I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli

I Carri polacchi in marcia verso Castelferretti, al bivio di Casteld'Emilio, sotto Paterno 18 lugli
Bivio per Casteld'Emilio, sotto Paterno: La popolazione civile, in maggioranza femminile in quanto gli uomini erano nascosti applaude al passaggio dei carri polacchi

lunedì 4 maggio 2015

La Liberazione di Osimo. Conferenza Sabato 9 maggio 2015 ore 17,30



OSIMO
SABATO 9 MAGGIO 2915 ORE 17,30
GALLERIA DEL FIGURINO STORICO

CONFERENZA

LA LIBERAZIONE DI OSIMO
 E LA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

La conferenza, che ha anche lo scopo di sensibilizzare autorità,associazioni, e cittadini sulla necessità di dotare il Monumento di Casenuova di pannelli esplicativi dei fatti del 1944, illustrerà i giorni difficili della liberazione di Osimo, attraverso alcuni punti come la situazione del giugno 1944 quando Osimo era diventata il capoluogo delle Marche per via della paralisi di Ancona dovuta ai bombardamenti, la fuga delle autirtà della Repubblica Sociale e la "vacazio" dello Stato ove i cittadini erano in balia di loro stessi, l'arrivo degli Alleati il 6 luglio per effetto dell'arretramento della linea di resistenza tedesca, Osimo in prima linea, nella terra di nessuno, il paventato bombardamento alleato, la paura che ritorna, i gironi tremendi della quarta fase della battaglia di Ancona, ed infine la sospirata vera liberazione il 18 luglio 1944.

Di seguito sei post con l'esplicazione di questi punti per una documentazione più ampia

La Conferenza, organizzata dalla
 Accademia di Oplologia e Militaria, si inquadra nelle iniziative per la celebrazione dei 70° anniversario della liberazione e della seconda guerra mondiale

informazioni: accademiadioplologiaemilitaria@yaooh.it

La Liberazione di Osimo. I Osimo capoluogo delle Marche

                   Osimo: 
il baricentro degli avvenimenti visti con il diario di Francesca.

Ancona, nel 1944, aveva mantenuto tutto il suo valore strategico potenziale: per gli Alleati rappresentava un punto logistico essenziale per l’attacco al nord Italia, per i Tedeschi, un punto vitale per la difesa del centro Italia. Entrambi le parti, quindi, miravano ad avere e mantenere il controllo della città e del territorio circostante. Nella realtà Ancona nel 1944 era una città fantasma: con oltre il 97% delle costruzioni o erano distrutte o danneggiate più o meno seriamente, con tutti i servizi paralizzati o inesistenti, con oltre il 75% della popolazione sfollata, causa i bombardamenti aerei, aveva visto traslare e decentrare tutti i suoi poteri: politico, amministrativo, economico e, in pratica, azzerarsi tutte le sue funzioni di capoluogo della Provincia e delle Marche.
Osimo era stata la località ove quasi tutto era stato decentrato, ritenuta più sicura e al riparo da bombardamenti. A questa situazione politico-amministrativa, nel giugno 1944, Osimo aveva via visto crescere il suo ruolo militare, che divenne sempre più importante agli occhi dei contendenti: era diventato il perno della difesa esterna manovrata della piazzaforte di Ancona. Aveva assunto, quasi inconsapevolmente per la sua posizione orografica, il centro della linea di resistenza tedesca per la difesa di Ancona, che si materializzò sul piano tattico, con il rafforzamento delle sue alture circostanti, prima fra tutti quota 360, chiamata anche Monte della Crescia. Dal 6 luglio, quando i Polacchi occuparono Osimo sgombrata dai tedeschi al 16 luglio, Osimo visse giorni terribili, sospesa tra un ritorno offensivo dei Tedeschi che fu tentato varie volte e che i Polacchi a stento riuscirono a impedire e le predisposizioni tattiche per la  manovra su Ancona. Un ritorno offensivo reale, che significò che Osimo era in prima linea, che il fronte non era passato, che gran parte della sua popolazione dovette sfollare, che un eventuale successo tedesco avrebbe significato un quasi sicuro bombardamento aereo alleato, con altri lutti ed altre tragedie. Sono giorni difficili e terribili, che furono pagati, tra l’altro, con la strage degli amministratori riuniti in Municipio del 13 luglio e con ulteriori lutti e devastazioni. La occupazione polacca del 6 luglio di Osimo non significò, quindi, che il fronte fosse passato.
Nel descrivere, pertanto, il passaggio del fronte nell’anconetano messo in relazione alle azioni svolte da Alleati e Tedeschi per la conquista di Ancona, Osimo è centrale in questi avvenimenti; noi li seguiremo attraverso un Diario[1], scritto in quei giorni da Francesca Bonci[2], di Osimo, che con la sua vivacità di giovane, ci ha tramandato situazioni, emozioni, impressioni e valutazioni a caldo di quei giorni tragici, difficili, ma anche in parte esaltanti, momenti di vigilia della riconquista libertà di vivere. Righe che fanno giustizia, anche se involontaria, di tanti stereotipi oggi esistenti: basti pensare ad Osimo e alla azione delle spie e dei collaboratori dei Tedeschi dopo il 6 luglio, che tanto preoccupò il Comando polacco e che intaccò non poco i rapporti con la popolazione; cosa che sta a denunciare la difficile situazione politico-ideologica che anticipava il dopoguerra, profondamente variegata. Spie e collaboratori conosciuti da tutti e che nel diario vengono definiti con un aggettivo molto pesante “il famigerato….” Con l’indicazione del nome noto a tutta Osimo.[3] E che Francesca Bonci, per carità di patria e per l’altissimo senso di pace e di tolleranza che l’animava, pregò di non citare nel testo del diario reso pubblico. Alimentare divisioni non è il compito né del Testimone ne dello Storico, che si devono limitare a riportare la realtà acquisita come testimonianza e dai documenti, che a volte è più rivoluzionaria di ogni commento.
 Pagine, quindi, di attualità e di riferimento di giorni difficili che danno lo spunto di farci riflettere e di farci meditare su quello che si è passato e che potrebbe ritornare, se si fanno gli stessi errori di allora; lo utilizzeranno come un filo rosso per descrive il passaggio del fronte del 1944.



