo la litoranea Adriatica ,
liberando, come detto Ascoli Piceno, Macerata, Tolentino.
Le
varie fasi della battaglia di Ancona, fasi che, ripetiamo, sono solo ad uso
degli studiosi e specialisti ed appassionati, in cui noi abbiamo preso in esame
e riconosciuto il ruolo del Corpo Italiano di Liberazione portandoci a
individuarne cinque, sono dei momenti di un tutt’uno che è la battaglia per la
presa di Ancona.
Senza
ripeterle, qui si può dire che liberata Osimo il 6 luglio, il Comandante
Polacco Anders predispose un piano di attacco per la conquista di Ancona che
prevedeva la 3 Divisione Carpatica a destra, con compiti di fissaggio ed inganno, la 5 Divisione Krescowa , con il compiti di attacco, rottura e
sfondamento del fronte tedesco, mediante manovra di aggiramento, il Corpo
Italiano di Liberazione, con i compiti protezione, sicurezza e copertura del
fianco sinistro. L’obiettivo era di conquistare Ancona e annientare la
guarnigione tedesca.
Questo
piano, a cui contribuì in modo non marginale, il gen. Utili, messo in atto
dall’alba del 17 luglio ebbe un successo parziale: Ancona fu conquistata il 18
luglio, ma la guarnigione tedesca, nonostante forti perdite, non fu annientata.
Di questo parziale insuccesso vari comandanti polacchi accusarono il Corpo
Italiano di Liberazione, accusandolo di aver raggiunge i suoi obbiettivi con
ritardo, scoprendo il fianco sinistro delle forze avanzanti polacche, che
furono costrette a fermarsi, e quindi dare tempo per fuggire. Accuse che si rivelarono
infondate, come abbiamo visto per vari motivi, primo fra tutti la incapacità
dei polacchi di impiegare proficuamente sul terreno le forze corazzate e
sfruttarne il numero e la potenza, come l’ingorgo avutosi sulla strada tra
Polverigi ed Agugliano sta ad evidenziare, ma che dimostrano come il Corpo
Italiano di Liberazione era parte integrante delle forze alleate che liberarono
Ancona. Le critiche mosse dagli uomini del 7° Reggimento Ussari britannico sono
un’altra testimonianza e dei difetti e carenze delle forze italiane, ma anche
la sottolineatura che erano parte integrante delle forze attaccanti.
Le
critiche polacche e britanniche in parte sono fondate, sopratutto se formulate
da uomini che operavano sul campo. Ma, come è stato visto riportando le
osservazioni di Filippo Stefani, la non assegnazione organica di forse
corazzate, la carenza di artigliere, la qualità delle artiglierie stesse e la
scarsità di munizionamento (se i tedeschi avessero deciso di continuare a
combatte a Filottrano le artiglierie del Corpo Italiano di Liberazione
sarebbero state mute per aver terminato le munizioni) sono carenze che non
potevano non incidere sulla operatività del Corpo Italiano, come i fatti sul
terreno stanno a dimostrare. E questo a seguito di decisioni politiche,
punitive per noi italiane, ottuse per certi versi degli Alleati, soprattutto da
parte britannica.
Emerge
a questo punto la peculiarità del Corpo Italiano di Liberazione: forza militare
importante sul piano militare, decisiva in momenti importati, considerata come
tale, ma limitata per motivi non militari ma politici, gli si chiede di
assolvere a compiti, militari, superiore alle sue possibilità. Nonostante
questo, in ritardo li riesce ad assolvere, ma le accuse rimangono.
Non
si può qui rilevare che al fronte, non vi erano reparti della Repubblica
Sociale Italiana. Una pagina da approfondire, soprattutto sul piano militare,
che implica una analisi attenta del rapporto tra la Germania e l’Italia dopo l’8 settembre 1943. Sul piano
militare i repubblichini sono inesistenti, per volere dei loro alleati
tedeschi.
Se
riprendiamo il rapporto con le forze della Resistenza, come abbiamo visto è
facile dire che il Corpo Italiano di Liberazione è una forza militare
importante, decisiva e fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi
militari, mentre l’esatto contrario è per le forze della Resistenza che, sotto
il profilo militare, sono insignificanti. Di contro se ci spostiamo sul piano
politico-sociale, sempre come abbiamo visto, tutto si capovolge, il Corpo
Italiano di Liberazione, politicamente diviene insignificante, tanto che
nessuno nelle Marche lo ricorda e la maggior parte non sa nemmeno che è esisto,
mentre le forze della Resistenza sono una forza importante. decisiva e
fondamentale perché stanno a dimostrare che gli Italiani sanno combattere, e
non accettano la libertà donata dall’alto e da altri.
Per
dimostrare questo, molte pagine sono di storia militare con un linguaggio per
specialisti, e qui occorre ribadire che il metodo adottato è quello storico,
applicato attraverso i suoi punti fondamentali, senza confondere il piano
militare e quello politico-sociale. Non
poteva finire in questa maniera perché la tesi esposta sarebbe stata confinata
ad un rispetto novero di persone, peraltro tutte partecipi a temi della Guerra
di Liberazione in modo appassionato. La ricostruzione dell’azione del Corpo
Italiano di Liberazione non poteva non essere integrata con testimonianze da
chi fu protagonista di quegli avvenimenti o da chi, come civile, come sfollato,
come essere umano li ha subiti.
Massimo Coltrinari
info: centrostudicesvam@istitutonastroazzurro.org
[1] E’ la manovra attuata dai tedeschi al
comando di Kesserling in Italia dal settembre 1943 all’aprile 1945.
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