Le Ripercussioni nelle operazioni nelle Marche del 1944
1.
Premessa
Emergono vari fattori che, durante il secondo conflitto bellico,
facevano supporre che i rapporti degli americani con gli italiani sarebbero
stati meno ardui che con gli inglesi. Gli scontri diretti delle truppe
americane con le forze italiane erano stati in numero minore che con gli altri
Alleati, non c’era negli Stati Uniti l’acceso risentimento provato in
Inghilterra per l’entrata in guerra dell’Italia, la “America” era vista come
una nazione ricca dove vivevano molti dei nostri emigranti. L’impero
britannico, invece, appariva geloso dei suoi interessi, attento agli equilibri
di potere internazionale, legato ai vecchi metodi della tradizionale diplomazia
europea. L’esercito inglese era un tipico grande esercito europeo che
l’industrialismo aveva modificato e modernizzato, ma il costume e lo spirito
erano antichi. Rispecchiavano una classe dirigente –l’Inghilterra e l’Impero-
di estrazione aristocratica e di grande borghesia liberale. Il senso
impalpabile ma realissimo delle gerarchie sociali informava in particolare le
relazioni tra gli ufficiali, per non parlare dei rapporti con gli italiani.
I
soldati americani, invece, rimanevano sempre dei cittadini che il governo aveva
chiamato sotto le armi. Gli ideali democratici stimolavano in qualche modo la V
Armata americana e consentiva a “questi cittadini in armi” un contatto diretto
di nuovo stampo con le popolazioni liberate. A torto o a ragione, l’Inghilterra
era poco popolare presso le due nazioni latine, Francia e Italia, tanto che si
era arrivato ad ipotizzare, in occasione dello sbarco in Nord-Africa governato
dal regime di Petain, di vestire le truppe britanniche con divise americane[1].
La
convinzione degli americani di sbarcare in Europa come liberatori dei popoli
trascinati alla rovina dal fascismo era diffusissima. Saranno ancora una volta ingenuità e semplicismi mentali. Ma
facevano tabula rasa di tanti storici odi e rancori del Vecchio Mondo, delle
onte e tradimenti patiti e delle vendette e rivendicazioni da imporre. Il
nemico erano fascismo e nazismo, bisognava finire di distruggerli e poi tornare
a casa. Questa era ovviamente ideologia
spicciola, ma radicatissima, quindi, importante. Determinava un’attitudine
morale e pratica di fondo: accettare l’italiano che voleva dar loro una mano
nel compito della liberazione, dargli i mezzi e lo spazio morale e politico
perché operasse al meglio in questa direzione.
2.
L’ingresso dei servizi segreti americani nel conflitto
Agli inizi del conflitto, la struttura dell’OSS (Office of Strategic
Services – Ufficio dei Servizi Strategici – servizio segreto americano poi
sostituito dall'attuale CIA) era appena abbozzata, e nonostante la collaborazione
dei partigiani francesi ed italiani, non è stato sempre possibile disporre di
gruppi attivi e preparati per contrastare il nemico e ridimensionare gli
inglesi; questi ultimi continuavano a considerare gli americani con
sufficienza, denunciandone errori ed impreparazione. Quest’atteggiamento lo si
può ricavare da un parere di John Bruce Lockheart, un veterano del servizio
segreto inglese:
“Gli
americani passarono dall’isolamento al possesso del potere mondiale in due o
tre anni. Essi non avevano politica estera né servizi segreti. Quando si sono
sommersi nella realtà degli affari mondiali la loro innocenza e la loro
ingenuità erano pressoché totali. Il contributo dell’OSS durante la guerra (con la sola possibile eccezione di Allen W.
Dulles in Svizzera) fu molto piccolo. Questa era la situazione alla fine della
guerra”[2]
A
ragione di tale situazione, W. J. Donovan, fondatore del COI (Coordinator of Information
– Coordinatore dell’Informazione) ed in seguito dell’OSS, riuscì a stabilire
contatti molto proficui con i servizi inglesi; ne studiò l’organizzazione e ne
assicurò la collaborazione[3]. Emissario de
Roosevelt a Londra, vigilò per neutralizzare l’impatto che i rapporti di J. P.
Kennedy (ambasciatore americano in Inghilterra) avrebbero potuto avere sulla
Casa Bianca. Critico del sistema economico britannico, il Kennedy tentava di
dissuadere Roosevelt dal prendere posizione a favore degli inglesi, ritenendoli
incapaci di competere o resistere con la potenza germanica[4].