      [1] Il diario è stato pubblicato, con il consenso di Francesca Bonci nel 2004 sulla Rivista “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, nel numero speciale dedicato al passaggio del fronte nelle Marche nel 60° anniversario 1944-2004. Cfr. Bonci F., Diario 1944. Il passaggio del Fronte ad Osimo, in, “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, Anno XIV, n.1, 2004.
[2] Francesca Bonci, nata a Sesto San Giovani il 22 giugno 1912, morta ad Osimo il 12 marzo 1995. Si impegnò a fondo nel sociale ad Osimo. Si ricorda, tra l’altro la sua intensa e proficua attività di volontaria e di donatrice in seno all’AVIS, Associazione Volontari Donatori del Sangue.
[3] Il pensiero qui va alle vittime, a coloro che furono uccisi, deportati, torturati e seviziati in conseguenza di questa attività spionistica, che significò anche un crescente odio per i Tedeschi e loro collaboratori, che si macchiarono di efferati delitti che nulla avevano a che fare con la guerra vera e propria.
Ma che significò anche una affermazione ed un rafforzamento della Resistenza intesa a tutto tondo. Riprenderemo più avanti questi argomenti parlando del comportamento delle truppe tedesche, in quello che abbiamo definito “il tempo del lardo rosso”, in cui la popolazione era in balia di se stessa, abbandonata e in potere di truppe che consideravano l’Italia un territorio di occupazione, delegittimando ancor più la Repubblica Sociale Italiana ed i loro esponenti.

La Liberazione di Osimo. II Non vi è più lo Stato

La fuga delle autorità della Repubblica Sociale Italiana.

Osimo 10 Giugno 1944.
 Sono esattamente quattro anni che siamo in guerra! Chi di noi avrebbe immaginato che fosse così lunga?

La caduta del fronte di Cassino e la conquista di Roma, il 4 giugno 1944, mettono in movimento tutto il fronte italiano. Gli Alleati, che la popolazione comune chiama “I Liberatori”, risalgono, seppure molto lentamente, la penisola. Il 6 giugno, con lo sbarco in Normandia, si apre il tanto atteso secondo fronte in Francia[1]: per la Germania le prospettive di vincere la guerra incominciavano palesemente a divenire sempre più oscure. In Osimo la situazione generale comincia a farsi preoccupante: prima la guerra la si era seguita solo sui giornali ed alla radio, ora ci sono concrete possibilità che possa arrivare direttamente in casa. Le varie ristrettezze della vita quotidiana vengono viste, oramai, come cose sopportabili: quello che preoccupa è l’incerto futuro.

Il primo dato allarmante è la fuga di tutte le autorità della Repubblica Sociale Italiana, il “nuovo fascio” repubblichino si mette in salvo, abbandonando la provincia in mani tedesche.[2] L’autorità massima italiana nei vari paesi e città diviene il parroco o l’ecclesiastico. Ad Osimo è Don Iginio Ciavattini, un sacerdote, che ha dalla sua solo l’autorità morale, come altri sacerdoti che via via si nomineranno quanto si tratterà degli eventi del loro paese. Tale è stato il degrado morale della Repubblica Sociale Italiana che, all’avvicinarsi del pericolo, i suoi esponenti non hanno pensato ad altro che a mettersi in salvo, abbandonando la popolazione alla mercé dell’occupatore tedesco, loro alleato. Altro che difensori della Italianità, morale e materiale, come da alcuni si vuole oggi far passare la Repubblica Sociale Italiana ed i loro esponenti nei confronti dell’occupatore tedesco.
E proprio il comportamento tedesco è uno dei tratti salienti del fatto che la guerra ormai è arrivata: ad Osimo prima vengono fatti saltare in aria i Mulini, poi si inizia con le filande, mentre tutto quello che ha un valore militare, viene minato, per distruggerlo, al momento della ritirata. Le perquisizioni delle case alla ricerca di elementi ostili ed armi, non sono altro che il pretesto per delle razzie sistematiche, a cui si aggiungono le prime esecuzioni di inermi cittadini, uccisi per futili motivi, a corredo di rappresaglie che già dal 1939 Europa sotto dominio tedesco, conosce.

Non vi sono reparti delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana ne formazioni armate del Partito Fascista Repubblicano presenti nella difesa di Ancona accanto ai Tedeschi, mentre nella pare degli Alleati vi è, a livello di divisione, il Corpo Italiano di Liberazione.[3]
Il Corpo di Liberazione Italiano era attestato, nella prima decade di giugno, al di qua del fiume Pescara, in Abruzzo. Venivano raccolte le notizie sul nemico tedesco che si sarebbe incontrato nel settore Adriatico. Si trattava della 278a Divisione di fanteria composta dal 992°, 993° e 994° reggimento di fanteria, dal 278° battaglione da ricognizione e di artiglierie in numero che il Comando del Corpo Italiano di Liberazione non sapeva quantificare, più i servizi divisionali. Disertori e prigionieri concordavano tutti che i Tedeschi erano in ripiegamento generale verso nord. Iniziano a giungere le prime notizie  di “una nuova linea lontana”, organizzata tra Pisa e Rimini, che sembra di chiami “Linea dei Goti”. Tutta la situazione era in movimento nell’Italia centrale.

In questo contesto Francesca Bonci inizia a scrivere il suo Diario, sotto la data, estremamente significativa, anniversaria della entrata in guerra dell’Italia.

