Alexandra Javarone
Il Corpo Italiano di Liberazione: la nascita e l’assestamento.
Il 10 settembre ’43, il maresciallo Badoglio, allora capo del Governo, dopo aver confermato che erano stati trasmessi alle forze armate dipendenti gli ordini “per agire con vigore contro aggressioni tedesche”, indirizzava una missiva al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate nel Mediterraneo, al fine di mettere in rilievo la necessità che si provvedesse al coordinamento delle azioni da svolgere di concerto.
Il giorno seguente, il Comando Supremo, giunto a conoscenza delle aggressioni perpetrate dalle forze tedesche diede immediato ordine a tutte le forze armate italiane di considerare i tedeschi come dei nemici.
“ occorre ….. raggruppare le forze a nostra disposizione allo scopo di:
opporsi innanzitutto all’eventuale espansione delle forze avversarie;
-procedere quindi in cooperazione con le forze anglo-americane all’azione offensiva per la liberazione di tutto il territorio nazionale”.
Il Corpo Italiano di Liberazione (CIL) rappresentò una sorta di “continuazione” del I Raggruppamento Motorizzato Italiano. Il CIL, costituito esclusivamente con armi e mezzi italiani, seppe distinguersi per “energia, volontà e valore” meritando, infine, anche il plauso dei comandi alleati, nonostante le immense difficoltà incontrate durante le azioni intraprese dall’esercito italiano (appena ricostituito dopo la dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre).
Le forze armate costituirono un insieme eterogeneo, proveniente, in massima parte, da reparti reclutati nell’Italia meridionale, nelle isole o all’estero, il più delle volte composto da individui sfuggiti alla deportazione messa in atto dalle truppe tedesche.
Insomma, gli Stati Maggiori dovettero affrontare una situazione assai complessa. Secondo le fonti l’esercito fu composto da : “ una massa la quale è buona e potrà fare bene, magari, benissimo, ma che – per ragioni d’ordine generale che è inutile analizzare- è ancora molto irrequieta, suscettibile di oscillazioni spirituali di depressioni subitanee e quindi costituisce uno strumento di guerra molto delicato, tanto più in mancanza di una severa opera repressiva contro coloro che cercano di sottrarsi all’adempimento dei propri doveri.
Si tratta in sostanza, di una massa con la quale occorre agire con cautela, pur senza discostarsi da quell’energia necessaria quando il caso lo richiede; di truppa alla quale si deve andare incontro quanto più possibile senza indugiare, perché l’indugio può essere pericoloso”.
Ad ogni modo, gli Stati Maggiori dell’epoca seppero condurre con perizia e professionalità le operazioni militari , assolvendo, allo stesso modo, pure all’alto compito “di risollevare lo spirito ed il morale delle truppe”. Anche l’inserimento del nuovo esercito italiano all’interno del comparto alleato richiese una seria mediazione. Nonostante le resistenze opposte dalla componente britannica, che avrebbe teso ad impiegare le forze italiane nei soli servizi di “bassa manovalanza nelle retrovie”, mortificando, nei fatti, lo slancio degli italiani i quali avrebbero voluto partecipare attivamente alla liberazione della propria Patria, gli Stati Maggiori riuscirono, infine, ad ottenere un aumento delle truppe.
“Il 23 novembre, il maresciallo Messe, in occasione della sua nomina a S.M. generale in sostituzione del Generale Ambrosio, ebbe un colloquio con il generale Joice, Capo della missione alleata di controllo, nel quale espresse il suo intendimento che le forze armate italiane dessero agli Anglo-americani una collaborazione attiva e completa nel campo operativo oltre che nelle retrovie”.
Di fatto, negli intendimenti il CIL non avrebbe dovuto superare la forza dei 14.000 uomini. Tuttavia, grazie alla costante opera di convincimento esercitata da Messe e Berardi, il 26 maggio s’addivenne all’autorizzazione operata dalle forze anglo-americane ad aumentare il numero delle forze.
“in seguito a tale provvedimento il CIL acquisì la fisionomia che il Comando Supremo e lo Stato Maggiore dell’esercito avevano progettato sin dai primi di aprile”.