Allo scoppio della guerra gli americani dipendevano dagli inglesi per il
controspionaggio, un dato che se non giustifica, almeno spiega la confusione e
l’impreparazione di coloro che furono incaricati di mantenere i contatti con i
gruppi della Resistenza[5]. Agli italiani
impegnati nei partiti e nelle organizzazioni confluiti in essa, risultavano
lampanti le divergenze anglo-americane: “i servizi inglesi politicamente e
militarmente avevano come punto di riferimento Brindisi e il governo Badoglio,
ciò vuol dire che, in termini politico-militari, per il SOE – Special Operations Executive – Direttivo
delle Operazioni Speciali – servizio
segreto britannico, in Italia era essenziale la continuità dell’assetto
politico e militare tradizionale, la sua conservazione e, attraverso esso, la
conservazione tout court dell’assetto
sociale; mentre l’OSS guardava a Capri e quindi Napoli, ossia gli antifascisti
oppositori se non della monarchi, almeno di Re Vittorio Emanuele[6]. Donovan correva
così il rischio calcolato di “grane” con gli inglesi, con l’AFHQ di Algeri e
con il governo di Brindisi, ma i fini della lotta militare della campagna
d’Italia erano prevalenti. Si trattava di una scelta non gravida di
conseguenze. Un punto essenziale ai suoi occhi era di non trascurare la
necessità di incanalare la volontà e
le capacità di elementi di forze “civili” italiane decise a combattere il
comune nemico, accertandone ed inquadrandone lo spirito volontaristico entro
limiti ben definiti.
Le forze della Resistenza in Europa ritenevano che gli ufficiali
americani con cui erano in contatto fossero rappresentanti del governo di
Washington, non sapendo che le loro parole e promesse non avevano alcuna
importanza per i diplomatici del Dipartimento di Stato, questi senza esperienza
diretta degli orientamenti partigiani e dei partiti nei paesi liberati o da
liberare. Del resto, questa diversa, a volte contrastante valutazione, si
verificò perché, al contrario di Londra e Mosca, Washington non richiedeva ai
propri agenti di seguire la linea ufficiale di governo. Molti, anche nell’OSS,
notando l’accresciuta credibilità dell’URSS in Europa, sperarono di fare della
collaborazione realizzata nel 1943-44 sul campo la base per un’intesa in tempo
di pace. Su questo presupposto hanno redatto rapporti e costituito legami con
le forze partigiane, mentre la più stretta collaborazione e le intese tra i
vertici americani dell’OSS e i servizi segreti britannici –apprezzate da
Eisenhower[7]- non venivano
condivise, come spesso si dovette registrare in Italia, dai responsabili
subalterni e dalle sezioni che operavano nel teatro di guerra[8].
3.
Il SOE e l’OSS: una cooperazione difficile in Italia
Nell’operato
degli organismi speciali nella penisola si trovano punti di spartizione delle
loro funzioni. In particolare le attività dell’OSS vennero nel 1944 concentrate
in:
1.
Lombardia
ed Emilia (terreno non adatto alle attività del SOE;
2.
Gruppi
di “coup de main” (colpi di mano) sulla costa, operanti dalla Corsica o da
Napoli. Si pensa anche che tale organismo americano abbia avuto contatti e
piani sulle Alpi Marittime[9].
In questa sua zona di pertinenza l’OSS
entrò presto “in contatto con 23 gruppi della Resistenza in Italia[10]”
mentre la collaborazione e gli aiuti alle poche milizie partigiani rifugiati
per lo più in montagna nell’inverno 1943-44[11],
“iniziò poco dopo il suo spontaneo sorgere nel settembre 1943. Le cose non
riuscirono subito per il verso giusto tanto che inizialmente apparve evidente
“il fallimento da parte degli Alleati, di creare un servizio di informazioni
unificato con lo scopo di controllare e di sfruttare il potenziale militare del
movimento (della Resistenza)[12]”.
Il Gen. Mac Farlane, capo della missione
militare alleata in Italia e poi nella ACC (Allied
Control Commission – Commissione Alleata di Controllo), dal canto suo,
riteneva indispensabile una rigorosa e precisa tattica se si voleva ottenere
collaborazione e vantaggi dagli italiani. Egli suggeriva: “le due cose che si possono fare qui … sono:
I.
il SOE sia
l’equivalente dell’OSS;
II.
il PWE (Political Welfare Executive – Direttivo della
Guerra Politica - britannico) sia l’equivalente dell’OWI (Office
of War Information – Ufficio delle Informazioni Belliche – americano).