 “Osimo 10 Giugno 1944.
 Sono esattamente quattro anni che siamo in guerra! Chi di noi avrebbe immaginato che fosse così lunga? E quale speranza abbiamo che presto finisca con tutti gli avvenimenti accaduti, naturalmente sempre a scapito di noi poveri Italiani, malmenati, vilipesi, traditi?
Io non sono all’altezza di giudicare profondamente politicamente i responsabili di questa immane e non voluta guerra[4], però nella mia piccola intelligenza, accuso quei capi che, per smisurata ambizione e prepotenza, che per non lasciarsi sfuggirsi “un seggio” hanno mandato alla deriva questa nostra tanto amata e bella Italia! Come tutte le nostre migliori città sono continuamente bombardate ferocemente, anche la nostra Ancona subisce continui mitragliamenti e bombardamenti in centro della città ed alla periferia (Falconara, Aspio, Varano, Stazione Loreto ecc.) La parte meridionale che da Piazza delle Muse va al Porto e continua per via XXIX settembre, sino alla Stazione, e la parte del Duomo, è tutta una maceria!
Naturalmente la popolazione più povera fugge all’ultimo momento, quando uscita dai rifugi, non trova che un ammasso di macerie della loro casa, o in tali condizioni da essere inabitabile!. E’ una visuale straziante vedere  questa gente venire chi a piedi, chi con cavalli, affamati e sporchi, con poche masserizie salvate a chiedere ospitalità!
Noi qui in Osimo abbiamo quindicimila sfollati, sparsi in campagna ed in città, non solo di Ancona, Roma e Milano, precedentemente venuti, ma anche quelli di Foggia e Palermo da più di un anno e mezzo! I locali delle scuole elementari, dell’Istituto tecnico, del Ginnasio e del Liceo, sono gremiti da famiglie e così come sopra detto in case di campagna dei contadini e qui in città. Naturalmente con tutta questa affluenza di popolo, i viveri incominciano a scarseggiare ed è da prevedersi giorni peggiori! La tensione nervosa è un po’ in tutti. A parte la scarsità di viveri, le snevanti file per poter comprare un po’ di roba, ci si sente anormali! Ad ogni bombardamento di Ancona o sulla costa marittima sotto Loreto, qui ad Osimo tremano le case e si sente il boato delle bombe! Il nostro timore è che potrebbero venire da noi, dato il continuo passaggio di colonne tedesche che si dirigono verso Iesi e la permanenza di camion Tedeschi proprio entro la città. In più i maggiori uffici di Ancona, come la Prefettura, la Questura e tanti altri, sono sfollati qui e quindi potrebbero essere questi presi di mira come obiettivo. Man mano che il tempo passa, i Tedeschi diventano sempre più cattivi! Vogliono illudersi, ma sanno che purtroppo la guerra l’hanno perduta e nella ritirata diventano feroci!
Si sa da fonte sicura che nel fuggire dai luoghi occupati dagli Alleati, fanno razzia di ogni cosa che a loro può far comodo. Naturalmente questi atti vandalici indignano e spaventano le popolazioni che, indifese, debbono subire ogni sorta di vessazioni materiali e qualche volta più o meno morali!
Che ironia l’alleanza Italo-Tedesca!
E quando mai noi Italiani siamo stati amici di questo popolo? Ma non ricordiamo la guerra del 1914-18 che ancora dopo 25 anni abbiamo le ferite aperte? E la Storia non parla di questo teutonico popolo nemico millenario dell’Italia nostra? Solo un pazzo poteva gridare ai quattro venti e formare un’alleanza non sentita nell’animo degli Italiani. Verrà il giorno che la Germania sarà schiacciata! E’ il suo destino da che è mondo. Con le sue barbarie arriva a una grande potenza, non fatalità! Poco importa! E’ caduta nel passato e cadrà![5]

Ad Osimo la situazione era difficile come in tutto il resto dell’Italia[6]. I mesi precedenti non erano stati semplici e spiegano in gran parte il sentimento antitedesco. 
Mons. Grillantini[7] riguardo la situazione a metà del giugno 1944, quando Francesca Bonci inizia a scrivere il suo diario, sottolinea l’abbandono al suo destino della popolazione.

12 giugno. Scappano gerarchi (tra i primi il Prefetto, il Questore, il Preside della Provincia), militi, questurini, borghesi iscritti o simpatizzanti del Fascio repubblicano. Ne approfittano i Patrioti che invadono la Questura e ne riportano armi e carte. Un magazzino vestiario militare, in Via Oppia, è stato preso d’assalto, e si fa a chi piglia piglia. A mantenere l’ordine, dopo questo episodio, si danno da fare gli iscritti al Partito d’Azione (il primo Partito che si fa pubblicamente vivo). Come primo atto hanno disarmano il Segretario politico. I Tedeschi continuano a far man bassa di tutto, prendono cavalli, carrozzini, roba da mangiare, biancheria ecc. e se ne vanno con ogni mezzo. E’ passato un carro a quattro ruote, trainato da cavalli e da un bovino, guidato dai Tedeschi”[8]

Si avverte in molti che le cose stanno andando verso il peggio, e si vuole lasciare memoria di questi giorni che già sembrano difficili, poco o nulla rispetto a quelli che verranno. Francesca Bonci decide, avvertita anch’essa l’importanza degli avvenimenti, insieme alla sorella, di lasciare traccia di questa situazione.

18 giugno 1944. Abbiamo deciso con Lina di scrivere memorie riguardanti la situazione politica che stiamo attraversando, mettendo su questi fogli i fatti salienti che accadono e che accadranno, perché per quanto finora tutto sembra calmo nella nostra cittadina, pure lo stato d’animo di noi Osimani non è naturale. Troppe chiacchiere circolano…. E quindi ci promettiamo di segnare ogni cosa che accadrà” [9]

Come in molti Osimani, anche in Francesca Bonci colpisce la fuga delle Autorità statuali repubblichine che fino ad allora, dall’23 settembre 1943, si erano autonominate Stato:

