L’ambiente
operativo nel quale si svolsero le operazioni del II Corpo d’Armata Polacco e
del Corpo Italiano di Liberazione nel periodo giugno-luglio 1944, nelle sue
linee d’insieme, è caratterizzato da una zona appenninica ricca di colline
nella prima fase dell’avanzata, fino a Macerata. Il terreno montagnoso
particolarmente elevato, aspro e difficile era adatto all’impiego delle unità
del Corpo Italiano di Liberazione, le quali, pur non essendo adeguatamente
motorizzate e corazzate, avevano però il vantaggio di essere ben allenate a
manovrare in terreni impervi ed ad agire svincolate dalla rete stradale. La
zona, inoltre, proprio in relazione alla sua inospitalità, era caratterizzata
da scarsa densità di popolazione, con un numero esiguo di centri abitati,
peraltro di non vasta estensione.
Oltre
Macerata verso nord-est, il terreno è caratterizzato da una successione di
colline a sviluppo altimetrico piuttosto ridotto, di facile transito e separate
tra di loro da successivi corsi d’acqua. Questi, pur non costituendo ostacoli
per l’avanzata verso nord, offrivano tuttavia la possibilità di organizzare
linee difensive molto efficaci che potevano sfruttare al meglio gli appigli tattici
del terreno.
In sintesi la zona di manovra si articolava in
aree montuose appenniniche all’interno e in zone collinari sposandosi più ad
est verso il mare.
In
particolare l’area ove operò il Corpo Italiano di Liberazione al momento
dell’attacco finale alla piazzaforte di Ancona ha come centro il basso corso
del fiume Musone. Il fiume Musone[1]
è un fiume con acqua perenne, che nel 1944 era alimentato, nell’alto corso,
anche da una grossa sorgente esistente verso ponte Pietrella. Oggi, con la
costruzione della diga a sud est di Cingoli per esigenze idroelettriche, il
regime del fiume si è molto ridimensionato.
Durante
il suo corso dirama vari canali da molino. Il suo alveo è ghiaioso. Nel tratto
che interessa si presenta, verso occidente, frequentemente incassato; verso
oriente, dai pressi del ponte della rotabile Filottrano-Jesi in poi, con sponde
basse e praticabili, in valle ampia e coltivata, con molti e buoni passaggi.
Tra i guadi è da ricordare quello tra Monte Polesco e Casenuove, che sarà ampiamente
sfruttato dai reparti del Corpo Italiano di Liberazione. Il fiume, quindi, in
se non poteva perciò essere considerato un serio ostacolo. Sennonché il nemico
ne aveva aumentato il valore difensivo organizzandosi a difesa lungo la riva
sinistra e distaccando, come era stato constatato nei primi scontri, elementi
sulle alture di riva destra nella zona ad ovest della rotabile Filottrano-Jesi.
[1] Monografia del
Comando del Corpo di Stato Maggiore, n. 42. Italia Centrale, P.I., Vol. II,
pag. 239
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