1. Inquadramento
dello scenario politico-strategico.
L’analisi si sviluppa su tre livelli:
a. il
primo analizza la situazione nel teatro Euro-Mediterraneo;
b.
il
secondo illustra la situazione politico-strategica italiana;
c.
il
terzo descrive la Campagna d’Italia.
a.
Situazione
nel teatro Euro-Mediterraneo
Nei quattordici mesi trascorsi
dall’arresto dell’avanzata dell’armata corazzata italo - tedesca in Egitto
(luglio 1942), alla resa dell’Italia a Cassibile (settembre 1943), le
operazioni dell’Asse nel teatro operativo del Mediterraneo non conobbero
significativi successi (fig. 1). Dopo la conclusione vittoriosa della Campagna
del Nord Africa, tra il 14 e il 24 gennaio 1943, il presidente americano
Franklin D. Roosevelt e il Primo Ministro inglese Winston Churchill si
incontrarono a Casablanca per tracciare la nuova strategia militare da attuare.
Alla fine, nonostante disaccordi sugli obiettivi primari, venne deciso di
pianificare ed attuare l'invasione dell'Italia, contando anche sul fatto che
tale operazione avrebbe fatto uscire il Paese dal conflitto.
Nell'estate del 1943 la situazione
delle forze aero-terrestri dell'Asse sul fronte mediterraneo registrava
l’inizio di un sostanziale capovolgimento. In particolare, nel teatro operativo
del Mediterraneo, la combinazione delle operazioni Lightfoot e Torch aveva
già prodotto l'azzeramento di ogni possibilità operativa dell'Asse che non
fosse quella della difesa della penisola italiana, difesa comunque improbabile
stante la disparità di uomini e mezzi tra i due blocchi contrapposti.
b.
Situazione
politico-strategica italiana
A seguito della destituzione del Capo
del Governo Benito Mussolini, avvenuta il 25 Luglio 1943, il re Vittorio
Emanuele III affidò i pieni poteri, militari e politici, al suo uomo di
fiducia, il Maresciallo Pietro Badoglio.
Nel
settembre del 1943 le prospettive di vittoria per la Germania apparivano
sostanzialmente compromesse cosicché, per l’Italia, che aveva virtualmente
perso la guerra, la resa agli anglo-americani costituiva, di fatto, una scelta
obbligata.
Si
arrivò così all'8 settembre che, prima di tutto, rappresentò una disfatta
morale. Il tessuto connettivo del paese, faticosamente costruito dal 1848 in
poi, subì una lacerazione ampia e profonda. La coscienza unitaria della nazione
era messa in grave pericolo dalla divisione in due tronconi del territorio
nazionale, uno alla mercè degli anglo-americani, l'altro dei tedeschi.
I
valori tradizionali, per la cui affermazione e difesa si erano battute intere
generazioni ed avevano sacrificato la vita centinaia di migliaia di soldati,
persero, nella coscienza di molti, credibilità
ed affidabilità (fig. 2).
Quando il Re, il
Maresciallo Badoglio, il Generale Ambrosio, il Generale Roatta e gli altri alti
Ufficiali ripararono su Brindisi, la catastrofe poteva dirsi quasi compiuta.
Divenne totale nei giorni successivi, quando caddero le ultime resistenze nei
Balcani, nell'Egeo e nelle isole greche e quando gradualmente venne meno
l'illusione, coltivata anche dai comandi alleati, di una sollecita liberazione
di Roma.
A
rendere più critica la situazione fu la ricomparsa di Mussolini che,
dimenticato inspiegabilmente dal Governo del Mare-sciallo Badoglio a Campo
Imperatore, era stato liberato il 12 settembre dai paracadutisti tedeschi e
portato in Germania, da dove, il giorno 15, tramite la radio di Monaco,
proclamò la ricostituzione del partito fascista (repubblicano). Il 23 settembre
Mussolini, rientrato in Italia, instaurò nel territorio non controllato dagli
anglo-americani la Repubblica Sociale Italiana, con capitale Salò, tentando di
dare un’impronta politica nazionale all'occupazione tedesca.
Le
unità militari italiane, a seguito dell’armistizio, versavano in una situazione
di estrema vulnerabilità sia perché erano fortemente disperse e frazionate sia
a causa del morale basso e della mancanza di ordini chiari da parte del governo
Badoglio. Ciò condusse alla disfatta prima morale e poi fisica delle forze
armate italiane fino al loro definitivo scioglimento a seguito dell’armistizio.
Dopo
forti pressioni da parte delle forze alleate, il 13 ottobre il Maresciallo
Badoglio dichiarò lo stato di guerra alla Germania. Da quel momento gli alleati
mutarono la linea politica militare nei confronti dell'Italia che fu invitata a
collaborare allo sforzo bellico con la promessa di un più vantaggioso
trattamento al termine del conflitto.
Peraltro,
all’interno dei Paesi alleati, questa posizione non godeva di una piena
condivisione: parte diffusa dell’opinione pubblica non vedeva di buon occhio la
possibilità di uno sconto al vecchio nemico. Questa fu una delle ragioni
dell’indecisione, da parte alleata, nel consentire un intervento diretto
italiano ai combattimenti.
c.
La
Campagna d’Italia
La Campagna d’Italia ebbe una
differente durata per le parti in conflitto.