“20 giugno 1944. Questa notte, sono fuggiti alla chetichella, con la loro famiglia, i maggiori esponenti del fascio repubblicano. Infatti l’aria politica si è molto offuscata in questi ultimi giorni! Le truppe alleate combattono nell’Ascolano e questi nostri…coraggiosi concittadini per amor patrio…scappano!! Famiglia, M…..Alberto con la famiglia, le signorine ……. con la mamma, il famigerato ….. (nel diario viene indicato il nome. Ma l’autrice ha espressamente chiesto che non venisse indicato n.d.a) con moglie, figlio e tre sorelle, I….con la moglie ed altri a cui sfugge il nome.
Intanto noi Osimani siano “come color che son sospesi”.
E’ un mese e più che si parla e si dice che gli Alleati sono arrivati qui vicino, che fra pochi giorni, anzi fra poche ore per gli ottimisti, occuperanno Ancona con uno sbarco, e noi come cittadina a sud di quest’ultima città, con Loreto, Castelfidardo, Recanati e dintorni, saremo occupati senza il passaggio della truppa. Certo si prevede che la conquista di Ancona non sia tanto facile, perché molte forze tedesche occupano quella zona sino a Jesi e sicuramente gli Alleati troveranno resistenza. Auguriamoci e preghiamo Dio che dalle nostre parti non passi il furore del combattimento”

Occorre riflettere su queste testimonianze, sia orali che documentali riportate, per metterle in relazione all’azione del Corpo Italiano di Liberazione. La Repubblica Sociale Italiana, nata da una riunione alla Rocca delle Caminate tenuta da Mussolini con esponenti del vecchio regime che aveva potuto radunare, il 23 settembre 1943, è stata in gran parte accreditata dal fatto che rappresentò un freno e una diga alle esigenze e razzie tedesche. L’Italia non divenne la Polonia o la Cecoslovacchia, e gli Italiani dovrebbero essere memori di questo agli uomini che aderirono, ai fedeli della vecchia alleanza nazifascista. Una giustificazione di perdenti.
In realtà i Tedeschi a tutti i livelli, dall’8 settembre alla fine della guerra si comportarono in Italia come si sono comportati in Polonia in Cecoslovacchia e nel resto dell’Europa: da feroci invasori. Nessuno li ostacolò: prevalse sempre il loro interesse a scapito dell’Italia e degli Italiani; in più trattarono i “repubblichini” come dei “servi infidi”, da cui guardarsi bene. Ne è riprova, se tutto questo non fosse abbastanza evidente dall’atteggiamento delle gerarchie della Repubblica di Salò, crollato il fronte di Cassino, caduta Roma il 4 giugno 1944, ormai era chiaro che gli Alleati sarebbero arrivati prima o poi alla cosiddetta linea gotica: tutto quello che era a meridione di questa linea non era più o non sarebbe stato più sotto controllo tedesco. La decisione fu subitanea: occorreva mettersi in salvo, andare al riparo della linea Gotica. Ed infatti tutti scapparono alla più gran carriera, incuranti di lasciare la popolazione e l’Italia in balia degli eventi, senza alcuna protezione.
La domanda che ci si pone è questa: dove era l’Esercito della Repubblica Sociale Italia del Maresciallo Graziani? Perché non presidiava le posizioni minacciate e difendeva dagli invasori Angloamericani le città ed il territorio italiano accanto ai Tedeschi? Perché non erano lì a disapprovare il comportamento ed impedire violenze e razzie della truppa tedesca, a difendere la popolazione inerme?
Il dibattito su una memoria condivisa, memoria che non sia una maschera per riportare in auge i temi cari alla propaganda repubblichina, come spesso capita di osservare, passano da risposte oneste a queste domande.

 Osimo, in pratica era abbandonata a se stessa. La deligittimazione della Repubblica Sociale Italiana e dei fascisti in generale nasce da qui e da qui parte il potere ed il valore e la legittimazione della Resistenza.
Nelle sue note, Francesca Bonci, riporta che le truppe alleate combattono nell’ascolano e la notizia era esatta, ma  per Alleate si devono intendere le truppe del Corpo d’Armata Polacco, che, con uniformi inglesi, avevano assunto il compito di avanzare nelle Marche, insieme alle unità del Corpo Italiano di Liberazione.




[1] Per primo fronte si intenda il fronte Russo-tedesco ad Oriente. Per tutto il 1943-1944 Stalin chiese con insistenza l’apertura del “Secondo Fronte”, per evidenti ragioni.
[2] Il fenomeno non è solo nella provincia di Ancona, ma anche in quella di Pesaro. Vale la pena di vedere come questa fuga si sia attuata attraverso i documenti di fonte fascista, dai rapporti del colonnello della G.N.R. Marino Fattori, il quale scrive: “purtroppo si sono lamentate numerose defezioni di legionari: gli ex carabinieri, ufficiali, sottufficiali e truppa, hanno, tranne singole eccezioni, defezionato in massa. Pertanto si deve ritenere per certo che essi siano rimasti sino ad ora in servizio unicamente per ragioni di contingente opportunismo economico..” Per un più ampio approfondimento cfr. Bertolo G., L’ora della Liberazione, in Pesaro contro il fascismo, Urbino, Argalia, 1972, pagg. 171 e segg.
[3] Questo dato avrà pure un significato. Perche i Tedeschi non consentirono ad unità repubblichine di partecipare ai combattimenti contro coloro che chiamavano “invasori”? La risposta si può facilmente cogliere anche leggendo le grosse e perduranti difficoltà che il Comando Supremo Italiano aveva con gli Alleati per aumentare il contingente di unità combattenti: non si voleva pegni per il dopoguerra a vittoria ottenuta. I Tedeschi, convinti della vittoria, nei loro piani del dopoguerra avevano relegato la Repubblica Sociale Italiana a poca cosa; altri loro piani prevedevano l’incorporazione del Reich del nord Italia, riedizione del vecchio impero austro-ungarico. Avvisaglia di questi piani era l’attuata annessione al Reich del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia già all’indomani della proclamazione dell’Armistizio italiano con gli Alleati, proclamate queste annessioni il 12 settembre 1943.
[4] Nel sentimento popolare coevo emergeva molto forte il desiderio di chiamare a rispondere delle loro decisioni i vertici politico-militari del Regno d’Italia per le decisioni prese e per la responsabilità della situazione creata da una guerra che si era dimostrata non solo lunga, ma cruenta e terribile. E’ il nodo centrale della mancanza di una “Norimberga in Italia”. I vertici politico-militari della Germania e del Giappone, che insieme all’Italia ebbero la responsabilità dello scatenarsi del conflitto mondiale, furono chiamati a rispondere delle loro azioni. In Italia questo non avvenne e per il nostro Paese fu un ulteriore errore, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze (n.d.a).
[5] Cfr. Bonci F., Diario 1944. Il passaggio del Fronte ad Osimo, in, “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, cit.
[6] Una felice sintesi, a cui si rimanda, degli avvenimenti è stata riporta da Mons. Carlo Grillantini nella sua Storia di Osimo. Cfr. Grillantini C., Storia di Osimo, Osimo. Fondazione “Don Carlo”, 2006, Vol. I, II,  pag. 389 e segg.
[7] Ad Osimo e nelle Marche è ben conosciuta questa figura di sacerdote e studioso. Mons. Grillantini è stato un protagonista del passaggio del fronte al pari di tutto il clero marchigiano per la sua attività di assistenza in tutte le versioni alla popolazione. Una figura di riferimento morale e scientifico, a cui L’Autore è legato anche per l’attività di ricerca storica e confronto svolta in comune.
[8] Ibidem, pag. 403.
[9] Cfr. Bonci F., Diario 1944. Il passaggio del Fronte ad Osimo, in, “Il Secondo Risorgimento d’Italia”, cit. Il Diario consta di 89 pagine. Il testo originale a matita è stato riportato successivamente (1984) in fogli dattiloscritti e rilegato. E’ organizzato per data e va dal 10 giugno al 18 luglio 1944. Non riporteremo, d’ora in avanti,  in nota i riferimenti per ogni singolo giorno del diario, ritenendoli lapalissiani ed anche per non appesantire il volume, dando per scontato il riferimento stesso e rinviandolo alla bibliografia ed alle note precedenti. 