Esistono per entrambi enormi possibilità ed un campo
fruttifero”[13]
L’OSS poi
praticamente equivalse al SOE, mentre tra il PWE e l’OWI ci furono alcuni
contrasti anche sulle questioni di fondo, soprattutto il contrasto di interessi
tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna per il dominio in Italia[14]. Era
evidente che, almeno nella fase iniziale, gli inglesi avevano dimostrato di
possedere “idee quasi certamente più radicate degli americani sulla strategia
militare e politica del teatro italiano”[15] e di
voler “assicurarsi che nell’Italia post-bellica gli USA non siano considerati
come gli amici (discorso di Berle, Vice Segretario di Stato) che hanno salvato
il paese dal fascismo mentre noi (i britannici) dovremmo come minimo tenere il
passo, se siamo incapaci di menare la danza con gli USA nel loro approccio con
gli elementi resistenti”[16].
Si veda a questo proposito anche quanto
affermato dal direttore del PID Italia (Political
Intelligence Department – Servizio del Ministero degli Esteri britannico
per le Informazioni Politiche), Guy
Cunnard al Magg. Fraser in una lettera del 24 maggio 1944: “Rapporti ricevuti dal SOE (tramite Berna) fanno presente che una
maggiore dimostrazione di interesse da parte britannica (i.e. la BBC) nei
confronti dei movimenti partigiani e della Resistenza è necessaria per
controbattere l’impressione che soltanto i russi e gli americani abbiano una
reale e pratica simpatia per i movimenti”[17].
Tra i tentativi
britannici per fermare le mire americane nel Mediterraneo è interessante
parlare della vicenda che riguarda la Sicilia. In un’intervista pubblicata
sull’Ora di Palermo (15 e 16 marzo
1966) all’On Antonio Varvaro ed a Nino Castrogiovanni, ex componenti tra i più
autorevoli del Movimento Separatista Siciliano, riferiscono che “quel movimento
spurio (questo movimento separatista tendeva a non escludere un’annessione agli
Stati Uniti dando così vita ad una sorta del mito della 49° stella) era stato promosso dai servizi inglesi per
creare il presupposto onde accusare il governo USA di mire egemoniche. Ne seguì
un artificioso incidente diplomatico tra i due governi alleati a seguito del
quale gli americani furono costretti, onde allontanare qualsiasi sospetto, a
manifestare ostilità contro il Movimento per l’Indipendenza della Sicilia,
lasciando mano libera alla politica italiana che in quel momento iniziò la
persecuzione contro l’organizzazione indipendentista”.
Tale situazione viene confermato da
quanto apparve sulla rivista statunitense Life
del 12 giugno 1944: “non ufficiale ma (è) insistente la voce che l’Ammiraglio
britannico stia facendo pressioni, sotto il travestimento del separatismo
siciliano per mantenere in qualche forma il controllo sopra la Sicilia”. Ancora
un’altra conferma la fornisce un articolo del Times del 15 luglio 1944: “quando si chiede ai separatisti quale
posto essi si aspettino che possa prendere una Sicilia indipendente nell’Europa
dell’avvenire, essi rispondono candidamente che sarebbero lieti di accettare la
protezione britannica”[18].
A questo punto può forse essere utile
proporre come metro di paragone e di valutazione quanto al contempo avveniva
nel settore operativo prettamente amministrativo-militare, vale a dire la
divisione di funzioni tra inglesi e americani all’interno dell’ACC (Allied
Administration Comitee)[19]. Di
fatto, anche se la rappresentanza americana nell’amministrazione de territorio
italiano sotto l’occupazione alleata fu pressappoco equivalente in numero a
quella inglese, gli organi direttivi furono fin dall’inizio detenuti dai
britannici –nel governatore militare, gen. Alexander e nel suo vice maggiore
generale lord Rennel. Ad essi si aggiunse H. Mac Millan (già ministro residente
del governo britannico ad Algeri) che mantenne l’incarico di consigliere
politico del suo governo, superando l’opposizione americana ad incarichi civili[20].
Quando fu istituita l’ACC gli inglesi si
attribuirono la creazione delle due sezioni più importanti, rispettivamente
quella politica e quella economica[21];
quest’ultima sarebbe passata nel gennaio seguente agli americani che si
servirono, però, di questa come delle altre cariche di prestigio nella
Commissione per obiettivi di politica interna. Infine, mentre gli esponenti
americani si mostrarono molto spesso impreparati ed incompetenti, gli inglesi
seguirono una linea politica ben precisa e dominarono di fatto la politica
alleata in Italia. La preminenza inglese finì per imporsi.