Per gli Alleati, durò dallo sbarco in
Sicilia delle forze di terra e aviotrasportate anglo-americane al 2 maggio
1945. Mentre per i tedeschi iniziò l’8 settembre 1943 e finì il 2 maggio 1945 (1).
Gli alleati, al
momento dello sbarco, disponevano di circa 160.000 uomini divisi in due Armate:
la 7a Armata americana al comando del Generale George Smith Patton e
l'8a Armata britannica al comando del Generale Bernard Law
Montgomery, supportati da 4.000 aerei e 600 carri armati.
L'Armata di Patton aveva il compito di
conquistare le coste tra Licata e Vittoria, mentre quella di Montgomery doveva
prendere le coste tra la penisola di Pachino e Siracusa. A contrastarli si
trovavano 230.000 soldati italiani e 40.000 tedeschi.
Gli italiani (al comando del Generale
Alfredo Guzzoni) erano raggruppati in quattro divisioni: Aosta, Assietta
(di stanza tra Palermo e Trapani), Livorno (di stanza a Caltagirone) e Napoli
(di stanza fra Siracusa e Augusta). Numerose inoltre erano le Brigate, le
Divisioni e i reggimenti costieri del Regio Esercito.
I 40.000 tedeschi (al comando del
Generale Wilhelm Schmalz) erano raggruppati nella Divisione “Hermann Göring”,
più altri tre gruppi della 15a Divisione. Il comando delle forze dell'Asse
si trovava a Enna.
L'11 luglio, dopo aspri combattimenti,
caddero Siracusa e Augusta. In soli 10 giorni la 7a Armata americana
e l'8a britannica conquistarono due terzi della Sicilia. Palermo
venne pesantemente bombardata e si arrese il 22 luglio e dopo la sua conquista,
le unità alleate puntarono su Messina, dove erano di presidio le Divisioni Livorno
e Napoli e il XIV Corpo d'Armata tedesco.
Le unità dell'Asse resistettero a
Messina fino al 17 agosto, ma dovettero poi ritirarsi varcando lo stretto per
riparare in Calabria.
Il
3 settembre 1943, con l'Operazione Baytown, l'8a Armata inglese di
Montgomery iniziò l'invasione dell'Italia continentale con i primi sbarchi in
Calabria.
L'8
settembre, con l’ufficializzazione dell’Armistizio di Cassibile, l'Italia
usciva di fatto dalla guerra.
Le
forze tedesche presenti, preparate a questa eventualità, iniziarono le
operazioni per l'occupazione dell'Italia, ora Paese nemico.
Il
9 settembre le forze americane sbarcarono a Salerno nell'ambito dell'Operazione
Avalanche mentre truppe britanniche occupavano Taranto nell'ambito
dell'Operazione Slapstick. Tuttavia, la conformazione collinare e montuosa del
terreno e la presenza di numerosi corsi d’acqua, non consentiva una rapida
avanzata. Ciò, unitamente, alle varie opere difensive tedesche, determinò di
fatto un rallentamento delle operazioni alleate.
Per
i restanti mesi del 1943 la Linea Gustav rappresentò il principale ostacolo
della progressione alleata verso Nord, bloccandone di fatto lo slancio iniziale
(fig. 4).
Il 12 ottobre 1943 il fronte alleato
andava dal Tirreno all'Adriatico, da Castel Volturno-Capua Squille fino a
Larino Termoli. Due Armate, la 5a americana comandata dal Generale
Clark e l'8 a inglese comandata dal Generale Montgomery, per un totale
di 18 Divisioni e 6 Brigate, fronteggiarono 13 Divisioni tedesche (10a
Armata) sostenute in retrovia (Italia Centro-Nord) da oltre 8 Divisioni (2a
Armata).
I tedeschi, in particolare, avevano
previsto due piani per la
difesa dell’Italia: quello proposto da Rommel, che segnava una linea difensiva
appenninica dal Mar Ligure all’Adriatico, e quello avanzato da Kesselring che
non intendeva cedere subito l’Italia centrale per evitare di lasciare basi
aeree troppo avanzate agli alleati. Hitler optò per il secondo piano.
Il
piano di Kesselring consisteva nello spostamento della linea difensiva più a
Sud rispetto alla linea “Gotica”, nel tratto più stretto della Penisola: dalla
foce del Garigliano sul Tirreno alla foce del Sangro sull’Adriatico. La ridotta
estensione della cosiddetta linea Invernale (o linea “Bernhardt”) di 120-130 km
consentiva un minore impiego di forze per approntare le difese.
La
battaglia di Monte Lungo s’inquadra proprio nell’ambito dell’offensiva della 5a Armata statunitense, finalizzata a
sfondare le linee tedesche nel settore di Cassino, dove era stata organizzata
la suddetta linea difensiva che, partendo dalla cittadina di Scauri,
attraversava il fiume Garigliano e passando su Monte Lungo e Monte Sammucro,
correva sulle alture di Monte Casale, ad est della città di Venafro, e
raggiungeva il Mare Adriatico lungo la riva del fiume Sangro.
Nella
battaglia, il 1° raggruppamento di fanteria motorizzato ricevette il battesimo
del fuoco a fianco delle forze alleate e divenne la prima unità italiana ad
entrare in combattimento dopo lo scioglimento delle Forze Armate.
Nelle
sue fila furono impiegati poco più di mille uomini; fra loro i giovani studenti
universitari del reggimento "Curtatone e Montanara" e gli Allievi
Ufficiali dei bersaglieri.
(1) Per
l’Italia si parla più propriamente di Guerra di Liberazione con inizio l’8
settembre 1943 e fine il 25 aprile 1945.
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