La Liberazione di Osimo III. La guerra è in casa

. La guerra in Osimo.
5 luglio 1944. Nottata completamente bianca passata in cantina! 

Mercoledì 5 Luglio 1944 è una giornata difficile per Osimo: la guerra era arrivata in tutta la sua gravità. Osimo era diventata, per i Tedeschi, la posizione principale da difendere per tenere il fronte. Gli uomini del 992° Reggimento assolsero questo compito in modo encomiabile.
Secondo fonti tedesche, l’attacco fu portato ad Osimo da oltre 60 carri armati, con appoggio pesante dell’artiglieria. Inizialmente i Polacchi riuscirono ad annientare la quasi totalità della difesa controcarro tedesca, ma i ripetuti contrattacchi della fanteria tedesca, munita solo di armi leggere, li respinsero. Alle ore 16 del 5 luglio i Tedeschi erano ancora padroni di Osimo, ma stremati.
 Secondo Hoppe, tre volte Osimo era stata perduta e tre volte riconquistata dai Tedeschi che, con feroce determinazione, si erano slanciati contro le ondate successive dei carri polacchi, sostenute da fanteria ed anche da elementi locali, i tanto temuti “partigiani”. In questa strenua resistenza erano stati gettati tutti gli uomini disponibili: ciclisti, personale degli osservatori di artiglieria, radiotelegrafisti e staffette. Alle ore 14 entrò in combattimento anche il battaglione composto da elementi Russi al comando del capitano Marxeither, che venne impiegato per la conquista di quota 217, nel settore nord-orientale. I Russi, sempre secondo quando scrive Hoppe, conquistarono l’altura e la tennero per tutto il pomeriggio, ma a sera cedettero sotto l’impeto di un attacco di mezzi corazzati. Hoppe non mostra grande stima per questi suoi soldati “slavi”, imputando la perdita della quota al cedimento morale dei Russi, che “non erano avvezzi alla guerra”.
Avvezzi o non avvezzi alla guerra, i soldati Tedeschi sono stremati. Alle 18 del 5 luglio entrano in azione le forze partigiane, a quel tempo definite “ribellistiche”. Entrate in Osimo dal 3 luglio, gli uomini del distaccamento “Riccio” e del GAP “Fabrizi” iniziano i combattimenti contro i Tedeschi in via Roma ed in via delle Scalette; queste azioni si svolgono sotto il fuoco delle artiglierie alleate, che interpretando in modo non corretto un segnale aprono un fuoco pesante: quattro partigiani sono feriti.
La perdita di quota 217 da parte dei Russi la sera del 5 luglio, e lo stato fisico delle truppe, che erano al limite della efficienza operativa,  convinse il Comando Divisione tedesco a rettificare il fronte. Sembrava necessario arretrarlo per sottrarre ad un ulteriore azione di fuoco le truppe, con il rischio del loro annientamento e, soprattutto, per evitare una penetrazione nemica tra le posizioni  del 992° e 993° Reggimento granatieri che, se attuata, avrebbe inflitto altre perdite. Fu presa la decisione di rettificare all’indietro il fronte e furono diramati ordini che prescrivevano di tenere saldamente i caposaldi di Filottrano e della Stazione di Osimo; la linea di difesa doveva essere arretrata, nella notte tra il 5 ed il 6 luglio, sull’allineamento Casenove-quota 360 (Monte della Crescia)-San Paterniano-Santo Stefano. Su questa linea, denominata “Albert II”, la 278a Divisione doveva essere ricomposta.
Il bilancio della giornata era pesante. Le fonti tedesche parlano di 49 carri polacchi, di cui 31 colpiti da “Ofenhor” e “Faustpatrone”, ( armi controcarro individuali per la fanteria) 5 autoblindo e molti veicoli distrutti. Alla sera  del 5 luglio, la Divisione lasciò, su ordine superiore, le posizioni di Osimo, ma i Tedeschi erano convinti di aver raggiunto una vittoria difensiva di rispetto. La Divisione fu citata nel Bollettino di Guerra del 6 luglio 1944 con questa nota “La 278a Divisione al comando del tenente generale Hoppe ha combattuto valorosamente in continue e dure azioni difensive contro un nemico superiore, infliggendogli pesanti perdite. Tutti i tentativi del nemico di sfondamento sono falliti di fronte alle fermezza della divisione”

Il Diario di Francesca Bonci riporta con gli occhi di una ragazza questi avvenimenti:

“5 luglio 1944. Nottata completamente bianca passata in cantina! Stavamo con la speranza che Castelfidardo fosse stata occupata nella serata di ieri, ed invece questa mattina sappiamo con sicurezza che è solo circondata.
Ore 10,30. Noi tutti siamo in movimento dalle ore 4 a San Marco hanno piantato i cannoni sulle mura, e nelle vie adiacenti alla Porta Grande, le mitragliatrici, queste sono anche, dato l’assordante martellamento, sulle Ripe di Boccanera, da immaginarsi il panico! Da quelle parti molti fuggono verso di noi, città alta. La battaglia è accanita a San Sabino e di logica si sposta verso di noi; vediamo con il cannocchiale carri armati alleati.