Possiamo cominciare l’esame della
struttura dell’OSS in Italia con la sezione R & A (Research and Analisis – Ricerca ed Analisi), con a capo
H. Stuart Hughes (1916-1999), diventato poi il noto storico di Harvard, la
quale cominciò a preparare piani di intervento che Earl Brennan, designato dal
Direttore Generale William Donovan come responsabile del teatro italiano,
doveva realizzare. Brennan, cresciuto in Italia e poi divenuto funzionario
dell’Ambasciata americana in Roma, iniziò a reclutare italo-americani tra i
quali Max Corvo, Vincent Scamporino e Victor Anfuso, inviandoli al centro
alleato di Algeri da cui doveva partire il programma operativo delle azioni
verso la Sicilia (sbarco alleato nell’isola deciso nella Conferenza di
Casablanca –gennaio 1943- e in quella del “Tridente” di Washington –maggio 1943,
così come auspicava la forte componente italo-americana interna all’OSS e buona
parte della comunità italiana negli Stati Uniti)[22].
Fin dal 1943, infatti un altro potente
alleato dell’OSS fu proprio la Mafia, che Donovan arruolò senza troppi problemi
per preparare lo sbarco. Così Brennan ricorse a Lucky Luciano che in cambio
della libertà, fornì i nomi di 850 persone
su cui contare in Sicilia per preparare l’operazione Husky (in codice, lo sbarco in Sicilia)[23].
Subito dopo l’armistizio la sezione
italiana dell’OSS si mise in moto reclutando in breve (soprattutto tra i
prigionieri di guerra) un centinaio di uomini che si adoperarono per permettere
allo stesso Donovan di incontrarsi a Capri con il filosofo Benedetto Croce al
fine, tra l’altro, di valutare l’opportunità di costituire un corpo di volontari italiani da far combattere
al fianco degli Alleati. Ellery Huntington, comandante dell’OSS presso il gen.
Clark (comandante della V Armata americana), appoggiò la proposta che venne
però rigettata dagli inglesi e da Badoglio. Peter Tompkins (agente OSS
travestito da giornalista inviato a Roma durante l’occupazione nazista) e il
genero di Croce, Raimondo Craveri, utilizzarono allora gli uomini già arruolati
al fine di usarli come agenti da infiltrare oltre le linee nemiche all’interno
dell’ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana).
Questo episodio costituì la cartina al
tornasole di una certa contraddizione tra la linea britannica, dura e
conservatrice, e quella americana forse più aperta a compromessi con le stesse
forze politiche progressiste della penisola. Ma allo stesso tempo ciò dimostrò
altresì la supremazia britannica, almeno iniziale, rispetto all’OSS. Infatti
gli inglesi, anche a seguito di questi avvenimenti, accusarono il capo dell’OSS
Italia, Huntington, di essere “troppo antimonarchico”[24] e ne
chiesero l’immediata sostituzione. Donovan si allineò ai desideri di Londra ed
inserì al suo posto prima il col. John Huskell (Vice presidente di Wall Street)
e poi il col. Clifton C. Carter, estimatore della strategia inglese e di
Badoglio.
Di lì a poco l’intero schema operativo ed
organizzativo nell’altra mediterranea dell’OSS venne rivisto. Infatti, nel
maggio 1944 vennero importanti modifiche soprattutto a seguito delle critiche
al Comando Supremo Militare Alleato e tendenti principalmente ad accentrare e
razionalizzare il controllo militare sulle attività del suddetto servizio
speciale americano. Pare certo che la decisione di rivedere la struttura
mediterranea dell’OSS sia stata anche determinata anche dai risultanti non
certo brillanti della prima parte del 1944, dovuti principalmente alla
disorganizzazione e alla mancanza di controlli amministrativi.
Intanto esplodevano i contrasti con
Londra che, dopo le prime esperienze di amministrazione in comune dei territori
liberati, continuava a considerare subalterni i servizi strategici
statunitensi. Americani e britannici valutavano diversamente le misure da
prendere per l’eliminazione del fascismo e dell’atteggiamento da assumere nei
confronti delle forze politiche antifasciste. Mentre i primi si mostravano
disposti a concedere una certa libertà di stampa e consideravano la sospensione
delle attività politiche come una misura temporanea, gli inglesi si opposero
decisamente alla riorganizzazione delle forze politiche; il loro punto di vista
prevalse anche per la convinzione da parte americana che il governo militare
non avrebbe dovuto avere un ruolo politico. Soltanto R & A riuscì a
mantenere una certa indipendenza ed autonomia, soprattutto perché gli inglesi
non ne consideravano essenziale l’integrazione con le proprie scelte operative,
rivolte prevalentemente allo spionaggio e alla collaborazione con i gruppi
della Resistenza e, perciò, meno attente alle metodologie degli analisti
americani. “I rapporti di R & A con i britannici mai inclusero l’argomento
dell’interazione, probabilmente perché vedevano il campo della ricerca come
opposto allo spionaggio e all’aiuto alla Resistenza; la tolleravano poco e
niente nella loro posizione di largo raggio in Europa”[25].
