I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

sabato 5 maggio 2018

Le Marche nel Giugno del 1944


La fuga delle autorità della Repubblica Sociale Italiana.

La caduta del fronte di Cassino e la conquista di Roma, il 4 giugno 1944, mettono in movimento tutto il fronte italiano. Gli Alleati, che la popolazione comune chiama “I Liberatori”, risalgono, seppure molto lentamente la penisola. Il 6 giugno, con lo sbarco in Normandia, si apre il tanto atteso secondo fronte in Francia[1]: per la Germania le prospettive di vincere la guerra incomincia anche palesemente a farsi molto scarse. In Osimo la situazione generale comincia a farsi preoccupante: prima la guerra la si era seguita solo sui giornali ed alla radio, ora ci sono concrete possibilità che possa arrivare direttamente. Le varie ristrettezze della vita quotidiana vengono viste, oramai, come cose sopportabili: quello che preoccupa è l’incerto futuro. Il primo dato allarmate è la fuga di tutte le autorità della Repubblica Sociale Italiana, il “nuovo fascio” repubblichino si mette in salvo, abbandonando la provincia in mano tedesche.[2] L’autorità massima italiana è Don Iginio Ciavattini, un sacerdote, che ha dalla sua solo l’autorità morale. Tale è stato il degrado morale della Repubblica Sociale Italiana che, all’avvicinarsi del pericolo, i suoi esponenti non hanno pensato ad altro che a mettersi in salvo, abbandonando la popolazione alla mercé dell’occupatore tedesco, loro alleato. Altro che difensori della italianità, morale e materiale, come si vuole oggi far passare la Repubblica Sociale ed i loro esponenti nei confronti dell’occupatore tedesco, come si dirà più avanti.
E proprio il comportamento tedesco è uno dei tratti salienti del fatto che la guerra ormai è arrivata: ad Osimo prima vengono fatti saltar in aria i Molini, poi si inizia con le filande, mentre tutto quello che ha un valore militare, viene minato, per distruggerlo al momento della ritirata. Le perquisizioni delle case alla ricerca di elementi ostili, non sono altro che il pretesto per delle razzie sistematiche, a cui si aggiungono le prime esecuzioni di inermi cittadini, uccisi per futili motivi, a corredo di rappresaglie che già dal 1941 l’intera Europa sotto dominio tedesco conosce.

Il Corpo di Liberazione Italiano era attestato nella prima decade di giugno al di qua del fiume Pescara, in Abruzzo. Venivano raccolte le notizie sul nemico tedesco che si sarebbe incontrato nel settore Adriatico. Si trattava della 278° Divisione di fanteria composta dal 992°, 993°  e 994° reggimento di fanteria, dal 278 battaglione da ricognizione e di artiglierie in numero che il Comando del Corpo Italiano di Liberazione non sapeva quantitizzare più i servizi divisionali. Disertori e prigionieri concordavano tutti  che i Tedeschi erano in fase generale di ripiegamento generale verso nord. Giungono le prime notizie  di “una nuova linea lontana”, organizzata tra Pisa e Rimini, che sembra di chiami “Linea dei Goti”. Tutta la situazione era in movimento nell’Italia centrale.
In questo contesto Francesca Bonci inizia a scrivere il suo Diario, sotto la data, estremamente significativa, anniversaria della entrata in guerra dell’Italia.



[1] Per primo fronte si intendeva il fronte Russo-tedesco ad Oriente. Per tutto il 1943-1944 Stalin chiese con insistenza l’apertura del “Secondo Fronte”, per evidenti ragioni.
[2] Il fenomeno non è solo nella provincia di Ancona, ma anche in quella di Pesaro. Vale la pena di vedere come questa fuga si sia attuata attraverso i documenti di fonte fascista, dai rapporti del colonnello della G.N.R. Marino Fattori, il quale scrive: “purtroppo si sono lamentate numerose defezioni di legionari:gli ex carabinieri, ufficiali,sottufficiali e truppe, hanno, tranne singole eccezioni, defezionato in massa. Pertanto si deve ritenere per certo che essi siano rimasti sino ad ora in servizio unicamente per ragioni di contingente opportunismo economico..” Per un più ampio approfondimento cfr. Bertolo G., L’ora della Liberazione, in Pesaro contro il fascismo, Urbino, Argalia, 1972, pagg. 171 e segg.

Nota:  Contributo al "Dizionario Minimo della Guerra di Liberazione" in fase di preparazione presso il CESVAM Centro Studi sul Valore Militare. Istituto del Nastro Azzurro Roma
contatti: centrostudicesvam@istitutodelnastroazzurro.org.

www.valoremilitare.blogspot.com


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