Ore 16. Dalle 10.40 alle 13 abbiamo subito un forte bombardamento però ad intervalli. Continuo ed ininterrotto dalla 11 e ¼ alle 13.10 Le pene di queste tremende ore sono da immaginare! Eravamo tutti in un magazzino molto riparato, ma credevamo che la casa ci crollasse addosso. Non so se era effetto ottico di nervoso, o realtà, ma a me pareva che i travi del soffitto si spostassero come un soffietto! Infatti calmata poi la bufera, ci siamo accorti che la famosa strada è saltata. Ecco quindi la ragione oltre al tremendo bombardamento, dello schianto e spostamento d’aria che abbiamo subito. Come si è ridotta! La terra laggiù è arrivata sin nelle camere del piano di sopra, rompendo naturalmente tutti i vetri delle finestre.
Cessato precariamente il bombardamento, proviamo a metterci a tavola, se non ché, appena cominciato, dobbiamo prendere piatti ed altro occorrente e fuggire in cantina perché si ricomincia…Una granata colpisce il tetto basso della casa di Sgardi che da sul cortile della sig.ra Gisella terrorizzandoci poiché siamo a pochi metri di distanza. Ci accorgiamo poi che le schegge entrate dalla finestra del magazzino dove le Signore avevano attrezzato alla meglio per dormire, vanno a forare coperte, lenzuola o materassi!. Rimaniamo in cantina sino alle ore 23.45 naturalmente finendo di mangiare  laggiù. Si tenta di ritornare a letto ( noi dormiamo sui materassi, ma per terra in una stanza che è veramente l’esemplare del caos ma è impossibile, tanto che alle ore due siamo di ritorno in cantina, la quale non sembrando per il momento più sicura, viene lasciata e ci rifugiamo in grotta e ci rimaniamo fino alle quattro. Il totale delle ore trascorse sotto lo snevante infuriare dell’artiglieria e di quattro ore!”

Giovedì 6 Luglio 1944 Osimo è liberata dal nemico. Una liberazione dovuta all’arretramento delle posizioni tedesche, ma che ancora ha tutte le potenziali premesse per un eventuale ritorno e rioccupazione della cittadina.
A seguito di questo arretramento la linea di combattimento decisa dal gen. Hoppe la sera prima, determinava uno schieramento tedesco così  composto, tenendo presente che il caposaldo di Filottrano era stato ceduto alla 71a Divisione, che lasciava libero il I battaglione del 994° reggimento, spostato nella sponda sinistra del Musone; lo sostituiva il I battaglione del 211° Reggimento della predetta 71a Divisione, che si schierava nella zona Filottrano-Sant’Ignazio:
 - a destra il II battaglione del 994° Reggimento ed il CCLXXVIII battaglione fino da Filottrano (escluso) a Casenuove (incluse)
- al centro sulla destra il 992° Reggimento con i suoi due battaglioni  ed il III battaglione del 755° Reggimento a quota 360 ( Monte della Crescia); sulla sinistra il I battaglione del 994° Reggimento ed il II battaglione del 993° Reggimento sino alla Stazione d’Osimo.
- a sinistra la guarnigione di Ancona, con il 993° battaglione da fortezza ed il DCLXXVI (676°) battaglione di sicurezza, che unitamente a gruppo di combattimento Weinreich arrivava fino  a Numana.
- Riserva divisionale era il I battaglione del 993° Reggimento, duramente provato, in riposo dietro la parte centrale sinistra dello schieramento.


La Liberazione di Osimo. IV. Il Tempo del Lardo Rosso

Testimonianze raccolte sul campo
 Era prassi che i Tedeschi, armi spianate, entrando nelle case die nostri contadini, chiedevano 
"Il Lardo Rosso"
 che altro non era che il prosciutto

Il passaggio del fronte non è stata una esperienza positiva per tutta la popolazione italiana. In pratica la popolazione si è trovata in prima linea ed ha visto con i propri occhi che cosa fosse la guerra. Al contrario della Prima Guerra Mondiale, quando vi era un fronte ben stabilito e circoscritto a determinate regioni geografiche, e solo le popolazioni di quelle regioni ne furono coinvolte (in pratica le popolazioni venete al momento della ritirata di Caporetto) per il resto le zone d’operazioni ove si conduceva quotidianamente la guerra, erano esclusiva pertinenza dei militari.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, le popolazioni dell’Italia Centrale e Settentrionale furono coinvolte dal “passaggio del fronte”. La durata di questo “passaggio” varia a seconda della situazione operativa. Osimo fu coinvolto per circa 18 giorni, dall’inizio della cosiddetta Prima battaglia per Ancona, 1-8 luglio, fino alla conclusione della Liberazione di Ancona il 18 luglio successivo, così come tutti i paesi dell’anconetano.
La popolazione toccò con mano che cosa significasse. Ancora è viva nelle nostre campagne e nelle città questa esperienza in coloro che la fecero negli anni della adolescenza, essendo ormai scomparsi tutti coloro che avevano una età adulta. [1]
Nell’area del basso Musone, attorno a Casenuove di Osimo, i ricordi ancora oggi sono vivi.