[1]Cfr. F.S.V. Donninson, Civil Affairs and Military Goverment:
Central Organisation and Planning, London 1966, pp. 61 e ss.
[2]Riportato in K. Roosvelt, The War Report of OSS (Office of Strategic
Services), New York 1976, vol. 1, a pp. XIV-XV.
[3]T.F.Troy, COI and British Intelligence: An Essay on Origins, Washington DC,
1970, pp. 8-26; anche W.J. Donovan, Intelligence
Key to Denfense, in Life,
September 30th, 1946, p. 108.
[4]Anche presso gli inglesi, i quali nel 1940 non
conoscevano la reazione americana alla ormai imminente caduta della Francia,
regnava l’incertezza per il persistere delle tendenze isolazionistiche degli
USA. Cfr.
L. De Long, The German Fifth Column in
the Second World War, Chicago 1956; sui rapporti tra J.P. Kennedy e il
president Roosevelt, cfr. M.R. Beschloss, Kennedy
and Roosevelt. The Unaesy Alliance, New York 1980.
[6]R. Craveri, La
Campagna d’Italia e i Servizi Segreti. La storia dell’ORI (1943-1945),
Milano 1980. P. 42; anche E. Di Nolfo, Problemi
della politica estera italiana 1943-50, in Storia e Politica, n. 2, 1975, p. 279; F. Solari, L’armonia discutibile della Resistenza,
Milano 1979.
[9] Telegramma dell’ACME (Allied Commission Mediterranean
– Commissione Alleata del Mediterraneo) all’AFHQ (Allied Forces Head Quarter –
Quartire Generale delle Forze Alleate). In PRO (Public Record Office – Archivio
di Stato britannico), WO (War Office – Ufficio Bellico) 204/1989
[10] Minuta di C. C. Carter, comandante dell’OSS Italia del
6 maggio 1944. In PRO, WO 204/1990, Italy.
[11] Memorandum del Magg. Gen. Noce, GSC (Government Studies
and Correspondence – Ufficio Studi e Corrispondenza del Ministero della Guerra
britannico), del 20 gennaio 1945. In PRO, WO 204/6086
[12] In R. Absalom, Gli
alleati e la ricostruzione in Toscana (1944-45). Documenti anglo-americani, Olschki (15 gennaio 1988) .
[13] Minuta redatta a Taranto il 14 settembre 1943, ora in
PRO, WO 193/751: Operations in Italy
9/09/1943 – 31/05/1945
[14] Cfr. G. Warner, L’Italia
e le potenze alleate dal 1943 al 1949 in Italia 1943-50. La ricostruzione (a cura di) S. G. Wolf, Milano
1974, pp. 50-85; G. Kolko, The Politics
of War, New York 1969, pp. 49-63
[18] A. Finocchiaro – Aprile, Il Movimento Indipendentista Siciliano, a cura di S.M. Guanci,
Plaermo 1965, p. 103
[20] Dietro questo incarico formale vi era in realtà il
timore da parte del dipartimento di Stato e del Dipartimento della Guerra, che
Mac Millan avrebbe esercitato una forte influenza politica. Sulle discussioni
intorno all’incarico di Mac Millan si vedano i documenti pubblicati in H.L.
Coles – A.K. Weinberg, Civil Affairs:
Soldiers become Governors, Washington DC, 1961, pp. 174-175, e la versione
dello stesso protagonista, H. Mac Millan, The
Blast of War, 1939-1945, vol. II, London 1967, p. 455
[22] In particolare coloro i quali si riconoscevano nello American Committee for Italian Democracy
di Pecora e di “Sons of Italy”
[23] Cfr. D. Mack Smith, Storia della Sicilia Medievale e Moderna, Bari 1970 e S. Romano, Storia della Mafia, Milano 1963
[24] Cfr. R.H. Smith, OSS, Berkeley
1972, p. 87; R. Craveri, La Campagna
d’Italia e i servizi segreti alleati. La
Storia dell’ORI (1943-1945), Milano, La Pietra, 1980
[25] K.
Roosvelt, The Overseas Target, New
York 1977, vol. II, p. 5. Cfr. anche A. Dulles, The Craft of Intelligence, New York 1963, p. 27.
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