Secondo le fonti, inizialmente, il Corpo Italiano di Liberazione costituì un semplice “cambio di denominazione” del I Raggruppamento Motorizzato, composto di 14000 unità.
Il Corpo Italiano di Liberazione si componeva di un reggimento fanteria (il 68° con 1.800 uomini), un reggimento bersaglieri (il 4° su due distinti battaglioni XXIX e XXXIII con 1.250 uomini), un reggimento artiglieria (l’11° su tre gruppi con una forza di circa 600 uomini), un battaglione paracadutisti il CLXXXV su tre compagni (450 unità) e un battaglione alpini (ovvero il “Piemonte” che ebbe poi il compito di occupare Monte Marrone), un battaglione arditi (IX reparto d’assalto con una forza di 600 uomini), un’unità carabinieri, genio e Servizi.
Fu solo grazie alle proposte avanzate dal Generale Utili che le Forze Alleate autorizzarono, anche sulla scorta dei successi riportati, il potenziamento delle truppe del CIL che portò gli effettivi del CIL ad un organico di circa 25000 uomini. Si impose però a quel punto una riorganizzazione dell’intero organico considerando anche la successiva esigenza di disporre un riordino ed un’eventuale costituzione di comandi intermedi e raggruppamenti di forze con responsabilità operativa diretta. Per la prima volta l’intera schiera delle unità Ialine si ritrovò unita in un unico settore sotto comando italiano. Il CIL venne così organizzato prevedendo due Brigate (la prima costituita dal 4° reggimento bersaglieri, dal 3° reggimento alpini coi battaglioni Piemonte e Granero, dal 185° Reparto paracadutisti, dal 4° Gruppo Artiglieria someggiato; la seconda Brigata era, invece, costituita dal 68° Reggimento fanteria, dal IX Reparto d’assalto, da rgt. Marina S. Marco), una Divisione (Nembo che avrebbe mantenuto la propria costituzione iniziale su due reggimenti paracadutisti ed un reggimento artiglieria) ed un Comando Artiglieria (che inquadrava il glorioso 11° di Monte Lungo)
Il 1°giugno '44 il C.I.L. venne quindi organizzato su due Brigate, una Divisione ed un Comando artiglieria:
- la I Brigata (Col. Fucci) era costituita dal 4° Rgt. bersaglieri, dal 3° Rgt. alpini, con i battaglioni "Piemonte" e "M. Granero", dal 185° Reparto paracadutisti, dal IV° Gruppo artiglieria someggiato;
- la II Brigata (Col. Moggi) era costituita dal glorioso 68° Rgt. Fanteria, che combatté a Monte Lungo, dal IX Reparto d'assalto ( gli arditi di Boschetti), dal Rgt. Marina "San Marco" (battaglioni Marina "Bafile" e "Grado", dallo squadrone volontari "Guide", dal V Gruppo artiglieria someggiato;
- la Divisione "Nembo"” (Gen.Morigi). sbarcata dalla Sardegna su due Reggimenti paracadutisti (183° e 18°) ed un Reggimento artiglieria; il Comando di artiglieria (Gen. Moro) che inquadrava prevalentemente il glorioso 11° di Monte Lungo.
(ad eccezion fatta per qualche variazione organica di poco conto, il CIL mantenne tale ordinamento fino al ripiegamento dal fronte e al suo definitivo scioglimento).
Il 2 giugno, infine, durante un colloquio fra il nostro Capo di Stato Maggiore dell’esercito con il comandante del V Corpo d’armata britannico, fu concordato che “venisse costituita, nel territorio del V Corpo, una Delegazione dello Stato Maggiore italiano allo scopo di dirimere, mediante intese dirette fra gli enti interessati, gli eventuali inconvenienti e rappresentare nel contempo un organo regolatore e coordinatore delle attività disciplinari, logistiche ed amministrative delle unità del CIL, a capo di tale Delegazione venne posto, in data 4 giugno, il generale De Stefanis, già comandante del LI corpo d’armata”.
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