Armando Catozzo, classe 1930, di Casenuove, aveva 14 anni al passaggio del fronte; ricorda che i Tedeschi erano severi, dai toni buschi, molto autoritari. Chiedevano sempre da mangiare e da bere; se lo si offriva, soprattutto il vino, prima facevano bere a chi lo porgeva, poi bevevano loro.

Gino Benigni, classe 1934, ricorda molto bene quei giorni del passaggio del fronte. Con tutta la sua famiglia era rimasto nella casa colonica di famiglia. I Tedeschi stavano facendo, nelle vicinanze, delle piazzole e postazioni e fortificavano tutta la zona; un giorno, pochi giorni prima della battaglia del 17 luglio, di mattina, il padre perentoriamente fu preso e portato poche centinaia di metri distante per lavorare a questi apprestamenti. In famiglia, soprattutto la moglie, non vedendolo tornare almeno per mangiare, entrarono subito in agitazione; si sapeva che i Tedeschi rastrellavano gli uomini, e spesso li uccidevano dopo averli fatti lavorare, oppure li inviavano in Germania. Furono ore di estrema trepidazione, passate per lo più a pregare perché i Tedeschi lo rilasciassero; dopo circa sette-otto ore, trascorse lavorando sodo, il padre ritornò a casa.

 Un altro episodio gli è rimasto nella memoria. Una ambulanza della sanità tedesca, sempre prima del 17 luglio, rimase in panne al guado del Musone, vicino alla loro casa. Il marito della sorella della madre, di nome Capitani, fu costretto con modi energici, a predisporre e portare soccorso con un paio di buoi alla ambulanza ferma e cercare di portarla fuori dal Musone. Giunto sul posto, nel corso delle predisposizioni per cercare di soccorre questa ambulanza, fu colpito in pieno da una granata di artiglieria ed ucciso. Il Corpo fu recuperato dai famigliari, e messo in una cassa di legno improvvisata; senza particolari cerimonie, ma nel dolore di tutti, fu seppellito vicino casa. Ma per il povero Capitani la guerra gli riservava ancora qualcosa. Alcuni giorno dopo un carro armato polacco, passato il Musone, non trovò altra strada che passare sopra la tomba di Capitani, facendone scempio.

Anche durante la guerra i contadini, come ricorda ancora Gino Benigni, dovevano continuare il loro lavoro: membri della sua famiglia, mentre tagliavano il grano, furono avvertiti da due Tedeschi che il ponte vicino al campo era stato minato e che a breve sarebbe saltato in aria; si allontanassero, per evitare di essere investiti dall’esplosione; poche ore dopo il ponte fu fatto saltare e non ci furono vittime.

Non è il compito di questa opera quello di approfondire il tema delle sofferenze della popolazione, ma un cenno occorreva farlo, per la Memoria. Accanto a tanti episodi degni di nota, anche altri poco edificanti, in una umanità che non smentisce mai se stessa.
I Tedeschi erano alla costante ricerca di cibo: quando entravano nelle case dei contadini e dei centri abitati era la prima cosa che cercavano; poi passavo al sequestro di tutto quello che loro serviva. Chiedevano anche braccia per lavorare, per le loro postazioni, e non davano nessun compenso; molti, dopo aver lavorato sodo sotto la minaccia delle armi, venivano lasciati liberi; parecchi furono fucilati sul posto, con vari pretesti. Il passaggio del fronte è anche questo, aspetto che viene poco ricordato e che ha procurato inenarrabili sofferenze e lutti. I Tedeschi ambivano ad avere il “lardo rosso”, ovvero il “prosciutto” sempre presente nelle case dei contadini dell’anconetano: per loro era una prelibatezza e lo chiedevano insistentemente. Per molti testimoni, questa espressione non è altro che il ricordo di tempi tristi e tragici, per noi segna un momento della nostra storia locale.






[1] Testimonianze raccolte domenica 25 giugno 2013 alla Cappellina di casa Cangini, Casenuove di Osimo.

La Liberazione di Osimo. V. 14 Luglio 1944 Ritorna la Paura

Ore 18. Altra giornata più brutta come oggi 
non la potevamo trascorrere sino a questo momento. 

L’analisi della situazione tattica, come visto nel capitolo precedente, rileva che i Polacchi temevano grandemente un ritorno offensivo tedesco, che proprio per questa prospettiva si erano ritirati da Osimo, al fine di raggruppare le forze, e quindi ritornare e cercare di non solo riprendere Osimo, ma di rigettare indietro le linee polacche il più possibile. E’ il concetto di difesa elastica di tipo classico; se attuata secondo le intenzioni tedesche, le linee di difesa di Ancona sarebbero state portate più a sud e si sarebbero allontanata da parte tedesca la perdita di Ancona non solo di qualche giorno, ma addirittura di settimane.
Da questa situazione tattica appare, come più volte detto, che Osimo ed i paesi dell’anconetano interessati al passaggio del fronte, erano ancora in prima linea e sotto minaccia tedesca. Era evidente che Osimo, in particolare, occupata dalle truppe polacche il 6 luglio, non era stata liberata dalla minaccia tedesca diretta.
Le ripercussioni sono drammatiche. Osimo doveva essere evacuata e la popolazione sfollata il più presto possibile, per evitare che questa si trovasse coinvolta nel pieno dei combattimenti.
Le possibilità che aveva il Comando polacco di fronteggiare la situazione erano due: o dare battaglia ai tedeschi casa per casa, ad Osimo, e poi cercare di annientarle per logoramento, oppure ritirate le proprie truppe, sgombrare Osimo (come avevano fatto i tedeschi il 5 luglio) attestarsi su linee migliori di difesa e poi dare battaglia, includendo anche bombardamenti aerei della città, divenuta prima linea tedesca. In questo caso Osimo avrebbe potuto essere bombardata non solo con l’artiglieria ma anche con il mezzo aereo.
Fra la popolazione si sparse quasi subito la voce di questa ipotesi, quella del bombardamento tattico, sicuramente distruttivo, che terrorizzava tutti. Due ipotesi sul tappeto, reali, che erano una minaccia per Osimo, appese al fatto che i Polacchi stavano valutando se difendere o meno la cittadina. Gli stessi soldati polacchi, a conoscenza della situazione, consigliavano tutti a lasciare Osimo. “Se voi avere possibilità casa lontano, andare, meglio andare” disse uno di loro a Francesca Bonci, in tono molto preoccupato
La conseguenza immediata fu che quasi immediatamente ci si organizzò per l’evacuazione della popolazione e presto si formarono lunghe file, scortate dai Carabinieri, per allontanarsi dal pericolo, sotto la guida e l’organizzazione dell’unica autorità presente, quella ecclesiastica. 
La situazione in Osimo è critica. Si sgombra la popolazione per paura di un ritorno tedesco. I Polacchi potrebbero non avere le forze per tenere Osimo, o manovrare su posizioni arretrate migliori. Il diario di Francesca Bonci non può non riportare questi momenti drammatici:

14 luglio 1944. Anche questa notte non abbiamo trovato pace. Come al solito siamo da ieri sera dalle ore 19 circa in cantina sino a tutt’ora 7.30. Naturalmente ieri sera abbiamo mangiato quaggiù, patate sapientemente e coraggiosamente cotte da Maria L. in cucina.

Ore 18. Altra giornata più brutta come oggi non la potevamo trascorrere sino a questo momento. Poi…..
Verso le 8 di questa mattina, io, come faccio da diversi gironi sono stata a casa nostra per lavarmi (dato che ho a mia disposizione un bel bidone di acqua e trattenermi un po’. Per prima cosa ho visto Peter che scopava le scale facendo una tale polvere... orgoglioso di fare “tutto bono tutto bono…”
Mi reco in camera mia (altro caos di disordine perché buona parte del mobilio della sala e dello studio si è dovuta mettere in questa camera e polvere in quantità) per assestarmi, quando contemporaneamente sento una voce ben nota, quella di Monsignor Carlo Grillantini, che dalla strada corre gridando, con un manifesto in mano “Si deve sfollare!!!”
Io mi sono sentita gelare…..morire….pensando che si doveva sfollare voleva dire che i Tedeschi ci hanno nuovamente circondati al Borgo San Giacomo o prepareranno una forte offensiva!
La famiglia Cardinali
A casa troviamo i soldati in grande da fare. Infatti sono tutti ai telefoni ed alle radio. Il maggiore dà ordini. Io mi faccio coraggio e chiamo Ludwig (sono tutti cordiali e rispettosi, ma diventano riservatissimi quando si parla di azioni belliche) e gli chiedo se veramente c’è pericolo perché abbiamo avuto l’invito di sfollare!
   Ludwig mi risponde “Se voi avere possibile casa lontano Osimo, andare, meglio andare!”
la sig.ra Gisella. Sarà
la sig.ra Gisella


La Liberazione di Osimo. VI. 16 luglio 1944 Questa notte è stata un inferno...!


 Lo dicevo io che fino a ieri era andata troppo bene!!!
Osimo in piena battaglia

Francesca Bonci, all’oscuro di tutto quello che sta realmente succedendo, annota che la notte tra il 16 ed il 17 è stata un inferno; le artiglierie tedesche hanno cannoneggiato con una intensità senza pari, con la relativa risposta delle artiglierie alleate. Ancora una volta emerge il fatto che la sospirata liberazione non era ancora giunta. Si era in prima linea e in prima linea si restava. Con lo spuntare dell’alba, la quiete: mentre Francesca non si dà una spiegazione di questa calma, nella realtà è l’ora dell’attacco, dello scatto delle fanterie, che naturalmente necessitano di una azione dell’artiglieria diversa. E per tutta la mattinata non si hanno spiegazioni; nemmeno chiedendo ai soldati Polacchi, che naturalmente sapendo dell’attacco in corso, o non parlano oppure non sanno come è l’andamento della situazione e quindi si trincerano dietro il segreto militare. Con lo sviluppo della situazione, nel pomeriggio, le prime notizie. Dopo le fantasticherie che i Tedeschi si sono ritirati oltre Montemarciano, giungono le notizie più concrete e serie. L’attacco sembra riuscire ed i Tedeschi si allontanano da Osimo. Prova ne sta che i Polacchi, per aderenza alla situazione, si stanno preparando a muovere e quindi lasciare Osimo.

“17 luglio 1944. Lo dicevo io che fino a ieri era andata troppo bene!!! Questa notte è stato un inferno!... I Tedeschi ci hanno bombardato per ben quattro ore senza interruzione con bombe di tutti i calibri. L’artiglieria Polacca ha contrattaccato continuamente: si pensi come sono state snervanti quelle ore… Da questa mattina dalle ore 5 sino in questo momento ore 8, c’è più calma da ambo le parti. Sarà preludio di peggiori ore migliori? Tutti dicono la sua. Chi, che i Tedeschi si sono ritirati sopra Falconara e Montemarciano, chi invece dice che si prepareranno per una nuove forte offensiva, insomma una tale baraonda di chiacchiere e previsioni belle e brutte, da snervarci ancora più di quelle che già siamo!
Ore 10. Sono stata a casa contrariamente agli altri giorni, ho trovato solamente Jacob. Alla domanda dove erano tutti gli altri, mi risponde “Tutto fronto, tutto guerra!”
Chi ci capisce è bravo! Gli ho chiesto se andranno via, ma non mi ha risposto a tono, non so se perché non mi ha capito, oppure per - segreto militare – come dicono loro.
Attendiamo gli eventi.
Ore 16 Sono ritornata nuovamente a casa. Pare che i Tedeschi si siano ritirati dalla zona di Osimo. Infatti Ludwig mi ha detto che questa sera tardi partiranno e se noi vogliano ritornare a casa non c’è pericolo. Abbiamo deciso io e Lina con Lucidio verremmo a dormire qui.”

Il fronte lasciava Osimo e investiva nel modo più violento Santo Stefano, San Paterniano, Montoro, La Villa, Casenuove di Osimo, tutti sulla linea di avanzata delle forze attaccanti polacche.